Capitolo 34

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- Eccola là! - gridai, scorgendo Rose nei pressi del suo armadietto.
Non avendola trovata il giorno prima dopo le lezioni, Jake ed io avevamo rimandato le ricerche al martedì.
- Rose, dobbiamo parlare, è importante che tu ci spieghi alcune cose - le comunicai con il fiato corto, dopo averla raggiunta.
Lei fece scorrere lo sguardo da me a Jake, appoggiato alla fila di armadietti con una spalla, le braccia incrociate.
Annuì, poi aspettò che iniziassimo a parlare. Evidentemente non aveva intenzione di ripetere la scena del giorno prima, quando Jake l'aveva praticamente trascinata nella prima aula libera che avevamo trovato.
- Non hai percepito né provato nulla quando sabato notte Jennifer è stata attaccata? - domandò Jake andando subito al sodo. Lei abbassò lo sguardo.
- No, mi dispiace. L'ho chiamata la sera prima del suo...appuntamento, ma non penso fosse correlato ad una mia sensazione. Se avessi capito che Jen si trovava in pericolo, avrei provato a fare qualcosa.
- È davvero strano, perché tu sei la sua Custode - notò Jake, come mi aveva già riferito il giorno prima.
- Già, ed è altrettanto strano che il mio libro abbia preso fuoco improvvisamente - Rose lo accusò con lo sguardo, ma Jake parve cadere dalle nuvole.
- Pensi davvero che sia stato io? - gli venne quasi da ridere.
- Non avrei mai bruciato l'ultimo libro rimasto, ed ormai ne avevate letta buona parte. Perché avrei dovuto farlo? - aggiunse.
Rose si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore.
- Forse perché sei nostro nemico? - fece sarcastica.
- No, non lo è - dissi io, cercando appoggio nello sguardo di Jake.
- Comunque, ho soltanto fatto un sogno strano qualche giorno prima di sabato, ma la mattina dopo non ne ricordavo più i dettagli. Sapevo solo che presto Jen sarebbe stata in pericolo, e che mi sarei dovuta tenere pronta - confessò Rosemary dopo un po'.
Jake parve pensieroso, poi scosse la testa. - Dovrai imparare ad affinare i sensi, nel caso in cui Jennifer si trovi nuovamente in pericolo - disse infine.
- Speriamo il più tardi possibile - commentai, scherzando solo in parte, guadagnandomi un'occhiata da parte sua. Come risposta, mi strinsi nelle spalle.
Finito il nostro discorso, tornammo alle rispettive lezioni, con la promessa che ci saremmo incontrati durante la pausa pranzo.

Quel giorno tornai a casa verso il tardo pomeriggio, quando il sole era già calato da un pezzo, dal momento che ero stata costretta a rimanere alla St. Patrick per terminare una ricerca di storia per una relazione che avrei dovuto consegnare quella settimana stessa. Entrando in casa, capii che Kate era già tornata dalle luci accese in ogni stanza.
- Sono a casa! - urlai, togliendomi le scarpe e lasciandole accanto alla porta. Poco dopo, udii i passi della donna sulle scale.
- Tesoro! Ti stavo aspettando per preparare la cena, non credevo tornassi così tardi. Sono tornata circa un'ora fa e stavo sistemando le mie cose nell'armadio dopo una bella doccia rilassante...oh, ma fatti abbracciare!
Mi venne incontro, ed io mi irrigidii impercettibilmente tra le sue braccia, familiari ed estranee allo stesso tempo.
- Cosa c'è che non va? Ti vedo strana - sussurrò lei, staccandosi da me per osservarmi meglio.
- Dobbiamo parlare - sussurrai, invitandola a seguirmi ed a sedersi sul divano.
Da come mi guardava, compresi che era pronta per ascoltarmi.
- Non sei mia madre - dichiarai semplicemente, senza giri di parole.
Fu come se le avessi dato uno schiaffo in pieno viso.
- Jen, tesoro, cosa stai dicendo? - sussurrò, la voce strozzata.
- Perché mi hai mentito? Perché non mi hai detto la verità per tutti questi anni? - chiesi, ed improvvisamente avevo il groppo in gola.
Deglutii, guardandola negli occhi. Quegli stessi occhi che credevo di aver ereditato da lei.
Distolse lo sguardo, concentrandosi sulle mani che teneva in grembo, ed iniziò a tormentarsele.
- Ho solo fatto ciò che mi era stato raccomandato da tua madre - sussurrò dopo un po', continuando a tenere lo sguardo basso.
- Noi avevamo già Logan quando lei venne a cercarci. Era visibilmente preoccupata, ci disse di prenderci cura di te, dal momento che lei non avrebbe più potuto farlo. Accennò ad una guerra nel suo mondo, e si raccomandò di non rivelarti la verità, almeno finché tu non saresti stata pronta. Disse anche di trasferirci in questa casa, quando tu saresti stata in procinto di compiere i tuoi sedici anni, poiché nella tua stanza ci sarebbe stato un cerchio che ti avrebbe protetta. Inizialmente ero confusa, ma poi mi lasciai convincere da Max, e scegliemmo di credere. A dire il vero, non ho mai compreso fino in fondo il motivo per cui tua madre abbia scelto di affidarsi a me, ma non posso che esserne felice e profondamente orgogliosa per averti cresciuta come una figlia. Perché questo è quello che sei per me, Jennifer - Kate terminò il suo discorso con le lacrime agli occhi e, con stupore, mi resi conto di avere gli occhi lucidi anch'io.
- Hai conosciuto i miei veri genitori - sussurrai, asciugandomi le lacrime con il dorso della mano.
Lei scosse la testa. - Solo tua madre, in questa occasione. Tuo padre non l'ho mai visto, ma lei mi disse che era impegnato in questa guerra sanguinosa che dominava il suo regno. Oh, ti prego perdonami, tesoro!
Si slanciò verso di me, buttandomi le braccia al collo. Mi abbandonai al suo abbraccio così caldo, confortevole e da mamma, che in fondo mi era mancato.
- Mi dispiace - mormorò trai miei capelli, accarezzandomeli dolcemente.
- Anche a me - dissi. - Dispiace anche a me.
- Avrei voluto fare una bella cenetta, ma per quanto mi riguarda, mi è passata la fame - accennò un sorriso, alzandosi dal divano.
- Già - concordai, - credo che andrò a riposare, allora.
- Perché non parliamo un po'? - propose invece lei, allargando le braccia. - Non abbiamo mai avuto serate in cui parlare, vorrei passare del tempo con te.
Annuii, e la seguii nella sua stanza, dove mi lasciai cadere sul grande letto. Lei si sedette a gambe incrociate, e quella posizione le diede un'aria da ragazzina. Afferrò poi il telecomando dal comodino ed accese la televisione, posta sopra il comò di fronte al letto, abbassando il volume al minimo, così da poter parlare tranquillamente. Il suo gesto mi confortò, così mi accoccolai abbracciando il cuscino.
- Mi chiamerai ancora "mamma"? - mi chiese dopo un minuto di silenzio.
Doveva aver già pensato a quella domanda un milione di volte, ma mai aveva saputo darsi la risposta da sola. Lo capii dal modo in cui si tormentava le mani e da come si mordicchiava nervosamente il labbro inferiore.
Mi si spezzò il cuore, ed in fondo compresi che non avrei mai potuto smettere di considerarla come tale. Era la donna che mi aveva cresciuta, ed anche se era spesso assente per via del lavoro, grazie a lei avevo avuto una famiglia ed ora mi era impossibile non guardarla in un modo diverso da mia madre.
Le sorrisi, prendendole le mani e stringendole tra le mie, come per rassicurarla. Non ci fu bisogno di esternare i miei pensieri, perché ricambiò il sorriso, l'espressione più serena e piena di conforto.
- Dovrei dire a Max e Logan che ti ho raccontato ogni cosa - disse, prendendo il telefono dal cassetto del comodino.
- Ma prima, come hai fatto a scoprire la verità?
La guardai, poi presi un bel respiro ed iniziai a raccontarle tutto ciò che era successo, dalla notte di luna piena in cui i miei poteri avevano iniziato a risvegliarsi, fino a quella del sabato passato, quando Alex mi aveva aggredita e Jake era venuto in mio soccorso.
Sul suo volto passarono una serie emozioni, prima stupore, sgomento, rabbia e sconcerto.
- Sì, devo proprio chiamare tuo padre e tuo fratello - disse infine, mettendosi le mani fra i capelli ricci.
Mentre digitava il numero sul display, chiusi gli occhi e, cullata dalla luce della televisione e dalla voce bassa di mia madre, mi addormentai.

Moon Guardians- i Guardiani della LunaTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang