The Joker's bathroom.

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Gotham City, somewhere in this fuckin' town.
L'aria non era mai stata così calda, il cielo non aveva mai assunto una sfumatura così cupa, rossastra ma al contempo grigia; un mix di colori, tiepide sensazioni che scivolavano sulla pelle dilaniata di un uomo divertito dal tormento.
Il Joker, i capelli verdi zuppi e le gambe snelle immerse nell'acqua, se ne stava da qualche parte nei meandri oscuri di Gotham, le labbra spalancate in un enorme sorriso; tra le dita ossute della mano destra stringeva un calice d'argento, mentre con la mano sinistra impugnava una pistola.
Come folle si presentava quella scena a coloro che non conoscevano l'abile intrattenitore e le sue manie, i suoi modi di fare cruenti ed inquietanti; eppure c'era qualcosa di affascinante in quel corpo esile, sproporzionato.
C'era qualcosa di interessante tra le sfumature della carnagione lattea, in quel sorriso folle, crudele.
Aveva gli occhi spalancati, le pupille dilatate in modo a dir poco innaturale, sublime, mentre avvicinava il calice alle labbra; un rivolo di sangue sfuggì al suo controllo, percorrendo la curva della coppa, del mento pronunciato, e provocando l'ilarità del folle criminale.
Trovava la morte e le sue ancelle così eccitanti!
Tossiche, si ergevano in tutta la loro statura, fasciate da abiti di seta neri come l'ebano; erano muse, dee dalla bellezza macabra, l'espressione triste e fredda.
O forse quelle non erano ancelle,ma semplicemente i suoi confusi, desolanti pensieri.
Che stesse impazzendo ancor di più?
Rise di gusto, ancora una volta, premendo il grilletto dopo aver puntato la canna della pistola contro il soffitto.
Il proiettile perforò l'intonaco sudicio, un rumore sordo quanto forte riempì il silenzio di quella squallida stanza del Motel.
L'acqua si era oramai raffreddata, ma nonostante ciò, continuava a sostare lì, in quella vasca che sembrava inghiottirlo col suo pallore; d'un tratto, la voce roca si librò in quel silenzio sordo, ed i pensieri divennero energia, potere, fredde parole.

Lasciami dire che cosa sto pensando, dolce... Ero nel mio bagno un giorno, quando mi resi conto che io ero destinato alla grandezza... Sai come la gente si preoccupa delle apparenze? "Questo è bello, quello no..." Cosa completamente superata per me. Ora io faccio quello che per gli altri è solo un sogno: io faccio arte, finché qualcuno muore. Capito? Io sono il primo artista dell'omicidio a ciclo completo, cara!*》

Vi fu una breve pausa, durante la quale le labbra umidicce ed arrossate si posarono sull'argento tiepido, contro il quale picchiettava ritmicamente con la lingua maliziosa, come a voler imitare il fastoso ritmo dell'ultima melodia ascoltata poco tempo prima; Jack, Jack, Jack, il suo nome continuava a tormentarlo, tra i pensieri sconnessi vi erano quelle voci tetre, perverse amiche che cantavano una patetica composizione.

« E questa non è nient'altro che l'overture della mia opera, un giusto dialogo d'introduzione ad una fantastica scena!
Al mio eterno monologo!
Diamo inizio alle danze, cittadini di Gotham.
Musica! Musica, ho detto!

Urlò esasperato, lanciando contro il muro scrostato la coppa e quel che ne rimaneva del suo caldo, disgustoso contenuto; rabbia insolente, aveva osato penetrare in quella corazza fatta di petali di fatua gioia, distogliendolo da quel che era il suo gioco.
Di rimorso non ne provava, se non per aver gettato via quel sangue a cui non aveva saputo resistere, eppure ora sembrava tutto rovinato, tutto distrutto, perso!
La sua opera rovinata sin dall'inizio, e quella non era una prova.
Folle, perso nella sua scrittura, nelle sue scenografie, piantò i piedi sul fondo della vasca, lanciando l'arma che penzolava dalle sue dita dietro di sé, quasi come se non ne avesse alcun bisogno; entrambe le mani tra la folta chioma inspida, a tirar indietro i capelli dall'acceso colorito, mentre i piedi cinerei calpestavano la moquette sudicia.

« Ho detto musica.»

Ordinò infuriato, mantenendo quel gentil sorriso dall'aria inquietante e malsana; la donna che tremava ai suoi piedi strizzava le pupille, tentando di cacciar via le lacrime che minacciavano violente di scivolarle lungo il viso, circondato da biondi capelli sporchi di polvere e qualcos'altro di indefinito, forse sangue.
Le piccole, sottili dita ossute armeggiarono tremanti sui bottoni del vecchio stereo, ed una melodia dai toni antiquati ma potenti sferzò il tragico silenzio.

«Oh, mia cara, questa è la mia canzone!
I'm going slightly mad
I'm going slightly mad
It finally happened - happened
It finally happened, oh yes
It finally happened!
I'm slightly mad! Oh, dear!»

Freddie Mercury non poteva che essere la colonna sonora più giusta per quello spettacolo appena iniziato, forse in maniera del tutto casuale, forse a causa della tremenda noia del momento; non si preoccupò di dirle nulla, se non un divertito quanto ridicolo "grazie", mormorato distrattamente, fischiettando quel movimento esageratamente rock.
S'infilò un abito nuovo, viola quasi quanto i lividi che aveva bellamente lasciato sul cadavere a pochi passi dai suoi piedi, sul quale ora la bionda s'era fiondata, piangendolo con estrema tristezza.
I capelli erano ancora umidi, le labbra ora violacee, ed il volto, che solitamente conservava quel suo affascinante pallore, ora era macchiato di invisibili, tremule gocce di sangue ancora fresco; schizzi che, come un audace pittore, si era permesso di lasciar campeggiare sul viso.

Io faccio arte.

E cos'era quella, se non arte allo stato più puro e vero?
Cos'era quell'opera, se non la prima di un tour esageratamente divertente ed intrigante?

Io sono il primo artista dell'omicidio a ciclo completo!

Il primo, e forse l'unico ad utilizzare quelle particolari, tenui tecniche dal carattere maniacale; i suoi quadri si espandevano ovunque potessero essere ammirati, e, con certezza, poteva affermare d'avere un superlativo talento nel creare quel che individui padroni del proprio essere, almeno fisico, potevano semplicemente sognare.
I suoi quadri erano quelle strade intrise di sangue, quei colori accesi, quella musica ipnotica.

« Lasciami dire che cosa sto pensando, dolce... Ero nel mio bagno un giorno, quando mi resi conto che io ero destinato alla grandezza...
Quel giorno, d'improvviso, si ripete ora!»

Bastò un ultimo sguardo a quel piccolo, insignificante corpo di donna, prima che, nel suo elegante completo, si avvicinasse alla sua musa, carezzandole la chioma bionda, fino ad estrarre da quest'ultima, come per magia, un qualcosa di sconosciuto agli occhi della vittima, forse un detonatore.

« Gotham sarà la mia più grande creazione, dolce...
Lasciamo esplodere quest'allegra epidemia di risa! »

*Batman, (film 1989).

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⏰ Last updated: Feb 11, 2017 ⏰

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