P: <<Era piccolo, tu Franz eri dagli zii ci sei rimasto per un po', non capimmo mai cosa gli procurò quella crisi, forse i nostri toni più alti del solito, stavamo discutendo di qualcosa, non pensavamo ci ascoltasse, invece... Invece abbiamo sentito un rumore di vetri, e siamo corsi in salotto e lo abbiamo trovato steso sul divano che provava a respirare, ma non ci riusciva...>>
Chiude nuovamente gli occhi e fa una smorfia, per poi riprendere a parlare.
P: <<Eleonora non sapeva che fare, Piero non reagiva alle nostre parole, pensavamo sarebbe passata e che aveva solo bisogno di tempo, ma era sempre peggio.>>
Chiudo gli occhi lasciandomi attraversare da un brivido, mio fratello mi stringe a sé senza dire nulla.
F: <<Poi...>> chiede con tono scosso, ma incuriosito.
Non vedo l'espressione di mio padre, ma so che mi sta sicuramente fissando.
P: <<Piè, se vuoi...>>
Io: <<Voglio capire.>> rispondo senza farlo concludere.
Si prende tempo, poi continua.
P: <<Tutti i metodi che ci erano stati detti: pezze sui polsi, sul collo, inumidirgli le labbra, farlo stendere, massaggi alle spalle, niente, non funzionava niente, lui era lì che ormai non respirava quasi più, era pallido e con le labbra viola...>> viene interrotto da Franz.
F: <<Come ieri sera... Era pallido e con le labbra tendenti al viola...>> sussurra e mi stringe un po' di più, mio padre annuisce e continua.
P: <<Tua madre si rese conto che non eri capace di uscirne, non ci pensammo due volte e ti presi in braccio, era piccolo e leggero, il cuore sembrava fermarsi ogni tanto per poi battere in modo esagerato. Feci più in fretta che potetti e arrivammo all'ospedale di Agrigento.>>
Non ricordo una cicca di tutto ciò, lo sta dicendo inoltre come se riguardasse un estraneo. Sento solo gli occhi pizzicare un po' e ancora tanta voglia di capire cosa è successo dopo.
F: <<Tranquillo...>> mi sussurra mio fratello dandomi la forza di ascoltare il resto che mio padre non tarda a raccontare.
P: <<Arrivammo di corsa al pronto soccorso e se lo presero, lo portarono via: subito in sala traumi. Da fuori vedevamo cosa gli facessero: la mascherina con l'ossigeno, ma neanche quella funzionava, gli attaccarono una flebo al braccio, non sapevamo cosa stesse accadendo realmente lì dentro. Vostra madre piangeva disperata tra le mie braccia, si ripeteva che fosse colpa sua , colpa nostra, che non avremmo dovuto urlare in quel modo dinanzi a te...>>
So che non è finita qui, nonostante la pausa, mio padre tira un sospiro, è stranamente in difficoltà.
P: <<Tutto precipitò quando capimmo che Piero aveva perso i sensi: io temevo il peggio, in fondo era solo un bimbo e in quel momento sembrava più morto che vivo... Ma fu proprio quel non essere cosciente ad aiutarlo. È tutto racchiuso nella mente quando accadono queste situazioni, persi i sensi il battito tornò a poco a poco costante e il petto si sollevava a causa dell'aria che finalmente entrava.>>
F: <<Si riprese facilmente, poi?>>
P: <<No, solo dopo una mezzora aprì gli occhi e nel frattempo gli avevano somministrato un paio di calmanti.>>
Io: <<Perché non ricordo niente?>> sussurro.
P: <<Eri troppo piccolo, è una cosa brutta da ricordare. Io e tua madre ci siamo sempre augurati che non tornassero più, o almeno che non tornassero come quella. Quando l'altra sera ti abbiamo visto in quel modo... Ho temuto il peggio, in più non hai voluto reagire, non avevi la forza, come se avessi perso tutti i punti di riferimento per cui lottare.>> scuote la testa ed io mi sento così in colpa.
Io: <<Mi dispiace...>> sussurro.
F: <<E dopo...?>>
P: <<Dopo aspettammo un paio d'ore prima di portarlo a casa, in ospedale prescrissero un ciclo di farmaci per evitare situazioni come quella, dopo quel periodo seguirono solo lievi crisi.>> spiega lui.
F: <<Che tipo di farmaci? Calmanti?>> chiede ancora.
P: <<Anche... Sì.>> la fa troppo breve, lo guardo per un solo istante.
Io: <<Cosa vuol dire anche?>>
E lo vedo deglutire un paio di volte prima di rispondere.
P: <<Ti avevano prescritto degli psicofarmaci, nella speranza che queste crisi potessero passare, ma così non è stato.>> sussurra ed io mi lascio sfuggire un singhiozzo.
F: <Perché continui a chiedere se ha dolori al petto?>> mi stringe ancora più forte e mi accarezza una spalla.
P: <<Perché dopo quest'evento ha avvertito dolori al petto che gli causavano un aumento smisurato di battiti.>>
F: <<E se li ha che succede?>>
P: <<E' il segnale che sta per avere una crisi o comunque ci sono i presupposti per averla, normalmente dopo crisi violente possono seguire altre.>> dice lui con un velo di preoccupazione nella voce.
F: <<Ecco perché dici che non si può essere certi non accada nulla in tour.>>
Vedo mio padre annuire e Franz non mollare la stretta.
Io non riesco a parlare, non ricordo niente di tutto ciò, come se avessi dimenticato quel momento, però devo fargli una domanda, devo capire.
Io: <<Non mi hai mai creduto quando Franz ti disse della crisi, delle nausee, perché? Insomma, sapevi potessero capitare.>>
P: <<Era una forma di negazione la mia. Non volevo credere ti fossero nuovamente tornate più violenti di quando eri piccolo. Però poi a Caserta ti ho visto pallido, stavi per svenire sul palco, allora ho preparato subito acqua e zucchero.>>
Annuisco.
F: <<Ehy...>> mi lascia una carezza sul volto.
Mi lascio solo stringere ancora serrando gli occhi, gli ho dato solo problemi da quando ero piccolo e questo pensiero si accavalla a mille altri che non riesco a distinguere.
Avverto ora un debole fastidio al petto, il respiro cambiare e i pensieri che come se dotati di gambe e piedi iniziano a correre nella mia testa in modo più rapido di quello che mi aspettassi.
Lascio uscire dalle labbra un gemito di dolore, e mi porto una mano al petto, come se volessi bloccare i battiti, mio padre questa volta si alza di scatto e mi viene vicino.
F: <<Calmo, ora passa.>> mi sussurra, ma non ne sono così sicuro.
P: <<Okay Piero, prova a buttare fuori lentamente tutta l'aria che puoi.>>
Io faccio come mi dice, ma più i polmoni si svuotano più sento un dolore che ora si è trasformata in fitta al petto. Stringo per un po' i denti.
P: <<Devi continuare fino a quando non hai più aria.>>
Ci provo un altro po' e credo di esser arrivato al limite.
P: <<Ora falla entrare il più naturalmente possibile, non forzare Piero.>> mi dice lui.
E quel dolore mi porta a stringere il fianco di mio fratello con più forza.
F: <<Minchia...>> sussurra lui stringendo i denti, gli sto facendo male, e mi dispiace tanto.
Prendo aria, o almeno ci provo, qualche lacrima mi bagna il viso, il dolore al petto è disarmante.
P: <<Fa male, lo so, ma devi resistere e respirare. Forza.>> mi incoraggia lui accarezzandomi i capelli.
F: <<Papà...>> sussurra, e sento il terrore nella sua voce.
P: <<Franz non lo so, okay? Se riesce così è bene...>> lo zittisce lui.
Un tremito mi attraversa la schiena, sono sensazioni diverse dal solito e probabilmente dovute a questo nuovo esercizio di respirazione che mi sta facendo fare mio padre.
Io: <<E' peggio così.>> gli dico con voce ancora abbastanza normale.
P: <<Continua...>>
Io: <<Fa malissimo.>> mi stringo il petto assecondando le sue parole e lasciando uscire la poca aria rimasta con un gemito più insistente.
Sento dei passi celeri giungere fino a noi.
M: <<Che succ... Bedda matri, Piero!>> alza lei la voce e mi viene vicino.
M: <<Che è successo?>> domanda preoccupata a mio padre mentre questo mi fa continuare con l'esercizio.
F: <<Stavamo parlando, papà ci ha raccontato di quando è stato male...>>
Lei annuisce e si guarda con nostro padre.
M: <<Non può partire così.>> sibila lei.
Io: <<È il mio lavoro.>> sussurro a fatica.
F: <<Papà basta...>>
P:  <<So quello che faccio, Franz!>> gli dice autoritario.
Provo a far come dice lui, ma quel dolore è continuo.
M: <<E se gli viene in aereo...>>
F: <<Mà per favore... Basta già tutto ciò.>>
E ancora una volta mi rendo conto che gli do solo preoccupazioni.
Smetto un istante di ascoltare mio padre e il pensiero va a quel cretino di Ignazio che ha sbandierato tutto, mi ritrovo a non respirare per pochi secondi, e sono quei pochi secondi pensati a lui che mi fanno quasi crollare, ma la voce preoccupata di mio padre mi riporta alla realtà.
P: <<No, no. Respira Piero, respira. Ce la puoi fare, io lo so.>> mi incita lui, nel frattempo mia madre e mio fratello confabulano su tutto quello che sta accadendo.
Prendo aria lasciando qualche lacrima cadere dagli occhi.
Ora inizio a respirare senza il bisogno di sforzarmi, mi fa solo male il petto.
M: <<Bravo tesoro.>> mi dice dolcemente lei.
Mi padre si allontana un po' da me.
P: <<Resta fermo per cinque minuti almeno ogni volta che riprendi a star bene.>> annuisco.
Mio fratello mi da un leggero colpo sulla spalla e io abbozzo un sorrisino.
P: <<Questa è capitata come per un riflesso incondizionato dopo che ho raccontato cosa sia accaduto, ma gli altri giorni? Le altre volte? Se ti capitasse in aereo...>>
Io: <<Prenderò i tranquillanti domani, tranquillo.>> gli sussurro, ma vedo mia madre sobbalzare.
Sento mia madre stringermi la mano con forza.
M: <<Cos'è questa storia del tranquillanti?>> mi chiede preoccupata.
Io: <<Niente... Sono solo erbe naturali.>> la faccio breve.
La vedo che si allontana un po' nervosa, anche a lei avrà dato fastidio che non le ho detto nulla.
Io: <<Mà, per favore non fare così.>>
M: <<Tu quelle schifezze non le prendi, fine della questione.>>
Io: <<E se mi viene in aereo che minchia faccio, me lo spieghi?>> sbotto io andando frettolosamente in cucina per bere un po'.

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