«E nelle prediche i comunisti erano citati spesso, vero?»

«Don Bassoli era un uomo coraggioso che amava dire anche le verità scomode». Tacque un attimo e si lasciò andare a un lungo sospiro

«Ora è crudele e tragico dirlo» disse come rammaricandosi con se stesso, «ma io più di una volta l'ho invitato alla prudenza, alla moderazione di parole e termini che, se pur giusti, rischiavano di renderlo sempre più inviso. E poi lui si sentiva un difensore della fede e parlava spesso del fatto che anche noi religiosi siamo chiamati, di fatto, a combattere per difendere i valori del verbo di Cristo».

Fece una pausa e poi guardò il capitano come se volesse studiare se fosse la persona giusta a cui confessarsi. Decise di continuare a parlare.

«Sa, a me la parola combattere non è mai piaciuta, anche se rettamente usata in difesa della fede. Preferisco parlare di pecorelle smarrite da ricondurre sulla retta via. Ma è vero che oggi quel compito per i pastori è sempre più difficile: le pecore troppo spesso non vogliano ascoltare. Don Bassoli diceva che in mezzo a quelli che io chiamavo pecore c'erano, purtroppo, quasi sempre solo branchi di lupi».

Il caffè era pronto e di nuovo il capitano dovette andare in soccorso del sacerdote che vacillava sulle gambe.

«Vede» disse con un sorriso amaro «non riesco nemmeno più a preparare il caffè. Sono ormai solo un povero vecchio e il mio rammarico è che, in fondo, lo pensava anche don Bassoli. Non lo dava a vedere, ma capiva benissimo che avrebbe voluto che le mie prediche avessero almeno un poco del vigore delle sue. Il vigore, capitano, ormai, non c'è più, ma io non sono mai riuscito a parlare come voleva lui». Il tono si fece più confidenziale: «Ho visto troppe guerre, troppa povera gente e troppo odio».

Il capitano si sorprese a pensare che quel parroco sapeva mostrare più di un volto. Dietro il linguaggio che il sacerdozio impone, i confronti con don Bassoli dovevano essere stati aspri e serrati.

«Un odio che non finisce mai» riprese il sacerdote. «Ora piangiamo altre due vittime. Penso anche al povero sacrestano. Era lì a San Martino solo da poche settimane».

«Non era italiano, vero? Si chiamava Jaric, Mirko Jaric, uno slavo. Aveva dei parenti o dei conoscenti qui intorno?»

«No, so che era un esule jugoslavo. Don Bassoli lo era andato a prendere, solo qualche settimana fa, nel monastero di San Giovanni alle pendici dell'Appennino. Lui era spesso in contatto con quei monaci dove amava andare, di tanto in tanto, per meditare e pregare. La montagna gli piaceva: diceva che lo faceva avvicinare a Dio. Anche a me, da giovane, piaceva andare in montagna; ora invece non posso più muovermi di qua. Quanto al povero sacrestano credo fosse in convento come novizio, ma forse era solo un poveraccio che non aveva un posto in cui andare. Don Bassoli lo ha così preso con sé da quella persona generosa che era. Quell'uomo era un tipo schivo e taciturno, ma, le ripeto, era appena arrivato e in paese non lo conosceva praticamente nessuno. Non si sono fatti scrupoli di uccidere anche lui, senza pietà».

«Lei ha dei sospetti?»

«Non tocca a me avere dei sospetti, ma mi viene in mente che l'ultima volta che ci siamo visti per il catechismo... o forse quella precedente... don Bassoli mi ha fatto vedere l'articolo della «Voce del partigiano» come a dirmi: ha visto, don Gaetano, di che pasta sono fatte le sue pecorelle smarrite?»

***

Senza più carabinieri intorno, la chiesa, immersa nei campi di grano, ora lasciava uno strano senso di quiete. Nelle ore precedenti c'era stato un continuo pellegrinaggio di gente. Volevano vedere la salma del parroco. Solo quando aveva cominciato a spargersi la notizia che era stata portata in città per l'autopsia il via vai aveva cominciato a diradarsi. Quando il capitano arrivò, stavano allontanandosi due donne a capo chino e con il volto coperto da uno scialle nonostante la primavera avanzante. Forse, pensò, non volevano farsi vedere. Davanti alla porta della canonica era rimasto solo un appuntato con l'aria annoiata. Fece rimuovere i sigilli ed entrò: un secondo sopralluogo, il giorno dopo la scoperta del delitto, era la prassi. Si spera sempre di trovare qualcosa che è sfuggito alle prime osservazioni. La mente riesce a essere più lucida e a riflettere su particolari che la prima volta possono essere sfuggiti. E poi, a onore del vero, Ricci non sapeva bene dove altro trovare tracce di un delitto in cui, nonostante i chiari sospetti, mancavano le prove.

L'oro maledetto e il VaticanoWhere stories live. Discover now