quattordici

519 144 53
                                    

a/n
(Sono tornata! Spero voi stiate bene. Sono felicissima che tra poco arriverà il Natale.
Qualche giorno fa ho visto il film Pearl Harbor e, oh mio dio, l'ho amato! Domani posterò un nuovo capitolo, buona lettura♡)

ισορροπία (equilibrio)

E complesso trovare il baricentro delle situazioni.
È arduo mantenerle in equilibrio e non farle capovolgere.
Luke e io non siamo particolarmente esperti in ciò, perché la situazione si è distrutta, è precipitata e si è capovolta drasticamente.
Non ho ben compreso, e forse neanche lui l'ha fatto, come dalla devastazione che provavo, siamo passati a una situazione ricca di tensione sessuale.

E ora schiudo la bocca e abbasso lo sguardo, ritraendo all'istante le mani dal suo corpo; sento il viso andarmi a fuoco.
Tento di liberarmi dalle braccia di Luke che limitano il mio spazio e allora lui si allontana all'istante.
Mi siedo sul bordo del letto e un po' fa male.
Un po' ferisce la consapevolezza che Luke è proprio come gli essere umani, come tutte noi divinità senza ali, che ha come scopo principale il piacere carnale e non psicologico. Ma non posso fargliene una colpa.
Mi sto per alzare dal letto, quando Luke parla.
«Diana, aspetta.» lo pronuncia senza fiato, mi volto e lui è sull'orlo di un precipizio.
Ha il braccio proteso in avanti, ma non mi sfiora (neanche volesse) sono così distante da lui in questo momento, e le ali sono aperte a incorniciare la sua figura imbarazzata.
«Non pensavo realmente ciò che ho detto.» balbetta «Insomma, non avrei mai pensato una cosa del genere, soprattutto su di te che sei incasinata per i problemi di tuo padre,
era la situazione che mi ha indotto a parlare.»
Io rimango seduta a gambe incrociate e non parlo, completamente a disagio, mordicchiandomi di tanto in tanto l'unghia dell'indice della mano destra.
«Voglio dire,» è una delle rare volte in cui vedo Luke insicuro nelle sue parole «tu mi stavi toccando da ogni parte, è stata normale la mia reazione. Principalmente è stata colpa tua.» asserisce, ora serio e sospira «Dio perché mi hai provocato così!» sbotta.
«Stai esagerando, credo.» esalo con voce rotta.
Lui scuote la testa energicamente.
«Sono assolutamente sbagliati i pensieri sporchi che ho fatto su di te e poi neanche è stata colpa mia, tu mi hai persuaso.»
«Luke ti stai arrampicando sugli specchi, non è vero.» dico a bassa voce «Comunque non riuscirei neanche a pensare a te in modo sentimentale.»

Menzogna.

Il suo sguardo scatta su di me, e contrae la mascella.
«Quindi alla fine non mi ha fatto ne caldo ne freddo, facciamo finta che non sia accaduto nulla.»

Grande menzogna.

«Infatti sei arrossita come una verginella.» mi schernisce.
«È una reazione involontaria del mio corpo. Io sono umana.»
Luke ora sembra ferito, ma non ne ha motivo.
Si accuccia vicino al piccolo gatto, Zeus, che dorme beato su un cuscino e lo porta tra le sue braccia, stringendolo appena.
«D'ora in poi è meglio che non ti avvicini più troppo a me e soprattutto che non mi tocchi in modo sensuale.» parla con voce statica e quasi mi guarda con ribrezzo.
Il suo sguardo mi spezza.
Poi si dirige, neanche io so dove, fuori dalla mia stanza, trattenendo tra le grandi mani Zeus.
Lascio vagare impazziti i miei occhi in ogni punto della stanza, lascio i miei polmoni comprimersi convulsamente sotto i respiri pesanti e mi prendo poi la testa tra le mani.
Penso sino a provare dolore alla testa, ma non capisco ugualmente come io e Luke possiamo sempre litigare.
Mi ero sentita così bene tra le sue ali, cullata dal suono delle sue parole così belle e poi, però, abbiamo deciso di spazzare via questo piccolo castello di carte che avevamo messo in piedi con tanta fatica, semplicemente per un futile pretesto.

Sobbalzo quando il suono del campanello di casa interrompe violentemente i miei pensieri e mi dirigo rapidamente a rispondere.
Faccio finta di non osservarlo, ma in realtà Luke lo vedo eccome, seduto in un angolo del salotto, intento ad accarezzare il gatto, avvolto nella penombra che gli incenerisce i capelli, i quali gli nascondono parzialmente gli occhi.
Mi si stringe il cuore al pensiero di come si sia affezionato a quel piccolo essere.
Apro la porta e alla vista di Harry il cuore mi schizza in gola.
Mi schizza in gola perché è Harry.
Mi schizza in gola perché il mio angelo è dietro l'angolo.
«Harry?» lo dico sconvolta, perché il suo viso è bagnato dalle lacrime.
«Scusa se mi sono presentato così.» lo pronuncia tra un singhiozzo e l'altro.
«

Ma h-ho bisogno solo di stare con te e non mi rispondevi al telefono e allora ho creduto di poter venire e l'ho fatto, ma scusami ora me ne vado, non so cosa mia sia pres-»
Lo interrompo perché è agitato e sta parlando a vanvera e l'unica cosa che voglio fare ora è portarlo in casa e protteggerlo dal male che ha causato le sue lacrime.
Desidero stringerlo tra le braccia per curarlo e attenuare così il dolore che la sua tristezza mi provoca.
«Vieni.» gli sussurro morbidamente, afferandogli le mani tremanti e lo conduco in camera mia.
Harry mi segue con la schiena un po' curvata e lo sguardo abbatutto e basso.
Tiro un sospiro di sollievo, realizzando che Luke si è nascosto (neanche gli Dei sanno dove) e che quindi non dovrei dare spiegazioni a Harry.
«Che è successo, Harry?» gli chiedo una volta seduti sul letto e gli accarezzo il braccio.
«Ho combinato un casino.» sospira.
Lo incito con lo sguardo a continuare.

«Louis mi ha lasciato.» esala.

Si sporge verso di me e appoggia la testa sulla mia spalla, tremando leggermente.
«Oh Harry...» lo stringo a me e infilo le dita tra i suoi capelli morbidi tentando di tranquillizzarlo.

Harry e io siamo pezzi di puzzle rotti.
È arduo per noi trovare pezzi combacianti, che si incastrano con i nostri.
Ma noi due, rovinati e distrutti, ci combiniamo a forza, spacchiamo ulteriormente i perimetri dei nosri pezzi per farci corrispondere.
Tentiamo di sostenere un puzzle distrutto e innaturale.
E a noi va bene così.

«Louis mi aveva detto per la prima volta che mi amava e subito dopo è finito tutto.» Harry si affanna e stringe gli occhi per scacciare le lacrime.
«Vuoi parlarne, te la senti?» mormoro.
«Mio padre ha beccato Louis a casa nostra, perché io l'avevo convinto a restare per ripararci dalla pioggia, e si è arrabbiato, perché non accetta il rapporto che avevo con Louis.» parla di getto «E Louis mi ha detto che non può sopportare di vedere la mia famiglia rovinarsi per causa sua e ha voluto allontanarsi da me, l'ha fatto per il mio bene. Mi ha detto che mi ama e che per questo mi ha lasciato, per non distruggere la mia famiglia.» singhiozza debolmente.
Assistere al dolore di Harry, alla nascita delle sue cicratrici e delle sue crepe, fa collassare il mio cuore.
È estremamente doloroso riconoscere che anche lui è fragile, realizzare che non potrà sempre essere il mio porto sicuro e capisco che adesso è giunto il momento nel quale devo essere per lui un' àncora, un punto fermo.
Rimaniamo abbracciati, ci sosteniamo a vicenda e il tempo scorre indisturbato.

«Avevamo anche fatto l'amore ed è tutto finito.»sospira.

Lo stringo più forte a me, sentendo un' altra pugnalata al cuore.

al prossimo aggiornamento.🌹

Autophobia (Luke Hemmings)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora