1

3.5K 132 77
                                    

Dedico questa storia a _Peequenaa_, una ragazza davvero straordinaria.

-50 giorni.

-Non posso crederci.- Affermai, guardando con stupore la grigia scuola che mi si parava davanti.
Davvero stavo per trascorrere le mie giornate in quel posto lugubre e decadente in periferia di Tolosa?
Per me che venivo da Madrid, era inaccettabile.
Era stata un'idea di mia madre, come al solito.
'Vedrai che ti servirà stare con tuo padre, io non riesco a starti dietro', come se io fossi un caso disperato.
Okay, spesso faccio festini quando mamma non c'è, o non mi faccio trovare per giorni, ma nonostante ciò, sono una persona responsabile di vent'anni. Circa.

-Sarà solo per un anno, non ti farà male. Pensala in positivo, siamo già a metà ottobre.- Mia madre stava cercando in tutti i modi di convincersi che mandare lì la sua figlia difficile fosse la scelta più giusta.
Dal canto mio, stavo già progettando la fuga.

-Certo, ma dubito che abbiano Sky, la piscina con idromassaggio e una sala cinema con tanto di macchinetta per i pop corn.-

Sono sempre stata viziata, ma soprattutto in questi ultimi due anni, dalla morte di mio fratello Álvaro.
Aveva due anni in più di me, venti al momento del decesso, quando è stato vittima di un brutto incidente.
Per me la sua morte era stata una gran botta, e mi ero chiusa molto in me stessa.
Lui era stata l'unica persona in grado di capirmi solo con uno sguardo, e me lo avevano strappato via, lasciandomi da sola in quel mondo che aveva perso un po' di bellezza.

-No, è un collegio, quindi mi raccomando comportati bene. Ci sono delle regole, qui.-
Alzai gli occhi al cielo, e quasi non vedevo l'ora di entrare in quel posto per liberarmi di mia madre.
Presi dal baule la mia enorme valigia, e feci un profondo respiro.
Ecco mio padre che arrivava, con la sua imponenza e il suo sguardo austero e severo.
Non lo vedevo da anni, non era mai stato molto presente.

-Buongiorno, com'è stato il viaggio?- Si rivolse a noi, con la sua solita pacatezza.
Mai un abbraccio, una pacca sulla spalla o un complimento. Sembravo quasi un peso per lui, non una parte importante della sua vita. Era deprimente.

-Molto tranquillo, Diletta non vede l'ora di incominciare.- Mia mamma sembrava entusiasta, mentre io avevo probabilmente impresso sul viso una faccia da funerale.
Avevo da sempre odiato la Francia e i francesi, e adesso avevo anche un motivo valido per farlo.

-È il sogno della mia vita.- Borbottai ironica in spagnolo. Conoscevo alla perfezione il francese, ma era una lingua che poco mi affascinava.
Troppo elegante e romantica.

Senza salutare in maniera affettuosa mia madre, tranai la valigia lontano da quello strano duo.

C'era un grande giardino, decorato con qualche fiore, ma ciò non sembrava dare molto colore alla scuola.
Notai con dispiacere che ci fossero molte più femmine che ragazzi, e sebbene legare con qualcuno non fosse la mia priorità, era un dato di fatto che io mi trovassi meglio con i maschi che con le ragazze.
Indossavano tutti delle brutte uniformi grigio topo, che si abbinavano perfettamente alle pareti esterne della scuola.
Loro sembravano non farci caso, ma erano davvero orribili.

-Ti sei persa?- Una voce maschile mi fece trasalire, e io mi girai di scatto.
Era un ragazzo piuttosto alto, dalla pelle scura e dal gusto eccentrico: sotto la camicia si intravedeva una collana d'oro, di quelle che si vendono a pochi spiccioli al mercato.
Naturalmente non aveva stravolto l'uniforme, ma dal colletto alzato della camicia e qualche bottone sbottonato, potei capire che forse non erano tutti delle marionette. Sembrava sapere il fatto suo.

Changer « Antoine GriezmannDove le storie prendono vita. Scoprilo ora