CAPITOLO 2 [parte 1]

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Ho addosso gli occhi di tutti. Scossi dalle mie parole. Sono un tuono fragoroso che irrompe in un cielo fino a quel momento pezzato soltanto da sprazzi di nuvole. Porto aria di tempesta. Una che non vuole finire tanto presto.

Guardo ognuno dei singoli come se dovessi trafiggerli da parte a parte. Non c'è dubbio o esitazione in me. Irrigidisco i muscoli, ma non uno spasmo mi tradisce. È odio ciò che sprigiono. Profondo. Intenso. È veleno che mi percuote e che non esito a spargere intorno.

Nessuno dei presenti solleva domande. Bene. Perché io, a loro, non ne devo. Non le devo a nessuno. Ma, nel caso, ho già pensato a come esortarli: darò loro un motivo per agire.

«Immagino non vi aspettavate una simile richiesta» riprendo. Afferro l'istante; m'infilo nella titubanza.

«Non è solo questo.» Il Principe Mendicante si siede. «In realtà, trovo la proposta allettante.» I suoi commensali si voltano, sorpresi. «Nutro per il principe Sheikh un disprezzo profondo.»

Meglio di quanto sperassi.

Un borbottio concitato si solleva.

Il Mendicante alza una mano e costringe tutti a tacere. «Il Principe di Gennaio è un pericolo, per tutti. Non c'è Nota che passa senza che io debba temere il momento in cui salirà al trono.»

«Converrete con me, allora, che è meglio agire.» Un pericolo, sì. Ma nessuno sa davvero quanto. «Anche se questo significa tradire la Corona.» Faccio un passo avanti. I presenti non sanno se fissare me o Kumaras Ashvin. C'è un filo che ci lega. Posso giurare che è rosso e lungo. Devo solo trovare il punto dove si annoda meglio e tirare finché non viene dalla mia parte. «Per questo vi chiedo aiuto, per mettere fine alla follia del Principe.»

Sguardi che serpeggiano. Un vociare concitato. Parlano e parlottano. Una sola è la testa che decide, ma gli altri organi sono in tumulto. Eppure, il Principe Mendicante non distoglie i suoi occhi dai miei. Sono di un nero profondo. La sua barba è grigiastra, con punte di colore scuro.

«Follia da cui, però, possiamo sempre difenderci. Con un po' di tempo e il dovuto impegno...» riprende.

Lo interrompo. «Sheikh non è qualcuno con cui si può contrattare.» Devo segnare una lunga linea di confine: un punto dove il sopportabile s'infrange e la goccia fa traboccare il vaso. «Sono sicura che vi sia giunta voce di Sargas, nell'Arcidiocesi dello Scorpione; di come la città sia stata messa a ferro e fuoco.»

Brividi corrono lungo la schiena di tutti i presenti. Sono profondi come i miei.

Kumaras si china e afferra una pipa. È nera. Intagli precisi raffigurano la testa di un leone. «Tutti sanno cosa è successo a Sargas» commenta, intanto che infila un pizzico di tabacco nella camera di combustione. «Un modo un po' brusco per stanare degli eretici, se posso dirlo.» Pressa fino a riempire metà fornello, con le dita che tremano in uno spasmo.

Eccolo, il nodo. «Non ha risparmiato nessuno.» Mi gioco il tutto per tutto. Confido che la notizia sia stata nascosta o tenuta in gran segreto. «Ha appiccato le fiamme durante i Patti Solari e bloccato ogni via di fuga.  Quelli che sono riusciti a lasciare la città sono stati catturati e costretti a rientrare tra le fiamme: li ha spinti a gettarsi nel fuoco e chi ha resistito è stato passato a fil di lama.»

Una luce si spegne nello sguardo di Kumaras, occhi che s'incrociano con i miei quel tanto che basta per sperare che sia una menzogna.

E vorrei poter mentire, almeno su questo. Mi chino. Il fuoco scoppietta sulle braci. Ci sono delle persone che si contorcono, case che anneriscono, volti che gridano aiuto. La risata del principe ereditario che echeggia lugubre su di loro. «Come maiali arrosto! Madre, li senti grugnire?» urla con le braccia spalancate.

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