Quattro

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Angolo me: non ve l'aspettavate vero?
Ciao a tutti! Non abituatevi troppo a questi veloci aggiornamenti, perché credo sarà l prima e ultima volta.
In questi ultimi mesi ho avuto un po' di problemi con lo studio (sono piena di roba da studiare! Help me!) e non sono riuscita ad aprire wattpad. Ieri sera avevo un po' di tempo libero ed è uscito questo.
Ditemi che ne pensate della storia in generale, perché ho deciso di cambiare completamente la trama del racconto.
La parte in corsivo, che credo troverete molto spesso d'ora in avanti, indica delle analessi (che parolone ehh? Piace un sacco al mio professore di letteratura) o dei flashback della vita di Percy e Liz quando lui era ancora piccolo.

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È strano come a volte desideriamo così tanto una cosa da pensare solo a quella fino a quando non la stringiamo tra le mani.
La sensazione di non riuscire a vivere senza di essa è opprimente.

La figlia di Poseidone aveva desiderato così tanto rivedere il fratello: aveva pregato più volte suo padre per permetterle di vederlo, specialmente quando Percy aveva scoperto di essere un semidio.
Poseidone, però, rimandava sempre la questione, dicendo che se si fosse mostrata avrebbe distratto il ragazzo causando la caduta dell'Olimpo.

Poi, dopo la caduta di Crono, le aveva lasciato il via libera. Ma Percy era misteriosamente sparito dalla circolazione e poi, con Gea e tutti gli altri problemi, nessuno aveva più toccato l'argomento.
Ma, adesso che cel l'aveva davanti, non sapeva come comportarsi con lui.
Ormai erano passati dieci anni da quando giocavano insieme, da quando Percy era un bellissimo ma ingenuo bambino iperattivo.
Ora era un uomo fatto e finito, aveva partecipato a due guerre ed era stimato dalla maggior parte delle divinità come il più potente semidio della storia.

A cosa gli poteva servire una sorella maggiore? A difendersi no di certo.
E poi, ormai Percy si era creato il suo equilibrio di vita, una sorella ritrovata avrebbe solo incasinato le cose.

I due fratelli erano ormai arrivati al laghetto da alcuni minuti, si erano seduti sul molo ed avevano immerso i piedi nell'acqua.
Percy non la smetteva di guardare Elisabeth, avendo paura di vederla sparire da un momento all'altro. 
Non riusciva a credere che la sua sorellona, quella che lo aiutava a mandare via i bulli fuori da scuola, fosse davanti a lui.
Ma anche il ragazzo, esattamente come lei, non sapeva in che modo comportarsi.
Tra i due si era creato un silenzio imbarazzante, che lui cercò di rompere.

"Dei, mi sei mancata tantissimo." Disse prendendole la mano.
Lei gli sorrise "Anche tu."
Nessuno dei due sapeva cosa dire, anche se ne avevano entrambi di cose da raccontarsi.

"Non riesco a crede di averti qui, davanti a me. Dei, Liz, mi dispiace di essermi dimenticato di te, di non averti cercata." Disse Percy stringendole la mano.
Lei gliela strinse a sua volta "Non dipendeva da te, papà ha voluto che dimenticassi, lo ha fatto per il tuo bene."

"Ma tu non mi hai dimenticato" notò lui.
"Uno dei due doveva ricordare, non credi?"
Elisabeth iniziò a disegnare di cerchi nell'acqua con le punte dei piedi.

"Liz?"
"Si, piccolo Calamaro?"
"Perché non mi hai mai cercato?" Non c'era risentimento nel tono di Percy, solo curiosità. Non era arrabbiato con lei per non averlo cercato negli anni trascorsi, ma era desideroso di sapere.
"Non potevo. Poseidone e Apollo me lo hanno ordinato. Io non volevo, ma era per il tuo bene." Disse lei alzando lo sguardo e ancorando le iridi marine del fratello alle sue.
"Se Zeus si fosse insospettito e ti avesse trovato..."
La voce le si incrinò. "Dei, Percy non so cosa avrei fatto se ti fosse successo qualcosa."
In un secondo tutte emozioni che aveva provato in quegli anni di lontananza si riversarono dentro il suo cuore. La nostalgia, il dolore, la tristezza.
Le lacrime iniziarono a sgorgare, calde, dai suoi occhi.
Lo sguardo di Percy si posò sul viso di Elisabeth, riuscendo e capirne le emozioni.
Non disse niente, la abbracciò e basta. Le fece sentire tutto l'affetto e l'amore fraterno provato nei suoi confronti, avvolgendole le spalle con le braccia muscolose.
Lei appoggiò la testa sulla sua spalla e diede sfogo ad un grande e lungo pianto liberatorio, pianse tutte le lacrime che si era tenuta dentro al momento della separazione.
Inspirò lentamente l'odore di salsedine proveniente dalla pelle del ragazzo, crogiolandosi tra le sue braccia.
Non c'era bisogno di parole tra i due, tutto si spiegava in quel contatto.
Rimasero così a lungo. Anche quando lei smise di piangere, loro rimasero stretti l'uno tra le braccia dell'altra.

Elisabeth sciolse l'abbraccio per tastarsi il collo, dopo svariati tentativi prese una catenina d'argento tra le dita. Quando mostrò il pendente a Percy, gli occhi del semidio si inumidirono.
La ragazza teneva tra le dita una piccola conchiglia rosea, con un buchino su un'estremità da cui passava la catenina.
Sorrise, felice che il ragazzo avesse riconosciuto il piccolo oggetto.

Un bambino dai capelli corvini correva per la spiaggia, felice.
Dietro di lui due donne, una sedicenne ed una donna che aveva da poco superato la ventina, cercavano di stargli dietro.
"Pierce, aspettaci!" Urlò la ragazza. Ormai il sole stava tramontando, la spiaggia era deserta. L'unico rumore che si sentiva era quello delle onde che si infrangevano sulla sabbia.
Il piccolo, senza ascoltare gli avvertimenti delle due, correva spensierato verso alcuni grandi massi (poi avrebbe scoperto che si chiamavano scogli) vicino all'acqua.
La donna più anziana si fermò per prendere fiato e appoggiare il telo da mare sulla sabbia. L'altra, fermatasi anche lei, non toglieva gli occhi dal piccolo.
"È inutile Sally, non riusciremo mai a stargli dietro." Disse con un mezzo sorriso.
Sally sorrise, portandosi alcuni ciuffi ribelli dietro l'orecchio. "Degno figlio di suo padre."
Quando le due si girarono verso il bambino, però, si accorsero che era sparito.
"Vado a cercarlo" disse la ragazza, pregando una divinità a caso, andò a vedere se per caso il bambino era dietro agli scogli.
Quello che vide la lasciò di stucco.
Percy era in piedi e teneva in mano una conchiglia che aveva sfumature rosa e la guardava curioso.
Davanti a lui c'era un uomo sulla trentina. Aveva i capelli e la barba neri, gli occhi dello stesso colore del mare e portava una camicia hawaiana dalle dubbie origini.
L'uomo era inginocchiato per far si che lui e il bimbo fossero più o meno alla stessa altezza e gli sorrideva con calore.
Percy gli stava parlando con il tono innocente caratteristico di tutti i bambini di cinque anni.
"Checcos'è?"
L'uomo represse una risata "Questa, piccolo è una conchiglia."
Percy annuì come se avesse capito, poi lo guardò con un'espressione confusa "E checccos'è una conchiia?"
"È la casa dei molluschi; questa però è vuota, significa che il piccolo mollusco ha deciso di traslocare."
"Capito." Disse Percy concentrato cercando di imprimere nella memoria l'informazione ricevuta.
"Signore?" Chiese "Che cosa ci devo fare io con una conchiia?"
Lui sorrise al piccolo "Vediamo" disse facendo finta di pensare "Potresti regalarla alla tua ragazza , faresti un figurone!"
Il bambino lo guardò perplesso "Io non ho nessuna ragazza. Però ho una sorella." Disse "Va bene lo stesso se la regalo a mia sorella?"
"Certo. Puoi darla a chi vuoi." Rispose l'uomo alzando lo sguardo e notando la ragazza che li fissava vicino agli scogli. "È quella, tua sorella?" Chiese a Percy.
Lui si girò e annuì "Si!" Disse correndo verso di lei. La ragazza, riconosciuto l'uomo, aveva iniziato a camminare verso i due.
Percy si fermò a metà strada e tornò indietro. "Grazie signore."
"Grazie a te Perseus."
"Come fa a sapere come mi chiamo?" Chiese il bambino.
L'uomo gli fece l'occhilino "Sono il dio del mare, io so tutto."

La ragazza appoggiò la testa sulla spalla di Percy e lui le mise un braccio intorno alle spalle.
Poi, piano piano, iniziarono a raccontarsi le reciproche avventure.
Percy le raccontò di quando aveva scoperto di essere un semidio, di Gabe il Puzzone e del Minotauro. Le descrisse il suo primo incontro con Annabeth sorridendo al ricordo mentre lei si sbellicava dalle risate a causa di "quando dormi sbavi".
Elisabeth gli raccontò di come si era mescolata ai mortali per nascondersi da Crono mentre si svolgeva la battaglia e di come, disubbidendo a loro padre, lo aveva aiutato a creare il tornado durante lo scontro con Iperione.
Passarono il resto del pomeriggio lì sul molo, a raccontarsi episodi divertenti della loro vita durante la separazione e a punzecchiarsi a vicenda con vecchie scaramucce.
Saltarono la cena, rimanendo a parlare.

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