Dodicesimo

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Nonostante i rimproveri di Steve e i dolori di Bucky, il povero ragazzo ferito riuscì sempre a rubare una sigaretta dal pacchetto del signor Rogers; il povero uomo era troppo stanco la sera per rendersi conto del piccolo furto, lasciando a James libero accesso ad un capriccio quotidiano.
Era un ottimo bugiardo e un genio nell'escogitare migliaia di modi per coprire la puzza di fumo. Sarah non aveva nemmeno il minimo sospetto del fumatore incallito di casa, forse per la troppa ingenuità e fiducia che aveva nei confronti ragazzo. Ma Steve lo sapeva, lo sapeva e come. Non era più complice di questa storiella, era arrabbiato con Bucky, credeva che non aiutandolo nel suo intento il moro fosse troppo debole e dolorante per procurarsi da solo il bottino, ma si sbagliava di grosso, difatti, il maggiore ignorava qualsiasi cosa pur di arrivare alle tanto agogniate sigarette.
Rogers era furibondo, non solo perché il fumo passivo che si annidava nella carta da parati della sua stanza gli dava la nausea, ma anche perché sapeva che niente di tutta quella storia facesse bene a Bucky.
Il fine settimana era finalmente arrivato, sfinito, il minore stava ritornando a casa stavolta con meno entusiasmo del solito. Un bulletto gli aveva rubato il pranzo, e lui aveva immediatamente reagito, prendendosi solamente un pugno nell'occhio, che aveva preso le tonalità del viola e del grigio.
Aprì la porta di casa lanciando la cartella per terra, era solo in casa, i suoi genitori sarebbero tornati da lavoro fra qualche ora.
«Bucky, sono a casa!» avvertì stanco alzando la voce.
Come risposta sentì un'imprecazione provenire dalla cucina.
«Bucky?» la voce di Steve era confusa, avanzando insospettito dalla fonte del mormorìo.
James era seduto in terra, con le spalle appoggiate contro la parete, massaggiandosi le costole con espressione sofferente.
«Buck, cosa diavolo è successo?!» domandò Steve inginocchiandosi verso il compagno, cercando di aiutarlo a mettersi dritto.
«Sono venuto in cucina a prendere una sigaretta, ma la caviglia mi ha abbandonato per un istante... Merda...» rispose lui a denti stretti, arricciando il naso e continuando a massaggiarsi il busto.
«Adesso basta Bucky!» strillò Steve infuriato, alzandosi in piedi difronte a Barnes, che lo guardò dal basso verso l'alto, confuso da quella reazione.
«Questa storia deve finire! Smettila una volta per tutte di intossicarti con quel veleno, e cerca di rimetterti in piedi! Non voglio che anche tu diventi come me! Non voglio che correndo, tu rimanga indietro senza fiato! Voglio che tu ti rimetta presto, io non ce la faccio più da solo!» sbraitò il biondo, con le mani che tremavano e gli occhi lucidi.
«Cosa hai fatto all'occhio?» chiese serio il maggiore, tirandosi su' con i gomiti.
Steve non rispose, voltandosi di profilo, evitando un contatto visivo con Bucky, per non dargli la soddisfazione di farsi dire "Te l'avevo detto di non cacciarti nei guai"
James sospirò, alzandosi in piedi e reggendosi sulla cucina in legno, zoppicando a passo leggero alle spalle di Steve, sussurrandogli:
«Hai ragione Stevie, sono solo un cretino, non fumerò più, intesi? E per farmi perdonare, stasera ti porterò al luna park.» disse; il suo tono era dolce, ma allo stesso tempo strozzato dai sensi di colpa. Perché doveva essere sempre così idiota? Perché non seguiva mai i consigli di Steve?
«A-al luna park? Ma la tua caviglia, e-e....» balbettò preoccupato il ragazzino, voltandosi di scatto verso il più alto, con il viso a pochi centimetri dal suo.
«La caviglia? Credi che abbia ancora bisogno di certe raccomandazioni da infermiera? Sto benone, punk! Vedilo come un appuntamento, come quello fra due innamorati. Ti straccerò con il tiro al bersaglio, vedrai!» concluse gesticolando in maniera spiritosa, zoppicando con fierezza verso la loro camera, salendo lentamente le brevi scale che lo separavano dalla meta.
«Non proverai a baciarmi, non è vero?!» domandò spaventato il biondo, correndo verso la sua direzione e fermandosi al primo scalino.
Bucky scrollò le spalle sarcastico: «Può darsi.» e chiuse la porta, lasciando ribollire di vergogna e ansia il compagno al piano inferiore, che stava prendendo la stessa tonalità dei pomodori del fruttivendolo vicino la metro.

«Allora divertitevi ragazzi, e state attenti!» la madre di Steve aveva accompagnato i due non appena il sole era tramontato, il tramonto rendeva più suggestivo quel panorama, fatto di luci colorate e musica, con il profumo delle mele caramellate che circondava le giostre più piccole e rumorose.
In mezzo alla confusione, fu semplice perdere la signora Rogers, che aveva dato il coprifuoco per le dieci e mezzo.
Era come un deja vu, soltanto che questa volta il fragile ragazzino di Brooklyn non era spaventato, al contrario, si sentiva come il re del mondo, con al fianco il quindicenne zoppicante che annunciava un'espressione fiera e sicura.
«Cosa vuoi fare per prima cosa, signor Rogers?» domandò suadente Bucky, girando il capo verso Steve, che palpitò dall'imbarazzo.
«Beh, ecco...io...» balbettò grattandosi la nuca, rendendosi conto che James si era fermato davanti a lui e lo aveva obbligato a fermarsi.
«Sembra quasi la prima volta che usciamo insieme, sta tranquillo Steve. È per quello che ho detto oggi? Se ti dà fastidio non vederlo come un appuntamento, piuttosto... Come una serata fra amici...» cercò di rassicuralo, da una parte deluso, dall'altra preoccupato per il comportamento insolito del ragazzo.
«No!» rispose lui con tono alto e preoccupato, facendo fare a Bucky una faccia buffa, come quelle che raffigurano la totale confusione.
«Come desideri, sembri quasi una ragazzina in preda agli ormoni. Allora vieni, decido io, coraggio!» concluse, afferrandogli il polso e cercando di camminare a passo veloce verso la folla, calpestando la polvere del terriccio sotto i loro piedi con la sua andatura zoppa, fermandosi davanti ad una bancarella di tiro al bersaglio con le freccette.
Pagò con qualche centesimo la partita, lanciando quelle veloci e piccole frecce tutte vicino al centro del bersaglio.
«Cavolo! Non ho vinto nulla, sarà meglio conservare gli altri soldi per dopo...» brontolò il ragazzo, allontanandosi dalla bancarella.
«Secondo me sei stato bravissimo, io non sarei riuscito a centrare nemmeno il muro!» sdrammatizzò Steve sorridendo, seguendo Bucky, che venne attirato da un delizioso profumo di zucchero: non poteva resistere ai dolci.
Come se un miracolo divino gli avesse guarito magicamente la caviglia, sgambettò seguendo l'odore del cibo, trovandosi difronte ad un piccolo venditore ambulante di zucchero filato.
Senza pensarci due volte, comprò la stecca di zucchero rosa più grande che potesse permettersi con i suoi spiccioli tenendone sempre un po' da parte.
I ragazzi trovarono una polverosa panca di legno su cui sedere a gustare la nuvoletta di zucchero con calma, che rese appiccicose le loro dita.
«Cosa devi fare con qui soldi?» chiese incuriosito Steve, aggrottando la fronte, riferendosi al gruzzoletto di risparmi tenuto stretto da Bucky.
«Ora vedrai.» rispose ostinato il ragazzo, inghiottendo l'ultimo pezzo di zucchero sul bastoncino, afferrando con la mano unta dal dolciume il polso di Steve ancora una volta, e zigzagando così in mezzo ai marmocchi che strillavano entusiasti.
Senza fare domande, il minore si trovò seduto su uno scomodo seggiolino della ruota panoramica.
«Allora era per questo che tenevi gli ultimi centesimi da parte.» disse spiritosamente il ragazzino, cerando di essere sarcastico.
«Già.» annuì fiero il maggiore, mantenendo il profilo dritto verso il cielo nero.
Steve non disse nulla, incantato dalla figura in penombra brillante di Bucky; la luce della ruota contornava i lineamenti scuri del ragazzo, finché la giostra non raggiunse il cielo, e le stelle fecero risplendere quei due occhi verdi che si girarono verso il ragazzino, quasi si mimetizzavano fra tutte quelle luci scintillanti, ed il sorriso sincero ed entusiasta di James formò una deliziosa fossetta sulla guancia destra, ancora un po' sporca dalla zucchero.
Steve lo guardò totalmente rapito da ogni dettaglio di quel ragazzo. Un impulso proveniente dallo stomaco fece palpitare Rogers, il quale non sentiva le farfalle, ma un intero stormo di aquile dentro.
Il giro della ruota si concluse, riportandoli a terra, dopo un totale silenzio rassicurante e sincero.
«Seguimi e non fare domande.» disse agitato Steve, prendendo la mano di Bucky e cercando un posto isolato dove sostare, il più lontano possibile da tutto quel contesto.
Con il fiato corto, finalmente il ragazzino trovò un posto degno dove nascondersi, fra gli alberi e la polvere marrone, con un tiepido filo di vento che trasportava il suono del vocio e della musica delle giostre ormai lontane.
«Come mai sei scappato così di corsa? Hai per caso visto un fantasma?» domandò sorridendo, muovendosi sul posto, cercando di scaricare l'adrenalina della corsa.
Nessuna risposta venne data alla spiritosa domanda di Bucky, tranne che le labbra morbide e ansimanti di Steve. Nel buio della sera, fra il fruscio delle foglie, le labbra di James sapevano di tabacco addolcito da una tenera essenza di zucchero, morbide e calde, che massaggiarono divinamente quelle del ragazzino che ricambiò con foga quel movimento naturale, puro ed incondizionato.
Si staccarono l'uno dall'altro dopo pochi secondi, le mani del maggiore erano avvolte intorno alla vita del minore, che sfiorò con i palmi della mano gli zigomi scuri del ragazzo.
«Non potevo più aspettare.» sussurrò Steve.
«Neanch'io.» rispose Bucky socchiudendo gli occhi.
«Sarà il nostro segreto fino alla fine.» le labbra calde del biondo si avvicinarono all'orecchio di Barnes, che rispose con lo stesso tono basso ed ansimante: «Fino alla fine.»

Brooklyn ||Stucky|| ✔Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt