12.

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Thomas rimase imbambolato qualche secondo. Non era sicuro di aver sentito bene anche perchè, dopo quelle parole, Ronald si allontanò per dare un sorso di vino come se nulla fosse.

«Ho del lavoro da sbrigare quindi sistemo qua e vado nello studio»

«Cosa?» il biondino non aveva ascoltato una sola parola.

«Ho detto che ho del lavoro da sbrigare, quindi sistemo e vado nello studio, anzi, mi farebbe piacere se controllassi dei fascicoli»

«Oh, si certo. Vai. Ci penso io qua, è il minimo. Ti raggiungo tra poco»

«Sicuro?»

«Sicuro»

Thomas perse tempo appositamente. Sistemò con lentezza il ripiano su cui avevano cenato, sciacquò i piatti come se avesse tutto il giorno e, ancora più lentamente, li inserì nella lavastoviglie. Non sapeva come prendere quella "confessione", e non sapeva neanche se si trattasse realmente di questo. Non era tanto sicuro di riuscire a superare quei due giorni, in realtà forse non avrebbe superato la notte. Con passo lento e misurato si avvicinò nella stanza che ricordava fosse lo studio, aprì la porta e trovò Ronald, dietro la scrivania, con espressione concentrata.

«Cosa posso fare?» domandò optando per un tono disinvolto.

«Puoi vedere se questi rendiconti sono giusti? Se ne sono occupati quegli incompetenti dell'internato e sono certo abbiano sbagliato tutto»

«Certo, ci penso io. Va bene se me li porto dietro? Sono un po' stanco»

«Sì, vai, vengo a prenderli dopo»

Thomas era davvero stanco, ma in realtà non voleva passare altro tempo nella stessa stanza con lui, perchè sarebbe stato imbarazzante e non sarebbe riuscito a concentrarsi sul avoro. Si diresse così verso la sua stanza temporanea e si sdraiò sul letto a pancia sotto, iniziando a sfogliare i documenti con la solita penna rossa nella mano, pronto a correggere eventuali errori. Pian piano però il sonno fece capolinea, gli occhi di Thomas si chiudevano per qualche secondo per poi riaprirsi, finchè il giovane lasciò cadere la testa sui documenti, usandoli come cuscino, cadendo in un sonno profondo.

Un paio di ore dopo Ronald entrò nella stanza del suo assistente e rimase bloccato di fronte a quella scena: Thomas era sdraiato a pancia sotto, con la testa di lato nella sua direzione, qualche ciuffo biondo che gli ricadeva sugli occhi chiusi e la bocca semiaperta da cui emetteva sottili suoni a tempo con il suo respiro. Ronald rimase qualche secondo a fissarlo, poi si avvicinò, piano, alzò leggermente la testa del ragazzo, portandogli una ciocca ribelle dietro l'orecchio e prese il fascicolo.

«Ro-nald» disse nel sogno Thomas. Ronald fece un piccolo sorriso.

«Sono qua» bisbigliò

«Non- non anda-re»

«Non vado da nessuna parte» rispose al giovane dormiente per poi posargli una coperta addosso e spegnere il lume, uscendo dalla stanza dopo essersi chiuso la porta alle spalle.

**

La mattina seguente, Thomas, si svegliò pieno di dolori per via della posizione scomoda. Si era addormentato mentre lavorava, adesso si ricordava. Si ritrovò con una coperta addosso e i fascicoli non erano più nella sua stanza.

"Forse Ronald..." pensò. Ma effettivamente chi altro poteva essere stato? Erano soltanto loro due in quella casa. Controllò l'ora, erano le sette, ancora era abbastanza presto e casa di Ronald non distava molto dal lavoro. In più sarebbero andati con l'auto quindi Thomas era assolutamente in anticipo sulla tabella di marcia. Si alzò per andare al bagno. Svuotò la vescica, lavò i denti e cercò di sistemare i capelli ribelli, più lunghi del solito.

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