( Capitolo 1 ) Tracy Spielmann

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Da quando aveva conosciuto quel ragazzo le cose non stavano andando nel modo in cui aveva sempre sperato.
" Siamo due pezzi storti e sbagliati che stranamente si incastrano" era la frase che, più di tutte, l'aveva colpita totalmente: la faceva  sentire amata da qualcuno che, come lei, poteva pensarla allo stesso modo per quanto riguardava la vita.
E la cosa che non le andava molto a genio era che, più di tutti, proprio con lui si era aperta: fino a notte tarda a confidargli segreti e piccole bugie, le finte litigate nate per ironizzare,le promesse che oramai ( almeno da parte della ragazza) potevano tranquillamente non avere nemmeno valenza.
Era stata, per l'ennesima volta, "fregata" da quello strano sentimento che quasi tutti avevano sperimentato ed apprezzato.
Aveva ripromesso a se stessa che non avrebbe più fatto una cosa del genere con nessun altro.
Ma errare è umano: se avesse mantenuto la parola sarebbe stata solo uno stupido animale da zoo nato solo per procreare cuccioli e cacciare selvaggina per il rancio di tribù!
L'aveva conosciuto poco prima di Halloween al campo da tennis, quello al di là la recinzione del liceo e gli alti alberi,a fine di una durissima lezione di Matematica: lui non aveva fatto altro che osservarla da seduto in fondo all'aula, contemplare il modo in cui faceva dondolare il piede e come si sistemava una ciocca dietro l'orecchio.
Il modo in cui la fissava e storceva il naso ( - sembra proprio un coniglietto, Lucy! – sussurrava alle orecchie della sua compagnia di banco mentre toglieva il tappetto dalla penna biro e tracciava una grande "radice" sul liso foglio bianco ) l'aveva quasi catturata sia mentalmente che fisicamente, per non parlare di quella sorta di "tic nervoso" che sistematicamente ripeteva fra uno sguardo a lei ed uno al libro: la mano sinistra affondava fra i capelli, li scompigliava per poi tornare a sfiorare le pagine consunte del grande tomo.
Presero ad uscire quasi da subito: il finesettimana sulla grande Jeep, mano per mano, sorseggiando birra aromatizzata ma gelata, ridendo osservando le foglie cadere dagli alberi per poi parcheggiare e sdraiarsi all'ombra di una quercia che faceva da "cornice" ad una grande casa "abitata da spettri e creature della notte"
- La prima volta che ti vidi mi sei sembrata  una dolorosa poesia di Baudelaire striata da lacrime e inchiostro colato, dico sul serio!
Una di quelle poesie che attaccano col parlar d'amore ma terminano con morte e disperazione... -
La prima volta che uscirono, prima del loro primo ( stupido dire che fu dato troppo in fretta) bacio questo esclamò il giovane.
Col senno del poi capì che lo aveva fatto solo semplicemente per fare scena ma, li per li, lo aiutò a farsi vedere dalla ragazza con l'occhio giusto.
E discorsi andavano avanti con lo stesso andamento per giorni e giorni e nulla le faceva pensare che fosse tutta una presa in giro.
Ma poi, col trascorrere del tempo, le cose andarono a logorarsi: lei venne messa da parte, nei corridoi scolastici lo vedeva parlottare con altre ragazze e le loro lunghe chiacchierate si trasformarono in monologhi composti da poche sillabe e molta delusione.
E molte ferite.

Avevano ripreso a frequentarsi con la speranza che tutto non sarebbe ri-accaduto ma, nuovamente, riprese il suo piccolo "Incubo" ma lo prese con un altro verso: era a conoscenza delle sue scappatelle,delle sue fugace "chiacchierate notturne con altre giovani"  ma aveva accettato tutto questo semplicemente perché odiava molto più esser lontana da lui che saperlo con altre ragazze.
Provava verso di lui un sentimento che nessuno mai le aveva fatto provare e che tutte ne avevano sempre parlato infiammandosi le guance e con una risatina stampata sulle labbra.
Molte potevano anche esser più belle di lei, più formose o molto più intelligenti ma poco le importava: le giornate le trascorreva anche con lei, un perché ci doveva pur stare!
Una cosa, però, aveva deciso non avrebbe più fatto: non si sarebbe più mostrata vulnerabile.
Col passare delle settimane, infatti, si era creata una sorta di "corrazza" o "seconda pelle" con la quale riusciva a non ferirsi dal suo modo di fare.
Nascondeva i grandi segni permanenti tracciati sui polsi con bracciali in pelle e bandane, quando dovevano uscire mescolava qualche goccia di ansiolitici della madre con dell'acqua fresca e buttava giu per poi vedersi con un grande sorriso e imporpora mento generale.
Di solito la portava a prendere gelato o bere una birra ma quella era una serata particolare, la festa della comunità capitava una volta l'anno e,quando questo si verificava, nessuno appezzava chiudersi in casa nemmeno la sera!
Uscivano in strada, urlavano festosi, si ubriacavano e si stringevano le mani come fossero conoscenti da una vita.
E quella sera, forse per l'euforia generale o forse perché doveva andare così, la prese per mano trascinandola per ogni viale cittadino baciandola di tanto in tanto e lanciandole risatine felici ed estasiate.
Mangiarono e beverono come nulla fosse, proprio come fossero una coppia normale: Tracy era felice, raggiante, estasiata..
Ma quando vide che la stava portando verso il boschetto limitrofo la "Stradina Laterale" ( chiamata così dai cittadini semplicemente perché andava a creare una sorta di perimetro perfetto della cittadina ) la sua magica pace interiore terminò e il senso di angoscia riprese: l'avrebbe fatta sedere sulla panchina ( così fece), le avrebbe mormorato una qualche parola dolce ( fatto anche questo ) per poi addentrarsi nella macchia " per qualche minuto" ( cosi fece ).
il tutto bendandola in modo tale che ( come le diceva sempre ) non avrebbe visto la sorpresa presa per lei.

"  La prima volta che ti vidi mi sei sembrata  una dolorosa poesia di Baudelaire striata da lacrime e inchiostro colato, dico sul serio! "

L'ultima cosa che si sentì dire prima di lasciare quello stupido e ridicolo villaggio dell'America del Nord in cui era nata fu una delle esclamazioni più belle e penetranti che avesse mai sentito.
In tutta la sua vita nessuno, ne parenti e ne amici, era mai riuscito a fargli strappare un sorriso con annessa lacrima: quelli di prima eran solo spensieratezza giovanile scaturita da battute adolescenziali molto stupide e senza rigor di logica.
Ma quegli occhi a mandorla acerbi e quella bocca incastonata da denti regolari e simili a perle si era spinto oltre, come se le leggi della "natura adolescenziale" fossero acqua fresca e lui un semplice burattinaio.
E lei il suo burattino dai lunghi capelli color mogano ed amorfa come il legno più vivo.
Era nato tutto per gioco, uno stupido scherzo da coppietta così naturale e logico che non lasciava indizi del suo epilogo: le aveva fatto bendare gli occhi e,dopo uno sfuggevole bacio, sentì che si era inoltrato nel fitto del bosco lasciandola seduta su di quella panchina fredda ma
Sapeva di esser felice di quello che stavano per fare.
Percepiva il proprio cuore battere all'impazzata e piccole goccioline di sudore scendere lungo la fronte per poi perdersi chissà dove mentre, nel cuore della boscaglia, il ragazzo correva in una scherzosa fuga d'amore.
Le aveva promesso che sarebbe tornato con una sorpresa, le aveva semplicemente detto che sarebbe tornato nel giro di qualche minuto: doveva solo arrivare al ruscello, prendere "una cosa" e fare ritorno nel giro di cinque minuti ( in realtà si sarebbe scambiato qualche bacio con "una ninfa dei boschi"per poi tornare da lei)
Ma, se in un primo momento tutto il suo corpo veniva percorso da eccitazione e furore, col passar dei minuti mutò in uno strano senso di irrequietezza e nervosismo.
Sentiva il rombo del vento che, dal nord, sfiorava le foglie ingiallite dall'Autunno per poi farle cadere tutto attorno a lei.
I lupi che ululavano lontano alternando la loro naturalezza alla sinteticità dell'urbanità limitrofa: urla felici, motori di auto, slogan promozionali di attrezzature da giardino o programmi televisivi.
Ma sembrava come se tutto stesse andando a rallentatore, come se un filtro selezionasse quello "che poteva passare e chi no".
L'attesa, nata da felicità, la stava portando in un turbinio di ansia ed agitazione.
Il suo cuore battè ancora più forte mentre, piano piano, andò a togliersi la benda avvolta attorno la testa e,dopo averla gettata, abbandonò quel nido in metallo laccato in verde inoltrandosi nel bosco.
Col sennò del poi non si ricordò mai il modo in cui, così frettolosamente, era riuscita a giungere in un punto così sperduto del bosco.
Unica cosa che non riuscì a togliere dalla sua testa era quella pozza di sangue fresco "sedimentata" fra il marciume delle foglie e, a pochi passi, il corpo agonizzante del ragazzo.
E quel corpo sgozzato e lasciato a terra.
Aveva ancora la mano stretta attorno ad un mazzo di candide rose adornate da un filo azzurro cielo.
E, come se una grande mano avesse mosso l'interruttore della sua gola, tutta la paura scaturì dalla sua bocca: un urlo lancinante che venne percepito perfino fra i cittadini in festa.
Il finestrino di una macchina si incrinò.
Una dolce vecchietta, il giorno dopo, venne trovata accasciata nella sua cucina.

Un doloroso BaudelaireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora