Capitolo 21 - Scontro

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−Cosa ci fai qui?

Elise era incredula. Per alcuni secondi le riuscì difficile pure respirare. Davida la fissava con quel suo caratteristico sguardo freddo. La posa rigida e la testa alta. In quel momento faticò ad immaginarla come la ragazza più dolce di Skye. In verità, le fu quasi impossibile.

Con inflessibile eleganza, la osservò alzarsi dal materasso. Il leggero cigolio delle molle e lo sfrusciare delle coperte la fecero pentire di non aver rifatto il letto.

−Andiamo in cucina. Ho bisogno di una tazza di tè.

Con le spalle dritte e non degnandola di troppe attenzioni, la superò e notando che le aveva appena parlato in inglese, la seguì. Sua nonna parlava in inglese solo in due occasioni: quando stava cercando di trattenere la rabbia o quando era necessario. E con lei l'inglese non era mai stato necessario.

Stranamente non si sentiva né intimidita, né preoccupata. Forse sorpresa e un po' nervosa, ma nulla di più. Ora la sua vita era lì. Era una vilia, la vilia di Skye. Aveva Fenris, Eir, Shireen e tutto il resto del branco a sostenerla. Non le avrebbe più permesso di interferire.

La studiò mentre riempiva il bollitore d'acqua e prendeva, dal ripiano sopra al lavello, due tazze. Assottigliò lo sguardo e incrociò le braccia al petto nel rendersi conto che aveva curiosato in giro senza il suo permesso.

−Vedo che le vecchie abitudini sono dure a morire. Hai avuto tutto il tempo per ficcanasare tra le mie cose o devo andare a fare un giro?

−Elise!

Si era voltata di scatto. Gli occhi sgranati indignata nel sentirla parlare in quel modo. Elise sospirò e, poggiandosi al tavolo, fece scontrare i loro sguardi. Dopo lo spettacolo di Neall e Fenris, parlare con sua nonna era l'ultima delle cose che aveva voglia di fare. Voleva solo che quella serata finisse alla svelta.

−Non prendiamoci in giro, ok? Cosa ci fai qui? Ti ha chiamato Riane?

L'umana, stizzita, tornò ad occuparsi del tè. Facendo calare il silenzio, uno dei suoi metodi preferiti per metterla a disagio, riempì le tazze di acqua bollente ed immerse i filtri. Aggiunse lo zucchero e con movimenti calibrati, senza far tintinnare i cucchiaini, mescolo la bevanda calda. Infine gli offrì una tazza.

−Riane mi ha chiamata, sì. Ma non sono qui per questo. Sei qui da diversi mesi ormai e non mi hai mai telefonato. Hai telefonato ai tuoi genitori, hai parlato con nonno, ma con me non hai mai voluto parlare. Cosa stai combinando?

La ragazza non riuscì a trattenere un sorriso ironico e per una volta non cercò nemmeno di controllare le sue emozioni o il suo potere. Come da copione, sentì il vento iniziare ad alzarsi e soffiare sulla casa.

−Quello che è giusto, nonna. Tu puoi dire altrettanto?

−Come ti permetti?!

Davida pareva sconvolta e furiosa. I grandi occhi chiari spalancati e accesi da lampi di rabbia, la bocca stretta in una linea dura e i pugni serrati lungo i fianchi. Alzò il mento e si preparò psicologicamente allo scontro. Era arrivato il momento.

−Ne ho tutto il diritto. Sei entrata in casa mia senza permesso. Sei qui a pretendere chissà cosa, quando per tutto il tempo non hai fatto altro che mentirmi e controllarmi. Non te lo permetterò più, quindi ora puoi accettarlo e agire di conseguenza o andartene. A te la scelta.

La tensione caricava l'aria. Davida era pietrificata. Elise combattiva.

−Tu non puoi...

Il sussurro dell'anziana si disperse nell'onda di energia che la vilia le fece scivolare addosso. I tuoni avevano preso a risuonare in lontananza. Non aveva nessuna intenzione di intimorirla, voleva solo farle comprendere le conseguenze delle sue azioni. La vide trattenne il respiro, stringendosi nelle spalle e portandosi una mano alle labbra.

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