Capitolo 1

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"Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, ecco tutto."
Oscar Wilde

Oggi

I Nickelback stavano suonando già da cinque minuti quando allungai la mano per afferrare il cellulare. Quando lessi il nome sul display, alzai gli occhi al cielo e pigiai il tasto verde.
<< Che diavolo vuoi Bonnie? >> borbottai portandomi il cuscino sul viso frustrata.
<< Evy! Sai che ore sono? Per la miseria! stai ancora dormendo!>>ancora con gli occhi annebbiati dal sonno diedi un'occhiata all'orologio sul muro, segnava le otto.
<< Porca!>> mi fiondai fuori dal letto inciampando nel lenzuolo e riuscendo fortunatamente a non finire a faccia a terra.
<< Dammi il tempo di vestirmi B. e arrivo! >>
Dopo l'imprecazioni di Bonnie lanciai il cellulare sulla scrivania, cercando nel caos della mia stanza la divisa del Bull Country << Eccoti! >>
Infilai la camicia a quadretti, legandola con un nodo poco più sotto del seno e misi gli short di jeans a vita alta. Afferrai gli stivali da cowgirl infilandoli saltellando mentre entravo nel piccolo bagno. Legai i capelli in una coda alta e mi lavai velocemente denti e viso, dove -grazie alla mia solita fortuna - mi finí il sapone negli occhi. Così intorno alle iridi color melassa erano spuntate tante screziature rosse.
-Perfetto!-
Sbuffando presi la borsa e mi fiondai fuori dalla stanza correndo giù per le vecchie scale, afferai le chiavi dell'auto e diedi una sbirciatina al soggiorno prima di uscire. Come sempre, trovai mio padre a russare con la bocca spalancata e la testa che dondolava dal divano in modo innaturale, scossi la testa disgustata ed uscii da quella catapecchia che una volta chiamavo casa. Abitavo
ai confini di Pecos County
in un piccolo Ranch. Quest'ultimo apparteneva ai miei nonni paterni e da piccola, ogni volta che andavamo a trovarli, per me era come arrivare in paradiso. Ricordavo ancora il profumo e la morbidezza della famosa torta di mele di nonna Katty, mentre seduta sulla staccionata
- a gustarmi quella delizia - osservavo nonno Jo in sella a Phoenix,il mio cavallo preferito.
Il nostro era una specie di rituale. La nonna mi portava una fetta di torta raccontandomi i soliti aneddoti della sua giovinezza, mentre guardava il nonno con occhi adoranti, e  dell'amore incondizionato verso quel vecchio signore da più di quarant'anni. Io ascoltavo ogni parola rapita, sperando che un giorno anch'io potessi ricevere e donare  quel tipo di amore. Dopo aver mangiato tutto il dolce, il nonno si avvicinava alla staccionata e mi prendeva tra le sue braccia, facendomi sedere avanti a lui. Era il momento della giornata che preferivo : sentire il vento addosso, sentire l'energia del cavallo mentre correva e le risate di nonno Jo avanti i miei urli euforici quando mi dimenvo con le braccia per salutare i miei genitori e Trent, che aspettava pazientemente il suo turno. Mamma e papà mi guardavano orgogliosi mentre si stringevano l'un l'altra. All'epoca era tutto perfetto e la mia vita non  era  ancora un inferno.

Scossi il capo cercando di allontanare quei ricordi preziosi ma anche dolorosi.
Salii sul vecchio Pick up,ormai di un verde sbiadito, l'unica cosa che aveva lasciato Trent prima di andarsene da un giorno all'altro. Misi in moto e accesi la radio che stava trasmettendo Funhouse di P!nk, presi gli occhiali da sole a goccia dal cruscotto e canticchiando partii per la città.
Arrivai al Bull dopo quindici minuti e parcheggiai vicino la vecchia camaro del padre di Bonnie. Il Bull Country era il locale più "in" della piccola città dov'ero cresciuta, dove la mattina si poteva gustare il caffè più squisito della contea mentre la sera servivamo la miglior birra alla spina della casa. Era anche il punto di riferimento serale di ogni "vero cowboy" che abitava nei dintorni.
Entrai nel locale dove  l'odore invitante del caffè mi investì le narici. Appoggiato con le braccia sul lungo bancone rustico c'era Bobby Jo il proprietario del pub. Era un'uomo di mezza età con i capelli biondi leggermente brizzolati e il  fisico robusto. Sul capo portava il suo solito Stetson bianco che ricadeva leggermente sui piccoli occhi grigi. Indossava la classica camicia di cotone nei jeans larghi e ai piedi i suoi stivali in cuoio preferiti. Lavoravo per Bobby Jo dal liceo facendo i turni pomeridiani, e una volta diplomata mi assunse come dipendente fisso. Bo' mi aveva sempre trattata come una di famiglia e io lo consideravo come lo zio che non avevo mai avuto. Sapeva quasi tutto sulla mia famiglia, sapeva che mia madre se n'era andata di casa quando avevo solo otto anni e che mio fratello Trent se ne andò la notte dei miei quindici, lasciandomi sola con un padre alcolizzato e violento. Ovviamente non avevo mai detto al mio capo del carattere irascibile di mio padre perché ero più che sicura che lo avrebbe preso a calci nel culo se glielo avessi solo accennato; a volte arrivavo a lavoro con labbra tumefatte o zoppicante ma mi   inventavo sempre scuse del tipo :
" Oh non è niente! Sono caduta dal letto" oppure " Sono andata a sbattere nello sportello dell ' auto, che sbadata!". Sapevo che erano scuse poco credibili, ma dopo una scrollata di spalle nessuno faceva più domande. C'erano solo due persone che conoscevano il mio piccolo segreto, e una di queste era Bonnie la mia sola e unica migliore amica.
<< Era ora che arrivassi bella addormentata! Muovi quel sedere da sballo e vieni a darmi una mano! >> urlò Bonnie da dietro il bancone. La raggiunsi e con una spallata dissi: << Hey riccioli d'oro! Sbaglio o ho sentito un filio di invidia quando hai nominato il mio didietro! >>  gli diedi le spalle dandomi una pacca sul mio fondoschiena per deriderla. Lei alzò gli occhioni azzurri al cielo mentre si passava una mano nei ricci color grano. Bonnie era minuta e snella, il seno era proporzionato alla sua piccola statura, eravamo molto diverse, e per questo ogni volta si lamentava delle mie forme piene. Sinceramente io mi piacevo così com'ero e non mi interessava quello che pensava la gente. Portovo una seconda abbondante, fianchi tondi come il sedere. Capelli scuri e  carnagione leggermente ambrata. Diciamo che rientravo nella categoria "ragazza normale" e mi stava bene così.
Mi voltai verso il capo che stava sghignazzando << Buongiorno Bobby Jo! Scusa se sono arrivata così in ritardo oggi, ma non ho sentito la sveglia >> lo saluti con un bacio sulla guancia per poi sorridergli.
<< Non preoccuparti Evy non è la fine del mondo se hai fatto qualche minuto di ritardo!>>  guardò l'orologio sul polso
<< E approposito di ritardo, ora devo proprio scappare ho un paio di commissioni da sbrigare, ci vediamo più tardi bimbe e per qualsiasi problema chiamatemi >> ci fece l'occhiolino mentre si allontanava dal bancone. Io e Bonnie lo salutammo in coro e poi iniziammo a servire i clienti che stavano iniziando ad entrare nel locale.
A metà mattinata arrivò Clyde nella sua salopette blu da meccanico, dove la sottomaglia bianca gli fasciava il torace magro e tonico. Aveva i capelli scompigliati e con una mano si scostava le ciocche castane dagli occhi scuri e gonfi, segno che si era appena svegliato. Conoscevo Clyde da quando avevo sette anni
era il migliore amico di Trent,gli trovò lui il lavoro nell'officiana del padre. Quando mio fratello se ne andò Cly mi rimase vicino, entrambi non avevamo la più pallida idea di dove fosse andato Trent ne il perché. L'unica cosa che sapevo di sicuro, e che erano passati cinque anni da quando era scomparso e Clyde non l'aveva ancora perdonato e forse neanche io.
<< 'Giorno ragazze.. >> ci salutò sbadigliando, gli preparai la sua solita tazza di caffè amaro, non aveva neanche bisogno di ordinare oramai, mentre con la coda dell'occhio "vedevo il fumo" uscire dal naso di Bonnie come un toro inferocito. Porsi la tazza a Cly sussirandogli un "Buona fortuna" e intanto mi occupai degli altri clienti mentre Bonnie gli sbraitava addosso e il poveretto l'assecondava frustato. Bonnie e Clyde stavano insieme da quando Bonnie frequentava il terzo anno di liceo, si sono conosciuti quando io e B. frequentavamo le scuole medie, periodo in quei nacque la nostra amicizia. Bonnie gli sbavava dietro d'allora ma ovviamente Clyde essendo più grande la considerava solo una ragazzina. Solo quando l'adolescenza trasformò B. in una donna, lui gli chiese un appuntamento e per me erano perfetti insieme. Lui calmo e spiritoso, lei isterica ma socievole,l'unica pecca era che litigavano cinque giorni su sette. Dopo mezz'ora di discussione fecero finalmente pace, Clyde andò a lavoro e verso ora di pranzo io e la mia amica facemmo cambio turno con le due liceali che attaccavano dalle due alle otto, in pratica fino al nostro rientro. Ci avvicinammo alle rispettive macchine ma prima di salutarci  Bonnie mi fermò.
<< Sai,mi ha detto Clyde che stasera dopo il lavoro passerà al locale con un cugino appena arrivato in città, magari potrebbe essere l'occasione giusta per trovarti finalmente un ragazzo >> sorrise maliziosa.
Sbuffai << Non iniziare B.! Quante volte devo dirti che non sono in cerca di una relazione? Sai che... >> alzò la mano per zittirmi.
<< Lo so, lo so!Tu e la tua fottuta fobia! Ma andiamo Evy! Lo so che è dura aprirsi con qualcuno dopo quello che hai passato ma non puoi rimanere sola a vita! Guardati! Sei bellissima, intelligente e non ti manca nulla. Non dico che devi trovarti un marito, ma magari potresti espandere le tue conoscenze, socializzare un po' di più>>.
Misi gli gli occhiali da sole sul naso e aprii lo sportello dell'auto senza guardarla,
<< Sto bene così grazie >> dissi in fine mettendomi seduta. Bonnie alzò le mani al cielo e entrò nella sua macchina. Lasciammo il parcheggio e prima di prendere strade diverse accostammo le macchine l'una di fianco all'altra.
<< Ci vediamo stasera allora,Miss asociale! >> esclamò facendo una smorfia. Risi, ma prima di andarmene chiesi curiosa
<< Sai chi è questo cugino di Clyde? >>.
Lei fece spallucce << Non ne ho idea, so solo che viene da un'altro Stato ed è il figlio del fratello di Roby Rey>>.
Roby Rey era il padre di Clyde,non che proprietario dell'officina Rey Rey.
-Strano non sapevo che Cly avesse un cugino.. Sapevo che Dorothy, la madre, era figlia unica e credevo che anche Roby Rey non avesse fratelli. -
Fui distratta dal bip del cellulare e  guardai l'ora. Dovevo sbrigarmi, oggi non avevo voglia di concludere la giornata con gambe o braccia doloranti.

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