School

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La sveglià suonò. Con dei gesti impacciati tentai di spegnerla ma non ne voleva sapere di smettere di suonare.
Mi alzai dal letto che ormai era solo un mucchio disordinato di lenzuola.
Riuscii finalmente a spegnere quella maledetta sveglia e, ancora intontita dal risveglio, mi chiesi quale fosse il motivo di quell'alzataccia. Poi ricordai. Il primo giorno di scuola.
Non mi preoccupai di andare in cucina visto che saltavo sempre la colazione. Tutti mi dicevano che era il pasto più importante della giornata e che facevo male a saltarlo quotidianamente, ma io non avevo mai un grande appetito.
Mi precipitai sotto la doccia per poi indossare i miei soliti vestiti. Maglietta di due taglie più grandi, jeans neri stracciati e le mie fidate Adidas. Recuperai il mio malandato zaino e scesi le scale senza badare allo stato dei miei capelli.
In salotto trovai Paul intento a leggere il giornale della mattina sulla sua nuova poltrona color caramello. Caroline era in cucina a sorseggiare una tazza di caffé. Quando mi vide quasi le venne un infarto. Era una donna molto premurosa e gli piaceva spendere i suoi soldi per comprarmi tanti capi d'abbigliamento trandy ma sapevamo tutte e due che sarebbero restati segregati nel mio armadio. I colori non facevano al caso mio. Amavo vestire con colori scuri, soprattutto il nero. Magliette larghe e comode con sopra il logo di qualche band. Nulla di vistoso.
<Tesoro, certo che avresti potuto indossare qualcosa di piú... Appropriato per il tuo primo giorno di scuola>
Diedi un occhiata al mio look e poi tornai a guardarla alzando le spalle.
<Okay, fa come ti pare ma sbrigati. L'autobus dovrebbe passare a momenti.>
Mi rivolse un sorriso e poi tornò al suo caffè.
Uscii di casa richiudendomi la porta dietro le spalle e mi avvicinai alla fermata dell'autobus proprio davanti casa mia.
Visto che il veicolo non era ancora arrivato mi misi le mie care cuffiette ed iniziai ad ascoltare la musica.
Completamente persa nelle note della canzone che stavo ascoltando chiusi gli occhi e mi sedetti sulla panchina piú vicina. Dopo una notte in preda agli incubi ed un risveglio tremendamente pesante, le palpebre iniziarono a calare e nel giro di un secondo mi addormentai.
Un clacson mi fece saltare e solo dopo un secondo mi accorsi che mi ero addormenta, di nuovo.
Mi capitava più spesso di quanto volessi ammettere. Un secondo ero nella vita reale ed il secondo dopo in quella dei sogni. Sei un idiota, una totale idiota.
Guardai l'orologio. Fortunatamente avevo dormito per pochi minuti ma ero comunque in ritardo e avevo perso l'autobus. Fantastico.
Mi misi in cammino ma ci avrei messo una vita per arrivare a scuola ed avevo solo otto minuti prima che iniziassero le lezioni.
Dopo due minuti di corsa e parolacce ripetute nella mia mente una dopo l'altra, una voce mi fece fermare.
<Hei! Hei tu, con la felpa nera.>
Mi voltai lentamente e vidi che una macchina verde si era fermata a pochi centimetri da me. Alla guida c'era un ragazzo biondo con uno strano piercing sul labbro inferiore ed al suo fianco sedeva un altro strano tipo dai capelli viola.
Io mi indicai per essere certa che parlassero con me.
<Si, proprio tu. Dove corri come una matta?>
Dovevo mettere i miei problemi da asociale psicotica da parte per un secondo se no avrei dovuto correre per altri sette minuti come un cane asmatico.
<Stavo andando a scuola ma ho perso l'autobus>
La mia voce era un sussurro, più che una voce, ma i ragazzi strani mi capirono lo stesso.
<Vuoi un passaggio?>
Io mi limitai ad annuire in modo incerto. Il ragazzo con i capelli viola scese dalla macchina per farmi stare davanti e si accomodò su un sedile posteriore.
Salii nell'automobile in silenzio.
<Sei fortunata che oggi non piova come tutti i santissimi giorni da queste parti o saresti bagnata fradicia.>
Il biondo ridacchiò e mi rivolse un sorriso. Io non risposi, naturalmente.
<Io comunque sono Luke e quello svitato con i capelli viola é Michael. Tu chi sei? Non sei di queste parti, giusto?>
Io scossi la testa ma non risposi alla prima domanda.
<Ti é caduta la lingua dal finestrino?>
Io gli rivolsi un occhiata storta per la pessima battuta e lui tornò a ridere.
<Okay, hai ragione. Era tremenda. Non volevo essere scortese solo che qui le ragazze non fanno altro che parlare come galline e non sono abituato al silenzio>
Le ragazze parlavano come galline, mentre lui era praticamente muto. Continuò a farfugliare con il suo compagno delle cose strane che facevano le ragazze a Moonlight e a qualche commento dovevo ammettere che mi era scappata una piccola risata.
<Comunque non mi hai detto ancora il tuo nome>
Mi fece notare Luke.
Mi trovai un pò in difficoltà. Avevo l'opportunità di crearmi degli amici e di non passare un altro anno della mia vita come una strana adolescente estraniata dal mondo e non me la sarei fatta portare via dalla semplice timidezza.
<Ehm... Chiamatemi M.>
I ragazzi mi guardarono in modo strano.
<M?>
<si.>
<Tu ti chiami M?>
<non ho detto questo. Ho detto che voglio essere chiamata così.>
I due compari si scambiarono un occhiata ed annuirono.
<Come vuoi, M. Comunque siamo arrivati. Ben venuta alla cara vecchia Millisent School.>
Scesi dalla macchina seguita da Luke e Michael.
<Grazie per il passaggio, é stato un piacere.>
<Piacere nostro. Comunque, visto che sei nuova, se non hai persone con cui passare l'ora di pranzo il nostro tavolo ha una sedia in più.>
I due mi fecero un sincero ed amichevole sorriso che ricambiai anche se il mio era molto piú spento e invisibile.
Erano due tipi apposto e mi stavano anche simpatici tutto sommato.
<Ci penserò.>
Corsi verso la mia classe. Aula C corridoio 3. Era tardi e feci giusto in tempo a sedermi prima che suonasse la prima campanella.
Mi sedetti su una sedia libera che non aveva nessuno come compagno. Perfetto.
Gli altri ragazzi erano riuniti in piccoli gruppetti separati formati da persone che probabilmente si conoscevano da tutta la vita. C'era un gruppo di ragazzi con delle strane magliette a righe infilate nei pantaloni marroncini, tutti con grandi occhiali e apparecchio ai denti. Un altro gruppo era formato da tante piccole biondine in minigonna e maglietta decisamente troppo scollata e in fine, in fondo alla classe, vidi dei ragazzi quasi completamente vestiti di nero. C'erano tre ragazze, una bionda e alta con un vestito nero lungo appena sopra il ginocchio, una mora con un frontino a forma di rosa tra i capelli ed in fine una rossa con un paio di jeans neri ed una giacca di pelle. Stavano parlando a due ragazzi molto alti ed incredibilmente belli. Entrambi con folti capelli castani e due occhi di un verde che mi fece immediatamente pensare a quel ragazzo che il giorno prima si era intrufolato in camera mia. Devil.
Appena il professore di letteratura inglese entrò in aula tutti smisero di parlare e si misero seduti.
<Buongiorno ragazzi. Come vi avevo annunciato qualche giorno fa, c'é una nuova alunna alla Millisent school.>
Io alzai una mano e tutti posarono i loro sguardi su di me. Mi stavano osservando attentamente pronti a giudicarmi.
<Eccola qui, la nostra nuova recluta. Ti dispiace venire alla lavagna e scrivere il tuo nome?>
Avrei voluto rispondere si, mi dispiace ma mi sarei scavata la fossa con le mie stesse mani quindi mi alzai dalla sedia in modo poco leggiadro e raggiunsi la lavagna. Non volevo far sapere a tutta quella gente il mio nome. Ma se non l'avessi fatto sarei sembrata strana anche se effettivamente lo ero.
Presi in mano il gessetto e lo portai sulla lastra nera. Il gesso a contatto con la lavagna da poco lucidata, provocò un suono che mi fece accaparrare la pelle.
Poi lettera dopo lettera il mio nome iniziò lentamente a prendere forma.
"Marian Sherwood".
<Bene, signorina Sherwood. Adesso torni al suo posto ed iniziamo la lezione>
Io tornai di fretta al mio banco senza dire una parola ma loro mi fissavano. Sentivo gli occhi di tutta la classe puntati su di me. Come un cacciatore punta il mirino del suo fucile proprio sul collo della preda.

Dopo le lezioni mattutine mi diressi verso la mensa. Era una sala molto spaziosa e particolarmente carina per essere una mensa scolastica.
Dopo aver preso un panino al tonno cercai un posto in qualche tavolo libero ma, la ora mai familiare, voce di Luke mi chiamò.
<Hey M! Vieni qui!>
Mi voltai verso di lui e notai che era seduto in un grande tavolo rotondo proprio in mezzo alla sala da pranzo. Era diverso da tutti gli altri tavoli. Questo era piú grande e completamente dipinto di nero e decorato con ghirigori bianchi.
Mi avvicinai di più e mi resi conto che al tavolo, seduti accanto a Luke e Michael, c'erano gli stessi ragazzi vestiti di nero ed incredibilmente belli che avevo visto in classe.
Presi posto vicino a Luke che mi mise un braccio intorno alle spalle. Gesto che mi fece leggermente irrigidire.
<Ragazzi, lei é M. L'ho trovata a correre verso la scuola stamattina e gli ho dato un passaggio insieme a Micheal. É nuova di qui.>
Io sorrisi debolmente e alzai la mano in cenno di saluto.
<Ehm... Salve.>
<Marian. Marian Sherwood, giusto?>
Annuii e Luke spalancò gli occhi.
<Allora ce l'hai un nome, M!>
Io arrossii un pò ma poi mi calmai ed annuii di nuovo.
<Da dove vieni, Marian?>
Stavolta fu la ragazza con i capelli rossi a parlare. Aveva una foce molto calda e seducente. Le si addiceva vista la sua incredibile bellezza.
<Dalla Florida, Miami precisamente.>
<Che forza! Anche io vorrei andare in Florida>
La ragazza bionda mi regalò un enorme sorriso. Aveva una voce leggermente stridula ma le si addiceva visto il suo spiritoso nasino all'in sú.
<Mentre voi? Come vi chiamate?>
La bionda si diede una piccola botta sulla testa in modo teatrale. I due ragazzi dagli occhi sorprendentemente simili a quelli di Devil interruppero la loro privata conversazione.
<Che maleducati! Non ci siamo presentati... Io sono Serafine.>
Disse la biondina.
<Io mi chiamo Elise>
Mi sorrise la mora porgendomi una mano. Io la strinsi in modo insicuro ma ricambiai il sorriso.
<E io sono Paige>
Disse in fine la rossa.
<Mentre quei due maleducati sono Raphael e Lauren>
Loro mi rivolsero uno sguardo decisamente poco amichevole che mi fece rabbrividire. Notai che entrambi, oltre ad assomigliarsi a vicenda, erano molto simili anche a Devil. Raphael era leggermente piú alto e aveva gli zigomi meno pronunciati di Lauren mentre l'altro aveva lo stesso naso all'in sú di Serafine.
<Dove caspita é finito Dev?>
Alzò gli occhi al cielo Luke. Chissà perché qualcosa mi diceva che si stava riferendo al ragazzo con i folti capelli castani che si era autoinvitato in casa mia per via di "alcuni tizi poco amichevoli".
<Non ne ho alcuna idea. É da ieri sera che non si fa sentire.>
Rispose in modo freddo Raphael che continuava a puntare contro di me uno sguardo assassino.
<Chi é Dev?>
Non so perché lo chiesi. Lo feci e basta, senza dare retta al mio cervello.
A quella domanda sembrò che un telo ghiacciato si fosse appena posato sul nostro tavolo. I sette compagni si scambiarono occhiate di intesa ma adesso anche Lauren aveva uno sguardo terribile puntato su di me.
<Nessuno che ti riguardi, ragazzina.>
Sputò quelle parole quasi con disprezzo. Paige ammutolí con un occhiata severa il ragazzo.
Lui notò il suo sguardo e le ringhiò contro.
<Cosa vuoi, Paige? Lei non é nulla. Non devo mostrarle alcun rispetto né tantomeno darle informazioni.>
<Sta zitto, Lauren.>
Intervenne Elise che successivamente tornò a guardare me.
<Non dare retta a lui. Si vede che ieri a cena ha mandato giú troppo aceto. Dev é un nostro... Amico.>
Io annuii e la campanella che annunciò la fine del pranzo suonò e mi rese finalmente libera.

The Moonlight ChroniclesWhere stories live. Discover now