26 - Il gioco è iniziato

Comincia dall'inizio
                                    

"Sali dietro al carro, come fanno le donne, io guiderò qui davanti."

"E se ti devo parlare ma non posso urlare?" chiese Lea contrariata. Thomas alzò un sopracciglio. Era una cosa che facevano a turno e dall'esterno era abbastanza comica.

"Usi l'auricolare, non trovare problemi che non esistono."

"E se ti voglio abbracciare dolciosamente?" la ragazza spalancò gli occhi e mise un piccolo broncio.

"Tu non sei dolce, Lea." rise Thomas.

"Okay hai ragione. Però questa è seria. Se voglio saltarti addosso e mangiarti tutte le labbra? Perché ne avrò voglia e come faccio se tu non ci sei."

"Stai ferma. E' uno dei trecentonovantaquattro motivi per cui è bene che tu stai seduta dietro."

"Ma tu non vorresti che ti saltassi addosso?" provocò Lea, sapendo che quello che diceva Thomas aveva senso. Solo non voleva piegarsi alla mentalità di quell'epoca.

"Anche questo è uno dei trecentonovantaquattro motivi. Non possiamo permetterci distrazioni."

A questo punto Lea obbedì, con grande sorpresa di Thomas. Certo sbuffo e si lamentò, ma il ragazzo non potè fare a meno di notare il leggero sorriso che le aveva increspato le labbra appena le aveva detto l'ultima frase. Appena le aveva detto che la voleva. Era naturale che il viaggio non sarebbe potuto andare tranquillamente, almeno non finché non si sarebbero uniti alla carovana. Era come se i banditi li stessero aspettando. Alla seconda curva uscirono puntando le spade verso di loro. Thomas sbuffò.

"Tu stai ferma." mormorò a Lea tramite l'auricolare.

"E tu stai attento, se quelle spade gliele ha date Alexander sono di acciaio bombardato."

Il ragazzo la rassicurò e scese svogliatamente dal carro.

"Vi prego, non voglio farvi del male." li avvisò stancamente.

"Siamo quattro armati contro uno disarmato." a parlare era stato quello con lo spadone più grande, probabilmente il capo. Thomas piegò la testa sorridendo.

"Ma io sono armato..." Da dietro il carro, Lea gli lanciò la scimitarra che tanto gli era piaciuta. Il ragazzo sospirò. Aveva sperato in qualcosa di meno anacronistico, ma Lea si sentiva inutile e quindi aveva voglia di fare danni. Brutta bestia la noia. Thomas fece finta di nulla e si preparò a combattere. Il primo colpo di spada fu parato con tale forza da far rimbalzare l'uomo indietro mentre, sconcentrato, guardava impaurito i suoi compagni e Thomas.

L'Agente si avvicinò a quello che sembrava il capo e gli puntò l'arma alla gola. "Via di qui. Ora."

L'uomo, come aggrappandosi all'ultimo straccio di orgoglio rimasto, alzò la sua arma ma Thomas fu più veloce e in un solo colpo gli staccò la mano.  Forse aveva esagerato ma aveva una rabbia repressa dentro che non sapeva spiegarsi e che voleva solo sfogare. Vorrei lasciare una frase sul futuro di questo bandito. Si diede alla pirateria e i suoi uomini iniziarono a chiamarlo Uncino. Si dice anche che abbia avuto problemi con un ragazzetto di strada e una bestia feroce, ma sono solo supposizioni e già le frasi sono diventate due, quindi può bastare.
Thomas risalì sul carro e si rifiutò di rispondere a Lea che continuava a chiedere dettagli sul combattimento e a lamentarsi del fatto che si annoiava. Il ragazzo la ignorò amabilmente finché non raggiunsero la carovana, per l'ora di pranzo. Thomas notò con piacere che Lea non sarebbe stata l'unica donna e con molto meno piacere l'identità di quella donna.

"Lea" sussurrò all'auricolare "hai presente quella ragazza dai capelli turchesi e gli occhi di due colori?"

"La rossa..." sibilò Lea in risposta.

Il fabbricante di dèiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora