22; Sogni infranti.

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Lei è Meg

«Io direi che per renderci le cose più facili potremmo farci una domanda a testa.» concluse Camilla, quando Meg finì di raccontare ciò che le era successo.
Erano rimasti tutti sorpresi dalla storia raccontata, ed Alex si era addirittura avvicinato a consolare la vecchia amica, sotto lo sguardo attento e vagamente infastidito di Sara.

«Io mi fumo una sigaretta.» affermò Giò, alzandosi da terra e distruggendo il cerchio che avevano fatto attorno al tavolino di vetro.
Sara fu più veloce del moro e gli lanciò contro il suo pacchetto di sigarette con un accendino rosa salmone.

«Puoi fumare qui.» disse, con voce ferma, rendendosi conto che era arrivata l'ora delle spiegazioni. Vide chiaramente, con la coda dell'occhio, Marten aprire la bocca e rimproverarla. «Credo che stasera si può fare un'eccezione Mart.» la fermò, con un gesto della mano.

«Bene, chi comincia?» chiese Marten, lanciando un'occhiataccia alla rossa e storcendo il naso, al sentire la puzza acre del fumo.

«Comincio io!» s'offrì subito Camilla, squadrando Sara. «Come fai a conoscere Giò?».

«L'ho incontrato per caso fuori dal loft di xFactor, è stato un gesto sconsiderato, visto che non volevo farmi vedere.» raccontò la rossa, guardando colpevole ogni presente.

«Che ci facevi al loft?» chiese Asya, sinceramente curiosa.

«Dovevo consegnare una lettera ad Alex, volevo lasciarla sotto la porta e andare via.» spiegò, accendendosi una sigaretta ed abbandonandosi con la schiena sulla parte inferiore del divano.

«Perché mi hai detto di essere qui sola?» chiese a sua volta Alex, guardandola con aria vagamente triste. Meg, affianco a lui, gli strinse una mano, e Sara strinse i denti, guardandoli entrambi male.

«Non volevo che vi intrometteste di nuovo nella nostra vita.» commentò, aspirando di nuovo del fumo dalla sua sigaretta. «Quando vi abbiamo conosciuti siamo state troppo coinvolte, e certe bastardate non si dimenticano.» alzò le spalle con fare altezzoso.

«Bastardate?» chiese Genn, allibito. «Non abbiamo mai trovato il numero che ci hai detto di aver lasciato Wen! Mai!» esclamò, e Sara sobbalzò, spaventata dall'improvviso cambiamento nel tono di voce del ragazzo.

«Ma lei l'ha lasciato!» la difese subito Asya. «L'ho vista io, te l'ha lasciato sul comodino.»

«Quando mi sono svegliato non c'era.» affermò Alex, guardandole entrambe. Sara si passò una mano tra i capelli, e guardò le sue scarpe, che all'improvviso sembravano davvero interessanti. «Questo però non spiega il motivo di tutto il casino che hai fatto adesso.»

«Marten era distrutta.» ribadì la rossa, sospirando subito dopo, stanca di ripetere che l'aveva fatto solo per loro e non per altro. «Ho cercato solamente di evitare un altro periodo fatto di sospiri tristi, di pianti la notte e di serate passate a bere come spugne.» disse, per poi aggiungere velocemente un: «Quando dico bere, parlo per me ovviamente.»

«Non hai mai pensato che ho vent'anni e che non mi serve la protezione di nessuno?» quel sussurro la fece girare verso la sua migliore amica, e d'un tratto, si sentì stupida.
Lei l'aveva fatto solo per proteggerla, ed era vero. Ma Marten non le aveva mai chiesto niente del genere.

«Io non-» boccheggiò, ma venne subito interrotta da un gesto della mano da parte della riccia.

«Nessuno te l'ha chiesto.» affermò, guardandola duramente. E in quel momento Sara si sentì morire. Da quando si conoscevano non l'aveva mai guardata in quel modo, se non per scherzare. «Siamo responsabili per noi stesse già da un po', e a me questo sembra più un comportamento egoista.» continuò Marten, scrutandola per bene. «Avremmo infranto il tuo sogno. Tutto questo- dicendo quelle parole, la mora indicò l'appartamento- è quello che hai sempre sognato. Vivere fuori da dove siamo cresciute, studiare in una delle più prestigiose accademie di trucco. E trascinarti dietro noi.» sibilò, trafiggendola ancor di più con lo sguardo.

«Non è vero.» sussurrò incerta la rossa, sentendo le lacrime salirle agli occhi. «Non mi sembravate tanto contrariate quando siamo venute a vivere qui, o quando hai ottenuto la borsa di studio per l'Accademia di Belle Arti.»

«Oh, ma perfavore.» sbottò Camilla, intromettendosi nel discorso. «Lo sapevi che non avevamo la minima intenzione di andarcene così lontano. Ma poi ci hai convinte, dicendo che cambiare aria c'avrebbe fatto bene.» tutti guardavano le tre in silenzio, sentendosi fuori posto.

«Bene.» sussurrò Sara. «Riaccompagno Meg a casa sua, domani mattina faccio le valigie e torno a casa. Poi siete libere di fare ciò che volete, visto che non ci sono più io a costringervi a stare qui.» poi si alzò, si asciugò in fretta le lacrime che avevano cominciato a solcarle le guance e prese lasua giacca e quella della nuova arrivata, che s'alzò, seguendola silenziosamente.

***
In macchina c'era il più totale silenzio. A spezzarlo solo la velocità del veicolo e i sospiri che Meg tirava ad intervalli regolari.
Non sapeva che dire alla rossa per farla anche solo smettere di piangere.
Perciò aveva optato per il silenzio.
Un silenzio quasi assordante, di quelli che vorresti riempire di parole ma non puoi perché non ti sembra il caso.

«Come vi conoscete, tu ed Alex?» sussurrò, mordendosi subito dopo la lingua. Dannata impulsività.

«È una storia lunga.» la rossa tirò su col naso e si schiarì la voce. «Non mi va di annoiarti, sul serio.»

«Beh, peggio di così non può andare.» sussurrò Meg, vagamente sarcastica. «Studio psicologia, posso aiutarti.» continuò poi, sorridendole gentilmente.

«L'ultima cosa che mi servirebbe adesso è una psicanalisi da una sconosciuta, perciò...no grazie!» affermò risoluta Sara, stringendo le labbra subito dopo. «Scusa.» sussurrò qualche istante dopo.

«Oh no, tranquilla.» disse Meg, grattandosi la nuca. «Ogni paziente che crede di non aver bisogno di una terapia fa così, ci sono abituata.» fece spallucce.

«Oh bene.» borbottò la rossa. «Le mie due migliori amiche mi accusano di essere egoista, il ragazzo di cui mi ero infatuata al liceo mi odia, il suo amico biondo peggio mi sento e una sconosciuta mi dice che sono pazza.»

«È questa casa mia.» affermò la mora, indicando un piccolo appartamento sul lato della strada. Sara accostò e la sua compagna di viaggio scese, stringendosi nel suo cappotto. «Grazie per l'ospitalità e per il passaggio, spero per voi che si aggiusti tutto.»
La rossa ringraziò gentilmente e salutò con un cenno della mano, prima di ripartire verso casa sua.
Non fece in tempo a fare cento metri che sentì qualcosa schiantarsi contro la sua macchina e l'urlo atroce di qualcuno, poi il nulla.

ALOHAAAA.
Capitolo tragico, devo ammetterlo.
Molto tragico.
Stava andando tutto troppo bene, perciò ho messo un po' di brio alla storia. Mi sento una di quelle ragazzine che scrive ff sui One Direction e ad un certo punto ci infila dentro un incidente mortale per far riappacificare i protagonisti.
Vi dico solo che non basterà un incidente per far riappacificare tutti quanti.
Come ho detto in storie precedenti: odio i finali felici.
Sooo, nothing.
Vi mando un bacio, commentate e votate in tante!
Wen xx

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