Però, su una cosa dovevo darle ragione: ero davvero mestruato; all'inizio la volevo soffocare, ma poi avevo una voglia pazzesca di lasciarle un bacino sulla guancia, prima che uscisse dalla stanza.

No, okay: forse un po' lunatico.

-Prometti di non sbirciare tra la mia posta e, soprattutto, nelle cartelle?- puntai il dito indice contro il suo petto e lei abbassò lo sguardo per seguire la direzione che questo indicava. che bel seno aveva!

-Stai per caso mettendo in dubbio le mie qualità di stalker o hai paura del fatto che io possa incontrare siti indesiderati?- prese il mio indice e lo contorse, assumendo tutto il potere nelle sue mani. Mettendosi in punta di piedi, alzò lo sguardo per guardarmi dritto negli occhi, (dal momento che la sua altezza era pari a quella di un nano di Biancaneve).

-No, sto cercando di capire se posso fidarmi di te.- mi liberai dalla sua presa e le solleticai i fianchi, facendola piegare in due. Poi, mi fulminó con gli occhi.

-Considerati morto.- mi minacciò, credendo avessi paura, ma mi controllai sia con i gesti, sia con le parole, altrimenti quel discorso non avrebbe avuto una fine. Guardai il mio polso e notai che stavo davvero tardando.

Quella mattina, volevo evitare le solite e sontuose prediche della professoressa Tomlinson che mi ricordavano dell'orario scolastico da seguire, indicato nel regolamento d'Istituto e bla bla bla.

Lei e le sue pippe mentali.

-Non finisce qui, scricciolo.- la salutai con un bacio sulla fronte, lasciandola nella mia stanza, mentre correvo il corridoio verso le scale. Sentivo, però, i suoi grugniti di rabbia, che mi fecero apparire un sorriso sulle labbra.

-Okay, prendo il tuo PC.- ribatté lei divertita, sbattendo la porta della mia stanza, una volta aver preso il computer.

MARTINA POV'S

Afferrai il suo computer, ancora acceso, dalla sua scrivania e mi diressi verso la mia camera, dato che il mio cellulare stava squillando incessantemente.

Notai il nome di Sarah sulla schermata dell'oggetto elettronico e mi affrettai a rispondere. Mi mancava seriamente sentire la sua voce; e poi, consumava una marea di soldi chiamando dall'estero, così evitai ai suoi genitori una spesa in più.

-'Tini, sei tu?'- domandò dubbiosa la ragazza dall'altra parte del mondo.

-'Fin adesso, nessun alieno ha invaso la mia stanza, perciò sono io, credo.'- volevo farle capire che mi stavo abituando all'idea di non averla più tra i piedi. Volevo farle capire che stavo iniziando a stare bene, anche se era una bugia.

-'Sempre la solita, eh. Come va, lì? Ieri sono stata da tuo padre: è distrutto, pover uomo. Mi ha detto di dirti che gli manchi un casino.'-

-'Sarah, non dirlo ti prego. Mi sento a pezzi per averlo lasciato da solo in quella città. Mi mancate un sacco, davvero.'-

-'La Robinson si è raccomandata di dirti di non farla sfigurare con lo spagnolo: lì, ci tengono molto alla conoscenza della lingua madre e all'intonazione delle parole.'-

-'Ma che si facesse un amante!'-

La sentì ridere e avevo bisogno di ascoltare il suono della sua risata: era contagiosa e, in quel momento, volevo solamente varcare l'uscio della stanza e trovarla davanti ai miei occhi.

-'Che mi dici di Justin?'-

-'Tini, non ti sento bene: ci deve essere un'interferenza; ci risentiamo dopo, si? Ciao, ciao.'-

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