ENDOUKAZE {Revisionata}

1.6K 51 6
                                    

Matrimonio

L'interno della vettura fu invaso da uno strano silenzio, una volta che l'uomo dalla chioma celeste vi fu entrato, dando al coetaneo al volante l'indirizzo in cui l'avrebbe dovuto accompagnare. "I tassisti non sono più socievoli?", continuava a ripetersi il celeste, durante il tragitto, mentre osservava con sguardo vacuo le chiome degli alberi che, per l'assenza di vento, restavano immobili, risplendendo sotto i cocente raggi di quel sole estivo.
Erano anni che non tornava in quella città, eppure i ricordi, dei luoghi, delle persone, dei suoi amici, erano ancora vividi nella sua mente, come se fossero stati filmati e masterizzati in un disco da conservare insieme a molti altri sopra un vecchio scaffale da spolverare.
E proprio mentre i ricordi di quell'estate passata con la sua squadra, dell'ultima in cui li aveva visti prima di partire, la voce del giovane uomo fece spostare la sua attenzione su di lui.
Un uomo giovane, della sua età, dai lineamenti duri e un'espressione che faceva intendere che odiasse quel lavoro. Però, era un bell'uomo, se soridesse di più, potrebbe avere una fila di ammiratrici a seguirlo.
<<Quindici e novanta.>>
Quasi grugnì, con stizza, ripetendo di nuovo il prezzo del tratto appena percorso, dove aver ricevuto un "eh?" alle sue orecchie parecchio stupido.
Nathan si affrettò a pagarlo, scendendo in seguito da quell'auto color banana, che ripartì subito dopo che ebbe chiuso lo sportello, senza rivolgergli neanche un solito.
"Sì, prima che me ne andassi erano più cordiali." .
I pensieri del celesto, furono nuovamente interrotti, stavolta da alcune gocce di pioggia che gli finirono sul volto.
Ignorando quella leggera pioggerellina, si avviò verso la "base" della sua vecchia squadra, dove sapeva avrebbe trovato gli altri.
Shawn lo aveva avvisato che si sarebbero riuniti lì alcuni di loro, per ricordare i vecchi tempi. L'albino era l'unico a conoscenza del suo ritorno in Giappone, per gli altri sarebbe stata una sorpresa.
Sospirò, guardando quel pezzo di legno appeso anni prima dal suo migliore amico, da quel ragazzo dall'insostituibile fascia arancione e il sorriso più raggiante del sole, che riusciva a fargli perdere un battito con un singolo sguardo.
Sì, amico...
Da quando Nathan aveva lasciato il Giappone, per poter seguire gli studi oltre oceano, avendo ricevuto una borsa di studio per un liceo in America, gli occhi castani del ragazzo erano rimasti il suo fisso, che non lo abbandonavano mai, neanche nei sogni. Eppure, in quei dieci anni di lontananza, non era mai riuscito a cercarlo, anche solo per sapere come stava, fargli sapere che gli mancava, che avrebbe voluto averlo accanto a sé, poterlo abbracciare, baciare... come l'ultimo giorno che avevano passato insieme, prima che il celeste scomparisse dalla sua vita, senza dirgli nulla... ma nulla, la paura che il ragazzo che amava potesse odiarlo, gli impediva ogni volta di premere il tasto di quel nauseante color verde, che avrebbe segnato l'inizio della chiamata.
Anche ora, mentre poggiava la mano tremante sul freddo e vecchio legno, marcio in alcuni punti, della porta, la paura stringeva il suo cuore.
La porta scricchiolò, mostrando l'interno della capanna, semi oscurato, come se tutte le finestre fossero state coperte da spesse tende scure.
Che il bianco avesse confuso i giorni?
Il celeste non ebbe il tempo di pronunciare neanche una parola, che le luci si accessero, mostrando l'interno della capanna tutta allestita a festa, con un tavolo pieno di vivande e tutti i ragazzi della Inazuma Japan che gli correvano incontro, facendolo cadere a terra per la sorpresa.
Erano tutti lì, felici per il suo ritorno, che gli davano il ben tornato.
Il suo volto, visibilmente sorpreso, vagava sui volti sorridenti dei suoi compagni. Ne cercava uno in particolare, un volto che sperava di vedere, un volto che per dieci anni anni lo aveva tormentato.
Il suo vagare si fermò, quando incrociò il suo sguardo.
La carnagione abbronzata, i capelli, sempre tirati su da quella fascia arancione da cui non si separava mai fin da quando era bambino, appena più lunghi, i lineamenti più maturi, ma che manteneva il volto tondeggiante, gli occhi fissi sui suoi, sul suo, ambrato, privo di qualsivoglia intenzione di distoglierlo, e le labbra, quelle dannate labbra che aveva sempre bramato, e che ancora ora desiderava, che solo per un giorno era riuscito ad avere per sé, distese in un espressione neutra.
Il silenzio calò per quei pochi minuti in cui i loro sguardi si furono incrociati, l'azzurro, ancora a terra, in attesa di un segno, un segno qualunque, da parte del castano, che continuava a guardarlo dall'alto, come a convincersi che fosse realmente lì, con loro, con lui.
Poi sorrise.
Quel sorriso che, per ben dieci anni, aspettava di rivedere.
Gli occhi, color ambra, si illuminarono, alla vista di quel magnifico sorriso, che ricambiò subito, socchiudendo gli occhi.
Portò una mano vicino all'occhio, andando a togliere una lacrima che stava per scendergli lungo la guancia.
<<Sono tornato ragazzi...>>.

ONE-SHOT IE & CO. {In Revisione}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora