Capitolo 2 || Squabble

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«Ci sentiamo dopo allora!» Mi saluta Alberico una volta arrivati davanti casa mia dopo la scuola.
«D'accordo, ti chiamo io.» Gli sorrido sistemando lo zaino sulle mie spalle.
«Ma che fai!?» Urlo appena vedo Davide con una bottiglia di birra vuota in mano, pronto a scaraventarla contro mia madre, che schiacciata contro il muro cerca di proteggersi con un braccio davanti alla faccia rigata dalle lacrime.
«Abigail!» Urla disperata mia madre appena si accorge di me.
«Davide, dammi quella bottiglia!» Gli ordino gettando lo zaino a terra.
«E tu chi sei per dirmi ciò che devo fare?» Chiede minaccioso voltandosi verso di me. Il suo tono è poco deciso, probabilmente a causa dei bicchieri di troppo.
«La figlia di tua moglie!» Urlo prendendogli facilmente la bottiglia dalle mani una volta averlo distratto.
«Piccola merda!» Mi urla contro cercando di riprendersi la bottiglia.
La getto con forza contro il pavimento, rompendola in mille pezzettini di vetro.
«Che ti salta in mente? Volevi ucciderla!?» Urlo indicando la donna sconvolta seduta ancora sul pavimento.
«Per colpa sua sono stato licenziato, capisci!? È tutta colpa sua!» Urla avvicinandosi nuovamente a mia madre. Riesco ad afferrarlo per il polso in tempo.
«Lasciala in pace. Vai via, per favore.» Abbasso notevolmente il tono di voce, sperando che faccia ciò che gli ho gentilmente detto.
«Merita una punizione! Fate tutte schifo voi donne!» Urla sputando in direzione della donna distrutta. Mi rivolge un ultimo sguardo pieno d'odio per poi uscire furente dalla porta d'ingresso. Spero sia l'ultima volta che varca la soglia di casa nostra. La chiudo e mi avvicino alla trentenne piangente.
«Oh Abigail..!» Si aggrappa a me, stringendomi stretta a sé come se fossi l'unica ancora in un mare di lacrime.
«Avevi ragione tu, me l'hai sempre detto e io ti ho sempre ignorata... Mi dispiace che tu abbia assistito a tutto ciò!» Stringe la mia felpa nelle sue mani curate mentre si sfoga sulla mia spalla. Le strofino la schiena, cercando di darle conforto.
«Non preoccuparti per me mamma, pensa a te per una volta.» Mormoro asciugandole le lacrime che corrono copiose lungo il suo viso perfettamente truccato. L'aiuto ad alzarsi dal pavimento e l'aiuto a sedersi sul divano in salotto. Tolgo la sciarpa dal collo, non avendo avuto tempo di farlo prima. Le preparo una cioccolata calda in pochi minuti, porgendole poi la tazza fumante.
«Riposati. Non pensare a niente.» Le consiglio schioccandole poi un bacio sulla guancia. La lascio finalmente sola raggiungendo la mia stanza. Mi butto sul letto sbuffando. Sento mia madre piangere di sotto, mi fa male sentirla soffrire senza poter far niente.
Davide... Sapevo che fosse bisognoso di una moglie solo per poter dire in giro di essere sposato. La vibrazione del mio smartphone mi distrae dai miei pensieri, ricordandomi di dover chiamare Alberico.
«Pronto?» Rispondo alla chiamata mettendomi seduta a gambe incrociate sul letto ben sistemato.
«Abigail, stavo aspettando una tua chiamata.» Mormora Alberico dall'altro capo del telefono.
«Lo so, mi dispiace, ma è successo un casino in casa e me ne sono dimenticata...» Cerco di giustificarmi sospirando.
«Va bene dai, l'importante è che sia tutto a posto. Ti volevo chiedere se possiamo vederci fra un po', dovrei dirti una cosa.» Pronuncia con difficoltà, probabilmente è ansioso.
«Sì, ci sto. Dove?» Accetto intuendo, dal suo tono di voce agitato, che si tratta di qualcosa d'importante.
«Che ne dici del parco?» Propone sospirando.
«D'accordo. Ma c'è qualcosa che non va? Ti sento strano...» Provo a chiedergli con cautela.
«No no, è tutto meravigliosamente a posto!» Esclama. Posso sentire che è evidentemente un'enorme bugia.
«Va bene, allora a fra poco.» Sospiro chiudendo la chiamata. Getto il cellulare difronte a me, chiudo le mani a pugno e strofino gli occhi stanchi.

****

In evidente ritardo arrivo al parco, lasciando che gli sbuffi del mio respiro affannato creino una piccola nuvoletta di vapore per lo scontro con l'aria fresca di fine aprile.
«Abigail! Iniziavo a pensare che non saresti venuta.» Mi accoglie Alberico. Gli lascio un piccolo bacio sulla guancia fredda, per poi ricambiare il suo saluto.
«Allora, di cosa volevi parlarmi? Sembrava importante...» Inizio il discorso, sentendo l'aria intorno a noi diventare sorprendentemente tesa.
«Uhm... Volevo-» Si blocca buttando fuori un sospiro. Porta le mani agli occhi, evidentemente ansioso.
«Non so neanche se sia giusto!» Esclama sbattendo le mani sulle sue cosce.
«Albe, ti prego, parla.» Lo incoraggio appoggiando la mano sulla sua spalla.
L'ansia inizia a insinuarsi nei miei pensieri, lasciando che la mia mente inizi a comporre dei perfetti film che spero non siano veri.

Lunghezza capitolo: 759 parole.

Dangerous Woman || Lorenzo OstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora