INCIPIT

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Bloomsbury, Londra - 1815

La storia di Rachelle Ramsey ed Evan Beauchamp ha inizio nel pieno della prima rivoluzione industriale, quando il conflitto tra la Gran Bretagna e l'America trovava finalmente la sua conclusione e il Trattato di Gand entrava in vigore.

I gelidi mesi invernali avevano lasciato il posto ad un marzo umido e quella era la prima notte senza nuvole dopo un'intera settimana di piogge incessanti. Il paesaggio primaverile si rifletteva sulle numerose pozzanghere e rifulgeva di un alone chiaro che lo rendeva quasi innaturale. Tutto era fermo, immoto e, in lontananza, solo il rumore dei passi svelti di un uomo che correva a perdifiato lungo il selciato infangato. Era avvolto in un mantello nero il cappuccio, che di solito teneva ben teso sopra il volto, era ricaduto all'indietro a causa della corsa frenetica. Sul volto indossava una maschera d'argento, con inserti in corallo e madreperla, che riluceva iridescente sotto i raggi della luna.

La strada sterrata che aveva imboccato sembrava non finire mai, eppure era sicuro che quella fosse la via giusta. Avrebbe attraversato il bosco poi, da lì, avrebbe preso una carrozza che lo avrebbe condotto a Weymouth. Una volta raggiunta quella città, si sarebbe imbarcato e sarebbe riuscito a fuggire, a lasciare completamente la Gran Bretagna e a nascondersi. O, almeno, così aveva pensato fino a quel momento. Mentre si guardava intorno, cercando di capire cosa lo turbasse, si accorse del silenzio opprimente che lo circondava. L'unico suono era il sibilo del suo mantello che sferzava l'aria svolazzando pesantemente alle sue spalle.

Continuò a correre e, davanti a lui, man mano che procedeva si stagliò un ponte, ricurvo e apparentemente deserto. Aumentò il passo, senza curarsi dei suoi sensi che, in allerta, gli suggerivano di procedere con prudenza. Aveva fretta di lasciarsi Londra alle spalle, di dare un taglio al suo passato e di ricominciare da capo. Doveva dimenticare la donna che lo aveva ridotto l'ombra di se e l'unico modo era andarsene dal posto che lo aveva segnato in modo irreparabile. Con quel pensiero in mente, l'uomo seguitò a correre ancora più forte; il suo contatto, di cui credeva di potersi fidare ciecamente, lo stava aspettando al limitare della foresta. Attraversò il ponte in tutta fretta e non si accorse della figura ammantata di nero nascosta ai margini del ruscello.

Lo sconosciuto emerse dal buio, aveva anch'esso il volto camuffato, e senza esitare sparò. Una piccola pallottola sferica di piombo rasentò il fianco dell'uomo in fuga che, preso alla sprovvista, si lanciò a terra. Cercò di afferrare a sua volta la pistola per difendersi, ma la misteriosa figura, avendo un solo colpo in canna e non potendo ricaricare l'arma abbastanza velocemente, si avvicinò per affrontarlo a mani nude. Piegò il ginocchio e lo colpì di punta facendolo rotolare di lato. Continuò a picchiarlo, mirando alla schiena e al capo per impedirgli di rialzarsi, ma l'altro, avvezzo a quel genere di combattimenti, si puntellò sulle mani e, con un agile colpo di reni, tirò indietro le gambe e prese l'avversario in pieno volto facendolo vacillare. Poi, con uno scatto rapido, si rimise in piedi e, per non perdere il vantaggio ottenuto, si lanciò all'attacco. In questo modo, con un pugno ben assestato, riuscì a fargli perdere l'equilibrio e a farlo rovinare al suolo. Cadendo a terra la maschera, che anche il misterioso assalitore indossava, scivolò rivelando il volto di qualcuno che l'uomo non avrebbe mai immaginato avrebbe potuto tentare di ucciderlo.

- Mi fidavo di te - mormorò sgomento fissandolo negli occhi.

- Tu ci hai traditi, Evan - lo interruppe l'altro - Non lascerai questo tanto facilmente, non con le tue gambe almeno -

- Immagino che non troverò alcuna carrozza al di là del bosco... - osservò con un mezzo sorriso amaro sulle labbra.

- Esattamente - confermò l'aggressore ghignando - Morirai qui -

- Questo è ancora da vedere - replicò, fissando lo sguardo sull'arma che l'altro teneva in pugno - Io ti ucciderò prima - aggiunse alzando la sua pistola per prendere la mira.

- Tua madre era una brava donna - disse a quel punto per prendere tempo e distrarlo mentre ricaricava l'arma - Non sarebbe felice di sapere che sei stato irretito da una strega e che vai a letto con lei -

Evan, furente per quel che aveva appena sentito, serrò la mascella, strinse con vigore le dita intorno al calcio della pistola e fu subito pronto a reagire. Nello stesso momento, il suo assalitore si mosse verso di lui e fece fuoco a sua volta. Lo scontro fu molto violento, entrambi vennero sbalzati indietro con forza spaventosa. Nessuno dei due, però, si rialzò; in quel duello improvvisato non ci furono né vincitori né vinti.

Rachelle era intenta a riordinare il salotto quando, improvvisamente, bussarono alla porta. Un colpo secco, poi altri due in rapida sequenza. Immobile, la donna rimase in silenzio davanti alla soglia, indecisa se aprire o meno. Ormai era al sicuro, ogni pericolo pareva essere stato ormai scongiurato, ma era sola quella notte e se la persona al di là dell'uscio avesse avuto cattive intenzioni, lei non avrebbe saputo come difendersi. Si appoggiò al battente e, senza scostarlo, chiese con voce ferma e decisa chi vi fosse dall'altra parte.

- Sono io - rispose una voce ansante oltre il legno spesso - Sono Evan Beauchamp -

Rachelle trattenne il respiro e rimase per qualche secondo con le mani premute in grembo. Conosceva quell'uomo e sapeva che farlo entrare non sarebbe stata una buona idea. Le aveva risparmiato e, in seguito, salvato la vita, tuttavia non era sicura di potersi fidare completamente di lui. Forse era tornato per porre fine a quello che aveva iniziato mesi prima e lei, in quella grossa casa senza nessuno, non avrebbe potuto fare nulla per salvarsi. Questo pensiero l'assalì e una morsa gelata le serrò subito lo stomaco bloccandola pietrificata sul posto.

Frattanto, la voce al di là della porta si era ridotta a un flebile sussurro. Rachelle, allora, tese l'orecchio ma non le giunsero altro che vaghi suoni indistinti seguiti, poco dopo, da un tonfo sordo. Qualcosa aveva sbattuto contro la porta o forse vi era stato lanciato e lei trasalì terrorizzata. Non capiva cosa stesse succedendo e il fatto che non ci fossero finestre lì accanto, le impediva di scoprire di cosa si trattasse. Nonostante tutto, non poteva restare con le mani in mano, doveva venire a capo di quella faccenda in qualche modo.

- . Beauchamp? ­- chiamò quindi, appoggiandosi alla porta - Siete ancora lì? Mr. Beauchamp? ­-

Non ricevendo risposta, Rachelle si fece coraggio. Deglutì il groppo che aveva in gola, scostò l'uscio quel tanto che bastava a permetterle di sbirciare oltre il battente e quel che vide la lasciò di nuovo senza fiato: l'uomo che aveva bussato, era accasciato sulla soglia, ferito e privo di sensi.


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