Odiami.

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Quando apro la porta di casa i miei mille fratelli si catapultano su di me.

"Ma che c..." mi ritrovo a faccia in giù sulla moquette morbida dell' entrata di casa mia con quattro bambini scatenati che mi saltano sulla schiena.

"LASCIATEMI!" urlo cercando di alzarmi "HO DETTO LASCIATEMI!" il mio sguardo inferocito gli fa scappare impauriti.

"Angeline!" riesco a sentire la voce di mia madre dalla cucina "Non essere così cattiva." alzo gli occhi al cielo e vado da lei sbuffando.

"Come stai amore mio?" la sua voce così maledettamente dolce mi da sui nervi.

"Bene." rispondo acida. Faccio per andarmene ma lei mi prende per il braccio, stringendolo forte fino a farmi male.

"Smettila di fare così Angeline." mia madre è l'unica persona che mi chiama con il mio nome per intero, e questa è l'unica cosa che mi piace di lei.

"Lasciami stare." dò uno strattone al braccio liberandomi dalla sua presa, mi volto e cammino lentamente su per le scale, tenendomi fortissimo allo scorrimano per evitare di cadere a causa dei forti giramenti di testa. 

Dopo un pò riesco ad arrivare alla mia camera, l'unico posto della casa dove mi sento davvero me stessa. Osservo i disegni neri che ricoprono le pareti, ricordo di averci messo giorni interi per farli. E ricordo anche le urla di mia madre quando secondo lei 'avevo rovinato il designe della stanza con il mio maledetto nero'. Guardo il grande angelo che spiega le sue ali sopra al mio letto, c'è qualcosa in quell'angelo che mi intimorisce. Lancio il mio zaino semivuoto nell'angolo della stanza, mi tolgo le converse e mi lancio a pancia in sù sul letto. In questa casa non c'è un'attimo di pace, con cinque fratelli di circa sei anni non si può vivere. Ma nemmeno con una madre iperprotettiva e un padre sempre assente. Tutti mi chiedono cosa c'è che non va in me, come se lo sapessi. Non sono acida, sono solo perennemente incazzata. Sono stufa di essere circondata da persone che mentono e che nascondono la verità, sono stufa delle persone che ti criticano e che ti rendono diversa. Sono stufa delle persone che ti usano... E ti tradiscono. Sono solo stufa delle persone. Suona il campanello, risvegliandomi dai miei pensieri.

"Angeline! Vai ad aprire!" urla mia madre.

"Scherzi?! No." urlo di rimando io.

"Angel!"

"Ho detto di no!" odio essere al secondo piano di questa stramaledetta casa. Il campanello suona ancora. E ancora.

"E che cavolo!" sbuffo alzandomi di malavoglia e precipitandomi giù dalle scale. Apro lentamente la porta e sul pianerottolo c'è un ragazzo con un pacco in mano.

"Che c'è?" sbotto vedendolo tirare fuori un foglio e una penna.

"Casa Walcott?" mi chiede lui sorridendo.

"Si." rispondo velocemente. Lo osservo un pò meglio. Il cappello verde è calato sopra gli occhi, e riesco a vedere dei piccoli ciuffi di capelli neri spuntare da sotto di esso.

"Ho un pacco per la signora Walcott. Cristine Walcott. Sei tu?"

"Ti sembro forse una 'signora'? Certo che no idiota. E' mia madre." il ragazzo ride e finalmente posa gli occhi su di me. Rimango immobile e a bocca aperta alla vista di quegli occhi color ghiaccio che mi guardano da sotto la visiera del cappello. E mi ci perdo dentro, ma non voglio più uscirne, mi danno un senso di... Protezione. Improvvisamente anche lui si fa serio e mi fissa con un leggero sorrisetto dipinto sulle labbra.

"Allora portesti chiamarmi tua madre, per favore?" mi dice lui dopo qualche secondo.

"E' occupata al momento." rispondo quasi sussurrando continuando a guardarlo negli occhi.

"Allora può firmare lei, signorina." dice calcando sull'ultima parola. Gli strappo di mano la penna distogliendo lo sguardo dai suoi occhi e faccio qualche scarabocchio sul foglio che mi sta porgendo.

"Angeline..." sussurra il ragazzo sorridendo guardando il foglio "Che bel nome."

"Ehm... Grazie. Adesso te ne puoi anche andare." annuisce leggermente, sempre sorridendo.

"E' stato un piacere." dice porgendomi il pacco.

"Vorrei poter dire lo stesso." lo afferro velocemente e gli chiudo la porta in faccia. Oh avanti Angeline, devi smetterla di essere così antipatica. 

"Angeline? Chi era alla porta?" mi avvio lentamente in cucina, dove mia madre sta impastando non so che cosa.

"C'è un pacco per te."

"Evviva!" risponde contenta sbattendo le mani sporche di farina creando una piccola nuvoletta bianca.

"E tutto questo entusiasmo?" chiedo guardandola di traverso mentre si lava e mi strappa il pacco dalle mani.

"E' un regalo per tuo padre. Per il suo ritorno a casa."

"Vorrai dire il suo quindicesimo ritorno a casa." sbuffa leggermente e mi fa segno di andarmene, ma io non ho ancora finito.

"Come puoi essere così ingenua?" le chiedo guardandola negli occhi.

"Non so di che cosa tu stia parlando, Angeline." mi risponde fredda, ma come sempre non ricambia il mio sguardo.

"Oh, lo sai benissimo invece. Pensi che riempiendo papà di regalini stupidi ti aiuterà a farlo rimanere?" tutto a un tratto sembra molto affascinata dal pacchetto che stringe nelle mani, allora continuo "Sai benissimo che gli piace andarsene in giro per 'viaggi di lavoro', sai benissimo che adora passare le notti con donne che..." non riesco a finire la frase che la sua mano si alza e si fionda sulla mia guancia. All'ultimo momento riesco ad afferrarle il polso, fermandole la mano a pochi centimetri dal mio viso. Delle lacrime le rigano le guancie, e scivolano lentamente sul suo giacchetto grigio cenere.

"Io... Io ti odio." mi dice con la voce tremante. Rimango interdetta per alcuni secondi, ma tanto quelle parole non mi sfiorano nemmeno.

"Non è vero." le lascio il polso e mi volto per tornarmene in camera. Perchè sapete come mi sento? Come si sentirebbe un sano in un manicomio, come si sentirebbe un'astemio in una birreria, come si sentirebbe un punk in chiesa, come si sentirebbe un'analfabeta in libreria. E beh, tutto questo è profondamente sbagliato. E' come quando da piccola ti mettevi a fissare il sole e la mamma ti diceva di smetterla. Tu continuavi e lei: "Ma lo sai che fa male?". Allora abbassavi lo sguardo e c'era ancora la luce accecante occhi, sull'asfalto, sulle case, sulle insegne del negozio che provavi a leggere. Non vedevi più niente, solo sole. E succede così. Ti riempi gli occhi di errori e non fai più caso al presente che dovresti vivere. Sto soffrendo. E le persone che soffrono, poi diventano cattive.


Adorable. ||Dylan O'Brien||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora