Macchine, occhi verdi e fisici da paura.

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"Amelia!"
"Mmmmh..."
"Amelia Cassandra alza il tuo sedere dal letto e vieni e fare shopping con me".
Oh santo cielo. Quando Lucia, la mia coinquilina, mi chiamava con il nome completo significava che non dovevo ribattere o mi avrebbe trascinata fuori dal mio letto lei stessa.
"Lucia ti prego lasciami dormire! Sono solo le nove del mattino!" la implorai affondando la testa nel cuscino.
"Amy tu lo sai che io ti voglio un mondo di bene è per questo che cerco di portare il tuo culo magro fuori da questa stanza" rispose lei angelica.
Alzai la testa quel poco che bastava per rivolgerle un'occhiata assassina "Se mi volessi davvero bene ora mi lasceresti dormire e non te la prenderesti con il mio povero 'culo magro' come dici tu" le risposi mugugnando nel cuscino.
"Va bene allora!" rispose stizzita. "Torno fra un'ora e poi verrà a trovarci Marco e stasera esco a cena con lui... Ti prego Amy quando torno almeno fatti trovare presentabile" mi implorò. "So che ci stai ancora male ma almeno cerca di alzarti  e smettere di dormire" mi propose con voce pacata.
"E va bene!" le risposi tutta a un tratto sveglissima. "Ora vai e per quando sarai tornata mi farò trovare impeccabile" le rivolsi un bel sorriso convincente. Lei sembrò rianimarsi e prima di uscire dalla mia stanza mi mandò un bacio.
Mi alzai con calma mentre sentivo la testa pulsare. Mi trascinai fino in cucina per prendere una tazza di caffè assolutamente necessaria. Io e Lucia abitavamo in un piccolo appartamento a Roma poco distante dall'università che frequentavamo. Io mi stavo laureando  in oncologia; Lucia invece voleva diventare ostetrica. Era fidanzata da due anni con Marco: un ragazzo molto simpatico, dolce e carino. Io invece ero single. Per scelta naturalmente. Non credevo necessaria la presenza di un uomo vicino a me che mi sfruttava per il sesso o per farsi portare da bere sul divano mentre ruttava come se non ci fosse un domani... Bleah. All'ennesima, raccapricciante domanda "Hai trovato qualcuno di speciale?", avevo risposto in diversi modi: la prima volta dissi "Si al momento mi trovo in una relazione complicata... Sono finita in un triangolo con il divano e il letto", la seconda invece risposi "Ma l'importante è la salute no? Che ci faccio di un fidanzato?". Quando ormai sembrava che quella irritante domanda fosse diventata un mantra per tutte le persone che conoscevo, decisi di rimanere imparziale e dire semplicemente "no".
Non che non avessi avuto relazioni sia chiaro, ma semplicemente mi ero accorta che stavo meglio da sola.
Ma ora stiamo divagando. Comunque mi perdevo spesso in pensieri simili, non avevo ancora ben chiaro il motivo di tanto rimuginare sullo stesso argomento (che tra le altre cose era anche abbastanza infantile).
Finì la tazza di caffè e la misi nella lavastoviglie. Tornai in camera a vestirmi prima di prendere la mia amata chitarra e provare un paio di pezzi. C'era un caldo infernale per essere soltanto maggio e non avrei avuto lezioni fino al pomeriggio. Quando uscì sul terrazzo della mia camera dovetti coprirmi un attimo gli occhi per il sole che mi investì. Mi spostai in un angolo dove c'era un po' di ombra e mi misi seduta su una sedia di plastica. Strimpellai un paio di accordi per essere sicura che la mia Sami fosse accordata bene (si okay avevo dato un nome alla mia chitarra...).
Lasciai che le mie dita scorressero leggere sulle corde per produrre quei suoni così melodiosi che riuscivano subito a calmarmi. Feci il primo accordo e poi bloccai le corde con una mano per poi colpire piano la cassa acustica della chitarra. Continuai finché comiciò a venire fuori una melodia etnica e particolare. 'Always be with you' dei Walking On Cars.
Cominciai a cantarla mentre tenevo gli occhi chiusi. Mio padre mi diceva sempre che la musica bisognava 'sentirla' non soltanto 'ascoltarla'. Da piccola non capivo ma crescendo imparai a fare tesoro di tutte quelle piccole perle che mio padre mi regalava ogni volta che poteva. Pensando a lui mi bloccai. Smisi di pizzicare le corde e la melodia smise di trattenermi nella bolla dove mi rifugiavo con la musica. Mi mancava. Mi mancava da morire, cazzo. Mio padre era morto sei mesi prima. Cancro. Non lo avevano preso in tempo. Ancora non mi ero ripresa. Sapevo che a vent'anni dovevo saper affrontare meglio un perdita... Ma non ci riuscivo. Era l'unico che davvero non mi aveva mai abbandonata. Mai. Mia madre partì appena mio padre riuscì ad ottenere la mia custodia legale. Non l'ho mai conosciuta. Ma non faceva una grande differenza. Mio padre aveva cercato di colmare l'assenza di una figura femminile e ci era riuscito discretamente. Ero cresciuta come un maschiaccio e non come una principessa. La cosa non poteva rendermi più felice.
Mi sfuggirono delle lacrime pensando a tutti i momenti passati con mio padre.
Respirai lentamente cercando di controllare il battito. Qualcosa attirò la mia attenzione. Davanti al mio condominio, c'era una villa di cui un terrazzo era proprio di fronte al mio. Non sapevo chi ci abitasse. Ogni tanto osservavo quelle tapparelle chiuse facendomi mille domande su chi poteva esserci lì dietro... La mia curiosità era una spina nel fianco a volte. Sapevo che ci viveva qualcuno perché avevo visto spesso delle luci in casa mentre ero seduta a suonare in terrazzo. Non sapevo se ci abitasse una persona o più di una. Non ne avevo la più pallida idea.
Scossi leggermente la testa e ricominciai a suonare e cantare. 'Thinking out loud' di Ed Sheeran. Quelle dolci parole non si addicevano a me e alla mia linea di pensiero sul romanticismo ma ero una fan di Ed da quando avevo quindici anni e ascoltarlo era come tornare ragazzina. Finì la canzone chiudendo con un arpeggio. Sospirai e rientrai in casa.
Andai a fare una doccia veloce. Appena uscita avvolsi i capelli in un asciugamano e mi spalmai la crema sul corpo. Andai in camera e misi l'intimo. Diciamo che non seguivo particolarmente la moda. Lucia mi diceva che le cose che indossavo le piacevano ma che non mettevo abbastanza in risalto il mio fisico snello ma formoso. L'unica cosa a cui prestavo attenzione era l'intimo. Mi faceva sentire più donna indossare un bel capo di lingerie. Misi un vestito leggero e mi asciugai i capelli ricci. Appena asciutti cominciarono a saltare boccoli da tutte le parti. Che incubo! Presi un paio di mollette e li fissai in modo che non si muovessero più di tanto. Mi guardai allo specchio. Niente di speciale: capelli ricci e neri, occhi scuri, seno abbondante. Feci una smorfia al mio riflesso e andai a prendere il mio cellulare. Non mi aveva cercato nessuno. "Che novità..." pensai sarcastica. Mandai un messaggio a Lucia per dirle che sarei uscita e poi andata direttamente a lezione. Mi rispose che lei non aveva lezioni e che ci saremmo viste più tardi. Presi la borsa e uscì dall'appartamento. Avevo appena trovato le chiavi della mia Clio quando vidi davanti a me una Ferrari 458 Italia. Spalancai gli occhi davanti a quella meraviglia  e cominciai a camminarle intorno quasi sbavando come un leone con la sua preda. Oh Signore era favolosa. Rossa rubino e il classico cavallino splendeva sotto il sole. Mio padre era un patito di auto e così avevo sviluppato anche io questa passione.
"Le piace?". Sentì una voce profonda venire da dietro di me.
Mi voltai di scatto spalancando ancora di più gli occhi. Un signore sulla sessantina mi guardava con occhi divertiti.
"Io...ehm... La stavo guardando perché è una macchina meravigliosa..." balbettai imbarazzata mentre arrossivo da capo a piedi. Si esatto sembrava che fossi una bambina colta con le mani nel barattolo di Nutella (la marmellata non mi piace).
"Stia tranquilla non voglio insultarla perché stava guardando la mia macchina" mi sorrise cordiale. Era piuttosto basso e stempiato ma i suoi occhi azzurri donavano molta sicurezza al suo viso paffutello.
"Quindi se ne intende di Ferrari?" proseguì avvicinandosi alla macchina.
"Ehm si, diciamo di si. Sono un'appassionata di macchine sin da bambina così quando ho visto la sua Ferrari parcheggiata così vicino alla mia palazzina ho dovuto ammirarla" gli sorrisi cordialmente.
Il viso dell'uomo sì illuminò. "Può ripetermi come si chiama?" mi chiese allungando la mano verso di me.
"Amelia" risposi stringendogli la mano e sorridendo.
"Piacere Amelia, mi chiamo Andrea" sorrise e mi lasciò la mano.
"Sono in visita ad un paio di persone e sono venuto con la mia Ferrari. Dovrei farla parlare con mia figlia, magari può trasmetterle l'amore per i motori" rise mentre i suoi occhi si illuminavano.
"Se mai ne avrò l'occasione ne sarò felice". Era impossibile dire di no a quel signore tranquillo e panciuto. Era davvero adorabile.
"Ora devo andare, mio figlio mi aspetta ed è meglio che mi sbrighi" rise di nuovo e non potei non sorridergli a mia volta.
"È stato un piacere Amelia"
"Anche per me Andrea". Accennò un baciamano e salì in macchina prima di far rombare il motore e scomparire dietro un vicolo.
Ormai era mezzogiorno e dovevo andare al Wine Bar di Simone per fare il turno del pranzo. Appena entrai Simo mi sorrise mentre si trovava dietro al bancone.
"Amy! Grazie al cielo sei venuta! C'è un casino terribile". Simone mi abbracciò appena passai dietro il bancone.
"Tranquillo, mi preparo e mi metto subito al lavoro". Entrai in bagno e mi misi l'uniforme. Uscì e presi il blocchetto per le ordinazioni che Simo mi aveva lasciato sul bancone.
"Buongiorno signori! Cosa posso portarvi?" sorrisi alla coppia. Entrambi molto giovani. Mi diedero le loro ordinazioni e le consegnai a Giulio, il cuoco. Incontrai Simone mentre uscivo dalla cucina.
"Simo stasera posso cantare o hai già il palco prenotato?"
"Oh tesoro tranquilla mi fa piacere che tu ricominci a cantare in pubblico!" sorrise toccandomi una spalla.
"Grazie mille". Finì il mio turno e andai all'università.
Arrivai all'università con mezz'ora di anticipo prima dell'inizio della lezione. Mentre salutavo dei miei compagni di corso sentì un'imprecazione e mi girai.
"Cazzo! Ma perché tutte a me?". Un ragazzo si asciugava la maglia con dei tovaglioli e continuava a inveire. Mi avvicinai.
"Ehi ciao posso aiutarti?" chiesi dolcemente mentre guardavo il poveretto che cercava di ripulire la macchia.
"A meno che tu non sia una maga o abbia una lavanderia non vedo come." rispose acido alzando gli occhi verso di me. Oh. Santo. Cielo. I suoi occhi erano di un verde tanto intenso da sembrare finto e l'accenno di barba sulla sua mascella scolpita gli donava un aspetto trasandato ma incredibilmente sexy. I capelli scuri erano corti e il fisico snello e alto lo facevano sembrare un dio sceso in terra. Aveva un aria stupefatta ed era leggermente sbiancato ma si riprese subito.
"Cosa c'è?" mi squadrò. Non mi ero accorta di essere rimasta zitta a fissarlo. Mi ripresi dai miei pensieri incredibilmente fuori luogo e cercai di non arrossire davanti al suo sguardo indagatore.
"Io... Ehm... Ti ho visto in difficoltà e pensavo di aiutarti..." la mia sembrava più una domanda celata dietro un'affermazione.
"Lascia perdere cosa vuoi che me ne faccia di un'universitaria spaesata come te? Credo di essere in grado di rimuovere un fottuta macchia dalla maglietta". Imprecando continuò a tamponarsi la macchia facendo solo peggio. Che bastardo. Ero soltanto stata gentile.
"Ehi senti carino, non hai bisogno di fare lo stronzo. Cercavo solo di darti una mano". Incrocia le braccia sotto al seno con aria stizzita ed notai il suo sguardo cadere proprio lì. Alzai gli occhi al cielo, mi voltai e me ne andai. Guardai l'orologio e mi accorsi che non avrei nemmeno più potuto fare pranzo perché avevo sprecato venti minuti a parlare con un cazzone sconosciuto. Mi arrabbiai con me stessa per essere così gentile quando non tutte le persone lo meritavano.
Mi avviai verso l'aula dove avrei avuto lezione e mi sedetti all'ultimo banco. Sistemai i libri e aspettai l'inizio della lezione. Per un'ora rimasi ad ascoltare il professore ed a prendere appunti. Appena uscita incontrai il mio amico Matteo.
"Ehi Amy stasera hai voglia di uscire un po'?" mi chiese timidamente.
"Scusa ma stasera non posso...".
Matteo era davvero il classico bravo ragazzo. Lo conoscevo ormai da un anno e stare con lui era sempre piacevole. Ed anche se era palese che provava un certo interesse nei miei confronti, non volevo illuderlo.
"Allora magari un'altra volta...?" chiese speranzoso. 

"Vedremo dai, ora devo andare, Ciao Matt" risposi prima di voltarmi ed andarmene. Avevo ancora da fare una cosa molto importante.

Tre ore dopo arrivai a casa esausta ma felice. Aprì la porta e chiamai il nome di Lucia un paio di volte.
"Sono in camera!" mi urlò di rimando.
La raggiunsi e vidi che si stava truccando per uscire con Marco. Doveva ancora vestirsi e sistemarsi i capelli.
"Ehi come è andata oggi?" mi chiese mentre spalancava la bocca per poi applicare il mascara sulle ciglia chiare.
"Bene te invece?" le chiesi mentre mi sedevo sul suo letto.
"Non male ho trovato un sacco di vestiti carini e ho fatto un giro in centro. A proposito di vestiti aiutami a scegliere cosa mettere questa sera". Mi mostrò tre diversi vestiti: uno nero, uno blu e uno verde. Quel verde così intenso mi riportò con alla mente ad un altro verde altrettanto luminoso che avevo visto quel giorno e senza pensarci lo indicai. 

A Lucia brillarono gli occhi." È proprio quello che volevo mettere!".

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⏰ Last updated: Jul 26, 2017 ⏰

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