First time

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Due anni più tardi
*Astra*
Oggi è l'anniversario di morte di mio padre, e dato che non hanno voluto ridarci il corpo perché era un "delinquente", io e mamma abbiamo creato un posto dove possiamo mettere i fiori come se fossero sulla tomba. Siamo al confine della città e si vedono le montagne in lontananza. Mettiamo dei fiori di campo oltre il filo spinato che separa la città dalla libertà. Passiamo qui qualche minuto e poi si torna al lavoro. Questa volta si ruba del cibo. Mi addentro nel supermercato, ma non mi accorgo delle telecamere. Vedo gli sbirri venire fuori dal nulla. Quello che ho preso, ho preso, esco in fretta e furia, ma loro hanno già preso mia mamma e io voglio aiutarla:
-ASTRA, SCAPPA!!
-MAMMA!- continuo a gridare di lasciarla andare, ma loro non mi ascoltano, anzi ora hanno preso anche me. Cominciano a picchiare mamma e io grido cercando aiuto, ma la gente si nasconde. Mamma è a terra priva di forze, ma loro continuano a pestarla. Io provo a liberarmi per fermarli perchè se vanno avanti così l'ammazzano, ma la loro presa è salda e cominciano a trascinarmi via. Mi fanno dare le spalle a mia madre. Sento uno sparo. Mi giro e vedo la testa di mia madre: ha una forma strana, ma tutto attorno a lei c'è tanto sangue, troppo perchè potesse essere ancora viva. Gridai, ma tanto non serviva: a nessuno importava. Mi sbattono in galera e con me ci sono altre persone, sia più grandi di me che della mia stessa età.

*Jimmy Joe*
Con oggi sono due anni che spero che qualcuno mi venga a prendere, ma non c'è nessuno neanche alle visite mensili per i parenti, così me ne sto nel mio angolo sotto le finestre e nascosto dal letto. Le infermiere pensano che io stia impazzendo del tutto, in realtà parlo con mia mamma, anche se so che lei non c'è, perché spero che lei dovunque sia mi senta. Forse è per questo che da un anno a questa parte mi fanno l'elettroshock. Lo odio. Fa malissimo e non fa che peggiorare le cose: loro vogliono che io la smetta di parlare con lei, ma io non demordo. Voglio ricordare tutto di lei: mamma è alta con dei lunghi capelli neri e occhi azzurri come me. Solo che io i capelli ce li ho sparati tutti intorno alla testa, mentre lei ce li ha morbidi e setosi. Mamma è nata il 29 febbraio, cosa molto rara, e si chiama Evelin. Le piace vestirsi di blu e azzurro e le piace guardare le nuvole. Odia gli addii. Ma oggi la raggiungerò. È arrivata l'ora di pranzo, e a quell'ora portano via le lenzuola e i panni sporchi. Faccio finta di andare a mangiare, tanto, tempo che fanno l'appello se ne accorgeranno troppo tardi che non ci sono. Mi infilo nella cesta piena di lenzuola e mi ci nascondo dentro. Sta girando l'angolo per andare nel reparto delle lavatrici e salto fuori correndo dritto avanti a me, verso l'uscita. Ecco che due medici mi afferrano dalle braccia e mi riportano indietro. Io cerco di liberarmi e correre ma è tutto inutile: -Piccoletto, dove pensi di andare?
-Devo andare dalla mamma! DEVO ANDARE DALLA MAMMA!- urlo. Tutti devono sapere che io voglio andare dalla mamma. Loro mi riportano in camera e mi fanno trovare lì il cibo. Prima o poi ci riuscirò.

Hold my HandWhere stories live. Discover now