Alla sincerità

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Il cameriere posò i due spritz sul tavolo, con quella cura impacciata di chi sapeva che stava servendo qualcosa di più infiammabile dell'alcol.
Beatrice sollevò il bicchiere, lo fece tintinnare contro quello di Ariel.
"Alla sincerità. Che è come l'Aperol: un po' amaro, ma ti si attacca alle labbra."
Sorseggiò lentamente, poi si appoggiò allo schienale della sedia con quell'aria annoiata e pericolosa che precede una provocazione.

"Sai, ti guardo e mi chiedo come tu abbia fatto a crederci davvero. A lui. A tutto questo teatrino romantico tra hotel, camerini e messaggini sdolcinati"
Ariel restò in silenzio. Non le diede il gusto di rispondere subito. Beatrice colse la resistenza e rincarò la dose.

"Federico non è fatto per la tenerezza. Non è come lo immagini tu, tra una canzone e una carezza rubata sotto il piumone. Lui prende. Quando vuole, quanto vuole. E poi lascia. Come ha fatto con tutte."
Pausa. Sorriso lento.
"Anche con me."

Ariel strinse il bicchiere.
"Se ti ha lasciata, ci sarà stato un motivo."
"Certo. Perché ero troppo lucida per fargli da feticcio emotivo. E ora sei tu a occupare quel posto."
Beatrice si chinò verso di lei, la voce si abbassò in un sussurro tagliente.
"Ti sei davvero convinta che ti voglia? E allora perché non ti ha chiesto di restare? Perché ti ha lasciata tornare alla tua monotonia da universitaria, ai tuoi libri di biologia , ai calzini spaiati e al tuo letto freddo piuttosto che chiederti di andare da lui a Genova?"
Si ritrasse, dando un altro sorso.
"Dai Ariel. Apri gli occhi. Federico è con gli amici a festeggiare, e tu? Tu sei qui con me, a cercare un motivo per sentirti scelta."

Ariel le lanciò uno sguardo secco, ma non replicò subito. Doveva ingoiare la ferita prima di trasformarla in rabbia.
"Non è così. Abbiamo scelto di prenderci uno spazio. Lui ha diritto di stare a casa con la sua famiglia e i suoi amici. Ci vogliamo bene. Ma non volevamo diventare una gabbia."
"E intanto lui vola. E tu resti qui ferma e con la testa piena di libri"

"Preferisco ciò piuttosto che implorare l'amore come fate tu e Giacomo."
Beatrice si irrigidì, appena. Ma poi rise.

Ci fu un attimo di silenzio.
Il ghiaccio nel bicchiere era ormai acqua. Le labbra di Beatrice brillavano d'Aperol e veleno.

Ariel si passò lentamente una mano tra i capelli, come per spazzare via tutte le parole dette e ricevute. Lo sguardo fisso sul tavolino, poi su Beatrice, poi ancora oltre, verso la vetrina del bar. C'erano studenti che ridevano, anziani che giocavano a carte, due ragazzine con il gelato colante sulle dita. Vita vera. Caos sincero. Non questa messa in scena.

"Sai qual è la cosa più divertente Bea?" disse infine, la voce bassa ma tagliente. "Che tu pensi davvero di potermi salvare."

Beatrice sollevò un sopracciglio, compiaciuta.
"Qualcuno deve farlo. Tu stai annegando e sorridi come se stessi nuotando."

Ariel si sporse in avanti, col viso ora duro, risoluto.
"Ma da cosa vuoi salvarmi, Beatrice? Dal dolore o dalla libertà? Da un uomo che mi fa ridere anche con le occhiaie, o da uno che mi ha mentito con la bocca ancora sporca di un'altra?"

Beatrice deglutì, ma tenne lo sguardo e incrociò le braccia.

La voce, ora, era affilata come vetro.

"Giacomo ti ha amato come pochi, Ariel. E tu hai reagito come se ti avesse ucciso il gatto. Dramma su dramma. Ti sei chiusa in casa, hai tagliato tutti fuori, l'hai trattato come un mostro per qualche stronzata di troppo e un bacio sbagliato. Ma la verità è che volevi punirlo. E ci sei riuscita. Lui ti guardava come si guarda una tempesta: spaventato e incantato. Ma tu? Tu te ne sei andata con lo sguardo alto, come una santa ferita. E adesso fai la superiore con Federico, illudendoti che lui sia diverso."

ParanoieWhere stories live. Discover now