14. Facciamo un patto

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Guardai il ragazzo di fronte a me, sconvolto.

"C-come fai a sapere il mio soprannome? Io non ti ho mai detto nemmeno come mi chiamo" gli chiesi in preda al panico. Nella mia mente si stavano formando mille ipotesi, una meno plausibile dell'altra, una più inquietante dell'altra.

Vidi Styles sgranare gli occhi e passarsi una mano tra i capelli, sembrava nervoso.

"Uhm, vedi... semplice. Sai... il tuo amico... ieri sera, se non sbaglio ti aveva chiamato così, in discoteca" rispose lentamente, con un sorriso tirato, quasi finto.

Lo guardai di sbieco e ci pensai su. In effetti aveva ragione: Stan mi aveva chiamato così in sua presenza. Mi ero spaventato per niente. Avevo ipotizzato che fosse un maniaco, uno stalker, e per un attimo avevo addirittura pensato che fosse Harry o comunque un suo amico.
Che assurdità. Harry, un ragazzo? Davvero? Mi domandai come avessi potuto anche solo ipotizzare una cosa del genere.

"A cosa stai pensando?" sentii chiedermi timidamente.

"Che mi faccio troppi viaggi mentali" risposi sincero.

Mi guardò curioso e continuai.

"Per un momento ho creduto che tu fossi una specie di pervertito che mi pedinava o addirittura una persona che ho conosciuto su internet e di cui non conosco niente, nemmeno il viso" dissi tutto d'un fiato, arrossendo d'imbarazzo per la figura da cretino che stavo facendo.

Lo vidi irrigidirsi. Chissà che idea si stava facendo di me: probabilmente mi reputava paranoico, noioso e insignificante.

"Perché pensavi che io fossi quella persona?"

"Uhm, me la ricordi, per alcuni aspetti. E poi mi hai chiamato Lou, e in pochissimi mi chiamano così. Compresa lei"

Gli occhi del ragazzo di fronte a me, chiari ma di un colore che non riuscivo a identificare a causa della luce soffusa del negozio, si assottigliarono. Un velo di tristezza sembrava averli invasi.

"E sarebbe una cosa così brutta?" domandò tenendo lo sguardo basso.

Non capivo a cosa si stesse riferendo. "Di cosa parli?"

"Se, per assurdo, io fossi realmente quella persona... ecco... sarebbe così brutto?"

Ma cosa stava dicendo?

"Certo che sì! Styles, forse non hai capito che stiamo parlando di una ragazza. Se tu fossi lei, e quindi lei fosse te, mi incazzerei come poche volte nella mia vita" affermai ridendo.

"Perché? N-non ti piaccio?" mi chiese a voce bassa e spezzata.

"Ehi, ehi, certo che mi piaci" lo rassicurai notando la sua espressione triste.

"Non è quello il problema, tranquillo. Mi incazzerei perché significherebbe che mi sta - e mi stai - mentendo da sempre. Ma non è questo il caso, quindi cambiamo argomento, okay?" gli feci il mio sorriso migliore e gli accarezzai un braccio.

Avevo appena ammesso ad alta voce e di fronte a lui che mi piaceva. Un bel progresso, considerando che fino a pochi minuti prima lo negavo persino a me stesso. Eravamo entrambi imbarazzati, quindi continuammo il giro panoramico del negozio in assoluto silenzio.

Dopo un po', lo vidi scrivere un messaggio. Si voltò verso di me con una luce strana negli occhi.

"Seguimi" disse trascinandomi letteralmente fuori dal negozio. 

Quel ragazzo era fortissimo ed enorme, o almeno così sembrava ai miei occhi. Mi lasciai trasportare e guidare da lui, mentre cercavo allo stesso tempo di capire dove fossimo diretti: ci stavamo avvicinando al parco. Mi guardai intorno e proprio davanti al cancello dell'entrata, riconobbi una figura familiare. Era il suo amico - di cui al momento non ricordavo il nome: il biondino tinto dalla risata contagiosa. Aveva un borsone ai suoi piedi.

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