"Non è il ragazzo giusto per te, sai?"
All'improvviso faccio un brusco sospiro e chiudo gli occhi, immaginando di essere ovunque ma non qui, non con lei. Mi volto, e vedo Adele seduta sulla sedia vuota di Louis. La sedia è ancora calda, e Adele è già qui a tormentarmi. Non sopporto questa situazione.
"Stai fuori dalla mia vita" dico a voce bassa. Non deve sentirci nessuno.
"Non puoi evitarmi per sempre. Lo sai che prima o poi ti becco da solo" sorride, e le palpebre si abbassano sui suoi occhi scuri. "Lo stai usando come scudo, ma alla fine succederà."
"Non lo sto usando" dico, ma Adele mi zittisce con un'occhiata.
"Pensi che mi sia persa quei timidi baci sul sedile posteriore dell'auto? Solo perché tuo padre e io stavamo litigando non significa che io non fossi consapevole di ogni tua singola mossa" il suo sorriso compiaciuto mi da il voltastomaco. "Mi dispiace, ma qualunque cosa ci sia fra voi due mi è sembrata il primo approccio fra due adolescenti che non hanno idea di cosa fare l'uno dell'altra. Come se non vi foste mai toccati prima. State davvero insieme?"
All'improvviso mi prende il panico e ho la gola più secca del Sahara. Non voglio rispondere, non sono affari suoi, anche se so che non mollerà la presa. Andrà avanti ancora e ancora finché non crederò. Le ho sempre ceduto in passato, e mi odio per questo. Guardo dall'altra parte del tavolo, cercando di catturare l'attenzione di mio padre, ma lui è assorbito in una conversazione con l'uomo seduto accanto a lui e non si è accorto di nulla. "Stiamo insieme" dico a denti stretti, senza guardarla. Il suono disgustato che fa mi obbliga a voltarmi nonostante i miei sforzi. Nei suoi occhi c'è un leggero luccichio di esitazione; poi però continua imperterrita.
"È bravo a letto? Conosce qualche trucchetto speciale?" Sapevo sarebbe successo alla fine, ma non qui, non circondati da centinaia di persone.
"Chiudi quella cazzo di bocca."
Il suo sorriso si allarga. Sa che ha toccato un nervo scoperto. "Ti soddisfa, Harry? È piuttosto difficile, sai. Quando uno butta giù tutti quei muri d'acciaio che ti costruisci intorno sei davvero..insaziabile." Un senso di vergogna mi soffoca e mi alzo così in fretta che la sedia cade in terra producendo un tonfo sonoro. Tutti i commensali al tavolo mi guardano, e divento rosso per l'imbarazzo. Adele se ne sta seduta lì, serena come una regina sul trono; non si disturba nemmeno a guardarmi perché sa cos'ha fatto.
"Tutto bene, figliolo?" domanda mio padre, accigliato. E anziché rispondergli scappo per allontanarmi il più possibile da Adele. Devo andarmene da questo posto, questa sala di sta chiudendo su di me e mi gira la testa. Non so se sia l'ansia o le due birre che ho bevuto stasera.

So solo che ho bisogno di aria, e mi dirigo verso la terrazza.
Verso Louis.

Louis.

"Sei ancora a casa di Wade, vero?" faccio un giro di sigaretta ed espiro, e per un attimo rimango incantato dai leggero riccioli di fumo che fluttuano nell'aria. Fa freddissimo e sto fumando questa stupida sigaretta senza nemmeno sapere se posso, dato che sulla dannata terrazza non ci sono segni che indichino di non fumare. Che senso ha un'area all'aperto se non permettono alla gente di fumare?
"Si, si, sono ancora qui." Lottie sembra infastidita dalla mia domanda, ma non mi interessa. Sono passate le nove: per le dieci dovrebbe essere a letto, e voglio assicurarmi che sia dove deve essere.
"Non dimenticarti che alle dieci devi andare a dormire" do un colpetto alle ceneri al di là della ringhiera, senza preoccuparmi di smentire la mia tendenza a buttare per terra la spazzatura e sentendomi una merda. Cosa c'è in questa gente ricca e capricciosa che mi fa sentire come se fossi cresciuto fra la spazzatura?
"Ma è prestissimo. Wade non va a letto prima delle undici" sta piagnucolando, di nuovo, e così mi ricorda quanto è immatura e per certi versi ancora una bambina, anche se non perde occasione per dimostrarmi che è una donna che sa prendersi cura di se stessa.
"Buon per Wade. Io penso ancora che tu dovresti andare a letto per le dieci" ripeto consapevole che probabilmente non mi darà retta. Odio stare lontano da lei. C'è qualcosa nell'aria, qualcosa che mi sta nascondendo, ma non riesco a capire cosa. Spero solo che riesca a tenere duro finché non tornerò a casa.
"Va beh" borbotta Lottie. "Ti comporti come se fossi mia mamma, lo sai?" Sento un nodo alla gola e mi vengono le lacrime agli occhi. Stasera non riesco a controllare le emozioni. Tutta colpa di Harry e delle sue stupide labbra perfette. Quel bacio ha messo in moto delle emozioni dentro di me ed è allora che sono sul punto di scoppiare a piangere.
"Qualcuno deve starti col fiato sul collo."
Ride. "Non è forse vero?"
"Oh mio dio, usa parole normali, per favore" rido anch'io, contento che sia di buon umore. Prima, quando ci siamo parlati, era indifferente ed evasiva. Non voglio che abbia segreti con me, eppure so che è naturale, perché ha tredici anni. Il suo comportamento non potrà che peggiorare, sono sicuro, ma io sono preparato.
So che Harry ha parecchi segreti, non sono sicuro di cosa si tratti, ma ho la sensazione che sia roba grossa. È represso, teso. L'ho sentito quando mi ha baciata ed ero fra le sue braccia. Era rigido, come se si stesse trattenendo. Non volevo che fosse così, non allora, e decisamente non adesso. Harry è una persona diversa da ciò che vorrebbe far credere, e sto iniziando a chiedermi chi sia davvero. Lui almeno lo saprà?
"Ti chiamo domani, ok? Comportati bene" faccio un altro tiro, trattenendo il fumo nei polmoni prima di lasciarlo andare piano. So quanto fa male, eppure non riesco a farne a meno; fumare mi rilassa. E in questa schifosa cena al country club ne ho davvero bisogno.
"Ciao, Loueh" nessuno mi chiama così, solo Lottie. "Ti voglio bene."
"Anche io ti voglio bene" sussurro, chiudendo la comunicazione.

"Fumare uccide, sai?" la voce profonda e sexy di Harry mi raggiunge e mi volto, individuandolo a pochi passi da me. Ha le mani in tasca e il vento gli scompiglia i capelli scuri. Sembra nervoso e bellissimo, vorrei fare una fotografia e catturare questo singolo momento mozzafiato per l'eternità, per tenerlo sempre con me.
"Mi stavi seguendo?" gli chiedo mentre lancio il mozzicone giù dalla terrazza. Non so dove metterlo, quindi faccio la solita mossa.
"Avevo bisogno di uscire da li."
"Anche io" sospiro. Rivoglio la mia attenzione al campo da golf e poco oltre, all'oceano e mi chiedo se torneremo mai qui, per apprezzare la vista alla luce del giorno. La gente ricca non ha idea della bellezza che li circonda, vedono queste cose ogni giorno e le trovano speciali. Probabilmente non le notano neppure.
Mi chiedo come si faccia a essere immuni a un panorama così bello. Certo, anch'io sono indifferente alla banalità che vedo ogni giorno; forse tutti attraversiamo la vita con una dose di indifferenza che ci rassicura. Come dice una delle canzoni preferite di mia mamma.
"Tua sorella sta bene?"
"Si" faccio spallucce. Harry me lo chiede solo per essere gentile. Stare qui fuori, da soli nell'aria fredda della sera per pochi minuti, ha già reso più chiara la situazione fra noi. E ne avevo bisogno dopo il bacio sbalorditivo che ci siamo dati. A lui non importa di me, e a me di lui. Questo è un lavoro, nient'altro. Il bacio? Un modo per allentare i bollori, perché insomma, trascorrere tanto tempo insieme in un ambiente così ristretto e fingere di essere una coppia vera ha generato un po' di frizione, calore, alchimia sessuale.
Ce l'abbiamo, l'alchimia, la sento anche ora: tintinna fra noi, mi brucia la pelle.

Mi rendo conto che mi sta fissando e lo sento avvicinarsi. Ora è in piedi accanto a me, le braccia appoggiate alla ringhiera come le mie. Mi dà un colpetto amichevole con il gomito e io rabbrividisco, il vento è di ghiaccio e mi punge la pelle nuda.
"Hai freddo" i suoi sussurri mi danno sui nervi e vorrei urlargli di lasciarmi in pace, però non lo faccio.
"Più o meno" rispondo.
Sorride. "Se avessi un cappotto ti obbligherei a metterlo."
Non voglio che si comporti da gentiluomo, o come un ragazzo gentile e premuroso. Non mi interessano queste bugie, quello di cui ho bisogno è la realtà, nuda e cruda. Non devo perdere di vista i soldi che ho depositato sul mio conto corrente, il fatto che mi stia usando per respingere la sua famiglia e che io stia usando lui per assicurarmi una temporanea stabilità economica per la mia miserabile piccola famiglia. Non devo dimenticarlo.
"Forse dovremmo tornare dentro" dico, ma lui mi sfiora un braccio con la sua mano grande e basta quel gesto a lasciarmi senza parole.
"Non posso tornare là" sussurra a voce così bassa che faccio fatica a sentirlo. "Non posso affrontarli, non ancora. Rimani qui fuori con me." Mi sono perso qualcosa? Non sembra troppo arrabbiato, ma non lo conosco abbastanza bene per dirlo. Non rispondo, immaginando che sia meglio stare calmo e rassicurarlo, e anche lui resta in silenzio.

Ma mi mette un braccio intorno alle spalle e mi trascina a lui. All'inizio provo a resistere, mi irrigidisco in modo che non possa muovermi, ma è stupido ribellarmi, specialmente nella speranza che mi scalderà. Quindi lo lascio fare, gli permetto di guidarmi fra le sue braccia, e lui mi avvolge finché non appoggio la testa sul suo petto ampio e caldo. Mi strofina le mani sulla schiena e mi ritrovo intrappolato fra lui e la ringhiera. Il suo corpo è muscoloso e caldo: sono imprigionato e non ho interesse a sfuggirgli.
Rinnego tutti i pensieri e le preoccupazioni che mi hanno assalito fino a poco fa, e solo perché mi sta toccando. Sono debole quando si tratta di Harry, così debole che è quasi imbarazzante, ma lui sembra altrettanto debole con me, il che mi rassicura. Almeno siamo in questo casino insieme.
"È successo qualcosa là dentro?" chiedo, perché la curiosità mi uccide, devo saperlo.
"Non mi va di parlarne" alzo lo sguardo di sfuggita e vedo che ha la mascella contratta.
"Beh, se mai ti andasse, sono qui."
Mi guarda, nei suoi occhi leggo così tanta disperazione che mi fa male il cuore per lui. Questo ragazzo bello e perfetto non è così perfetto, dopotutto. "Non capiresti."
Rido, non per prenderlo in giro e spero che lo capisca. "Capirei più di quanto tu possa immaginare."
"Se ti raccontassi la verità mi odieresti" la sua voce è severa, l'espressione addolorata. "Mi odio per quello che ho fatto." Sento un improvviso peso allo stomaco, sembra perso, e capisco che ha ragione. Forse non voglio sapere. Quello che dice -o che non dice- mi riempie di disagio.

Cos'ha fatto per odiarsi tanto?

Non dirmi un'altra bugia] Larry Stylinson.Where stories live. Discover now