Phobos - Capitolo I

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Un leggero e tiepido venticello estivo soffiava sulla terrazza del castello di Ingborn, facendo dondolare dolcemente le grandi tende che di giorno riparavano dal sole la sala da pranzo reale, ma che ora erano raccolte con delle spesse corde turchesi ai lati delle imponenti porte di vetro spalancate. All'interno della maestosa sala erano accese poche candele e la terrazza era quindi illuminata solo dalla luce della luna piena, bianca e luminosa. L'uomo avanzò lentamente verso la figura femminile che stava ammirando il panorama appoggiata al parapetto di pietra; teneva nelle mani due calici di cristallo del migliore vino bianco del regno.
«Una notte stupenda, non trovi?»
La donna si girò verso di lui, appoggiando al parapetto la schiena lasciata nuda dalla profonda scollatura del vestito nero che indossava e lanciandogli un luminoso sorriso.
«Meravigliosa, mio Signore.»
L'uomo rispose al sorriso e le porse uno dei calici.
«Brindiamo!» le disse poi, sollevando il bicchiere.
«A cosa, mio Signore?» disse lei inclinando leggermente la testa di lato e inarcando un sopracciglio, gesto che lui adorava.
«Ci deve essere per forza un motivo?» disse lui tranquillamente, facendo tintinnare i bicchieri.
«No, mio Signore. Allora brindiamo.»
Bevvero entrambi senza staccare gli occhi uno dall'altra, poi l'uomo prese delicatamente il calice della donna e lo appoggiò con il suo sul parapetto. Passò allora le mani attorno ai fianchi della compagna e la avvicinò a se, dolcemente ma con decisione. Lei gli mise la braccia attorno al collo, assecondando la sua stretta. Lo spazio tra i loro corpi annullato, mentre lo sguardo di entrambi si faceva sempre più languido. La donna sentì immediatamente l'erezione del compagno crescere rapidamente, premendo contro il suo ventre.
«Il nuovo Sovrano di Ingborn ha già deciso di avere un erede?» disse allora lei, maliziosamente.
«Perché no? Non è mai troppo presto, mia Signora: il tempo che Dio ci ha concesso per stare su questa terra è breve e un buon sovrano ha il dovere di preservare la sua stirpe, per il bene del suo popolo» rispose lui aumentando la stretta, dopodiché la baciò con passione.

«Non sai quanto hai ragione...»

La voce, poco più che un sussurro, li fece sobbalzare. L'uomo si staccò dalla compagna e la nascose dietro la sua schiena per proteggerla dall'eventuale malintenzionato.
«Chi osa?!» ringhiò furioso nell'ombra, ma non vide anima viva. Il vento era calato improvvisamente e l'aria era immobile.
«Mio Signore...» disse la donna, con voce tremante dietro di lui « ...cosa sta succedendo? Perché fa così freddo, ora?»
Anche lui, allora, se ne rese conto: faceva freddo. Molto freddo. Com'era possibile? Fino ad un istante prima la temperatura era tiepida e piacevole, ma ora aveva la pelle d'oca e le membra scosse dai brividi.
«Guardie!» urlò allora.

«Non sprecare il poco fiato che ti rimane, "Mio Signore"...le tue guardie non possono sentirti. Non più.»

La voce sembrava provenire dal nulla. Si guardò nuovamente intorno, nessuno. Il freddo continuava a farsi sempre più pungente. Cominciò a vedere nuvole di vapore uscire dalla sua bocca. La donna si stringeva sempre di più a lui in preda al panico, cominciando a singhiozzare.
«Chi è? Cosa sta succedendo...? Ho paura...»
«Silenzio, donna!» la dolcezza di poco prima era stata spazzata via come una foglia al vento. Ora il sentimento prevalente era la...

«Paura...giusto, mia Signora. Lei ha capito.»

A quelle parole, un brivido ancora più forte scosse la schiena del sovrano. E il suo animo.
«C-c-che cosa, maledetto! Chi sei? Cosa vuoi? Fatti vedere!» l'uomo cominciò ad avanzare lentamente verso le porte della sala, in cerca di un qualsiasi riparo, trascinandosi dietro la donna sempre più terrorizzata. Il panico e un terribile sospetto si stavano impossessando di lui.

«Chi sono e cosa voglio? » disse allora la voce, dal nulla in tono quasi canzonatorio « Non lo hai ancora capito? »

«Non è possibile!» urlò allora con tutto il fiato che aveva in gola il Re di Ingborn « La Stirpe Maledetta è stata spazzata via anni fa, sei solo un impostore! Guardie!!»

«Ti ho già detto che è inutile chiamare qualcuno...a meno che tu non sappia evocare le anime dei morti.»

La donna lanciò allora un urlo. Acuto. Fortissimo. Dopodiché, svenne.
L'uomo non badò più di tanto alla cosa, il panico ora era assoluto. Lasciò la sua compagna a terra senza tante cure e si mise a correre verso l'interno del castello, verso a un riparo. Una folata di vento gelido fece allora svolazzare la tenda davanti a lui, coprendo l'ingresso. Lui si bloccò di colpo. Quando la tenda tornò al suo posto, svelò una figura imponente, dove un istante prima c'era il nulla, che gli sbarrava la strada.
In quell'esatto istante, il Re comprese appieno l'espressione "avere il cuore in gola": gli sembrò di sentire addirittura con le orecchie il rumore del pulsare delle vene nel collo e il fiato gli si spezzò. Le gambe si fecero molli e le mani furono prese da tremori.

«Hai quasi ragione, la "stirpe maledetta" è stata sì spazzata via, ma non del tutto, come vedi.»

La luce della luna illuminava il volto della figura, completamente vestita di nero. La pelle del viso affusolato era scura, i lunghi capelli neri e lisci ricadevano sulle possenti spalle, senza coprire due orecchie appuntite. Gli occhi riflettevano la luce, come quelli di un gatto. Nella mano destra impugnava una lunga lama che emanava uno spettrale bagliore azzurro.

«Ora, donami la tua Paura, Re di Ingborn.»

La figura alzò la lama e la puntò verso l'uomo, pallido e tremante. Il bagliore azzurro si fece più intenso. Un bagliore simile si sprigionò immediatamente dal corpo del Re, per poi essere risucchiato dall'arma. Quando il fenomeno cessò completamente, la figura abbassò la lama, emettendo un sospiro.

«Grazie, ne farò un buon uso.» disse infine.

Il Re si ridestò come da un sogno,non sentiva più freddo e la calma era ritornata nel suo cuore. Non temeva più quella figura e la rabbia prese il sopravvento.

«Maledetto! Cosa mi hai fatto?»

«Lo sai benissimo. Come sai cosa succederà ora.»

L'uomo, allora, si scagliò contro l'Elfo.

La sua testa fu ritrovata solo nel pomeriggio inoltrato del giorno successivo, in mezzo ai cespugli del giardino al di sotto della terrazza. Quella della regina, invece, non fu mai più ritrovata.

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