Una lettera per te.

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E
senza pace dentro al petto,
so che non posso fare tutto..
ma se
tornassi farei tutto e basta.
E guardo fisso quella porta,
perchè
se entrassi un'altra volta
vorrebbe dire che anche io son morto
già.
(Per dirti ciao - Tiziano Ferro)

Scusa
se ti scrivo solo ora.
Scusa se ho trovato il coraggio di farlo
solo questa sera.
È che sta piovendo a dirotto fuori ed io sono
sola qui al bar, vorrei che tu fossi qui col tuo pick-up per portarmi
in salvo come due anni fa.
Ti ricordi?
No, tu non puoi
ricordare.
Non puoi piangere sui ricordi come faccio io, non puoi
tornare da me, non puoi più sollevarmi la giornata con i tuoi
sorrisi.
Non puoi fare più niente.
Ma io ci parlo con te,
sai?
Certo, perché io so che anche se sei lontano ci sei ancora,
da qualche parte, a vegliare su di me.
Lo sento quando apro la
porta di casa, la nostra casa, e il tuo odore mi entra nei polmoni
come il primo giorno. Non se n'è mai andato, come il tuo
ricordo.
Ancora scusa se ti sto scrivendo questa lettera solo
adesso, gli altri l'hanno già fatto.
Già, i dottori hanno
detto che mi avrebbe fatto bene sfogarmi un po', parlare con te mi
farà sempre stare bene.
Gabriele è stato il primo a scrivertene
una, parecchi mesi fa, sai?
Successivamente è stato il turno di
Stash e Daniele.
Manchi a tutti. Manchi a me. Manchi a
Cristian.
Oh, anche lui ti ha scritto una lettera qualche
settimana fa, una sera d'estate.
Lui è forte, più forte di me
sicuramente. Lo sono tutti.
Lo sono i ragazzi, quei ragazzi che
sentono il vuoto della tua assenza ogni fottuto giorno da quando te
ne sei andato.
Anche le fan sono forti, loro lo sono per te.
Tu
non avresti voluto che ci sentissimo così male per te, ma davvero
non ce la faccio a far finta che questa vita mi stia
uccidendo.
Questa vita nella tua assenza, questa vita senza di
te.
Sto scrivendo queste parole con la prima penna che ho trovato
sul bancone, davvero ho bisogno di tutto questo.
Dopo tutto questo
tempo ho bisogno di confidarmi con te, ho bisogno dei tuoi sorrisi,
delle tue carezze, dei tuoi abbracci rincuoranti.
È per questo
che spero che tu adesso entri da quella porta, sì la stessa di due
anni fa, quella di legno un po' antico che cigola se spinta troppo
a fondo, per portarmi in salvo dalla pioggia che batte sui
vetri.
Vorrei tornare indietro, vorrei poter rivivere tutto, ogni
nostro momento.
Sono sempre qui, seduta malamente su una sedia con
i piedi appoggiati allo sgabello, nella stessa posizione in cui mi
trovasti la prima volta.
Me lo ricordo ancora quel giorno, sai?
Come dimenticarlo..
Avevo sempre lavorato in questo bar, i miei
genitori erano i proprietari ed io avevo accettato di fare la barista
a tempo perso finché non avessi trovato un lavoro migliore.
Ma
poi tutto è cambiato.
È cambiato da quel giorno di Settembre in
cui sei entrato per la prima volta nel mio locale.
Ero come sempre
seduta in un angolo dietro il bancone, quella stessa sedia che mi sta
logorando adesso, sperando che i miei genitori sbrigassero tutte le
faccende e le ordinazioni senza il mio aiuto, ma non mi sarei mai
immaginata di incontrare il tuo viso nel mio misero bar.
Perché
ovviamente ti conoscevo, come non conoscere il rapper più famoso del
momento? Anche se non ero mai stata tanto attirata dalla tua musica,
mi sembrava troppo commerciale all'inizio.
- Paola puoi andare tu a servire quel ragazzo? Devo ancora finire di fare i
caffè per il tavolo cinque, proprio non ho tempo -
mi aveva detto mia madre distrattamente azionando la macchinetta del
caffè fissando il tavolo interessato per poi indicarmi il ragazzo
con in testa un cappello blu che era appena entrato.
Avevo chiuso
sbuffando il giornale che avevo letto già almeno tre volte dalla
noia per tutta la mattinata e mi ero diretta verso di te
preoccupandomi di aggiustarmi i capelli scuri in una coda alta e un
po' improvvisata.
Ero stanca della mia vita, di dover studiare
ogni sera per assicurarmi un buon lavoro un giorno, avevo bisogno di
un cambiamento.
Tenendo lo sguardo sulla cassa mi ero parata
davanti a te indifferente.
- può
dire a me -
avevo detto alzando gli occhi al cielo in un sospiro, poi quando
avevo guardato il tuo viso mi si era mozzato il fiato.
Certo, tu
dovevi fare sempre quest'impressione alla gente, Mattia Briga era
abituato a non passare inosservato andando in giro per le vie e i
negozi.
Tu, quel viso che milioni di ragazzine bramava giorno e
notte, eri davanti a me tranquillo.
- un
caffè macchiato e un cornetto -
mi avevi risposto prima di incrociare il mio sguardo un po'
titubante.
Avevi gli occhi più belli del mondo e io me ne ero
resa conto solo in quel momento, nonostante due anni di successi
discografici, nonostante tutte le riviste, tutte le foto, tutti i
servizi in tv, avrei potuto giurare che non sarebbero mai stati così
limpidi come dal vivo.
Eri rimasto un attimo a fissarmi
probabilmente chiedendoti perché non mi fossi mossa per servirti,
allora con un cenno di capo mi ero girata verso la macchinetta del
caffè per poi porgerti in un piattino il tuo cornetto.
Quel
giorno non avevamo più parlato, tranne per un mio debole
" arrivederci "
dopo averti dato lo scontrino.
Avrei dovuto comportarmi come fossi
stato un semplice cliente, e così avevo fatto.
Ma tu non eri un
semplice cliente, eri una pop star ed eri, probabilmente, il ragazzo
più bello che avessi mai visto in tutta la mia vita.
Ovviamente
non lo dicevo solo io, oltre a tutte le fan anche la tua ragazza del
tempo, Ludovica, insisteva del ricordarlo ogni volta nelle
interviste.
Passavano i giorni senza rivederti e pensavo che
quella fosse stata un'occasione più unica che rara, tu non saresti
più venuto nel mio misero locale.
Passavano le settimane e
l'illusione di incrociare i tuoi occhi un'altra volta svaniva
come la convinzione di averti davvero visto, mi sembrava sempre più
impossibile.
Poi una mattina avevo sentito il consueto
scampanellio della porta di legno un po' ammaccato aprirsi e avevo
alzato gli occhi sul mio prossimo cliente. Eri tu.
Mi ero alzata
in piedi senza farmi troppo notare e mi ero messa davanti a te, come
qualche settimana prima, senza fiatare, aspettando che fossi tu a
parlare.
Solo un sorrisetto riempiva il mio volto.
- un
caffè macchiato e un cornetto -
avevi ripetuto con lo stesso tono della volta prima, senza far
trasparire emozioni, abbassandoti il cappuccio che fino a poco prima
ti aveva nascosto da occhi indiscreti.
Annuire alla tua
ordinazione mi era sembrata la cosa più giusta da fare sebbene le
domande da farti mi stessero divorando dentro.
Come stava andando
il tour? Avrei potuto fare una foto con te? Almeno un tuo autografo?
Come andava con la tua fidanzata? Com'era essere una star? Perché
eri tornato nel mio bar dopo tutto quel tempo?
E come la volta
prima te n'eri andato in silenzio com'eri entrato facendo ben
attenzione a rimetterti il cappuccio prima di uscire.
Ero rimasta
a fissare il punto da dove eri sparito vedendo solo la porta
d'ingresso oscillare dopo il tuo passaggio.
Non me li ero
sognati, quelli erano proprio gli occhi più belli del mondo.
Non
sai come mi manca potermi immergermi in quelle pozze verdi.
Quel
misero sorriso cordiale che mi avevi rivolto educatamente prima di
andartene via era stato il più luminoso che avessi mai visto.
Oh,
come mi manca.
Quei capelli un po' arruffati che ero abituata a
vedere sempre in ordine nelle riviste mi avevano fatto capire che eri
una persona normalissima, come me.
Ed eccoti lì di nuovo
esattamente due giorni dopo, la stessa ordinazione, la stessa voce,
la stessa ora, gli stessi occhi mozzafiato.
Si era ripetuta la
stessa cosa per il giorno dopo, quello dopo e quello dopo
ancora.
Avevo cominciato a fare qualche ricerca su di te , sul
perché fossi diventato così famoso, e ascoltando le tue canzoni,
ascoltando la tua voce, avevo capito il perché.
La tua voce, le
tue parole, erano un vero toccasana. Erano vere, pure, limpide.
E
quando la mia amica Francesca aveva trovato dei biglietti per il tuo
concerto, qualche settimana dopo, ero stata entusiasta di
vedervi.
Avrei voluto vederti all'opera, avrei voluto sentirti
cantare.
La tua voce era già meravigliosa per quel poco che
l'avevo sentita, ma ascoltarti cantare sarebbe stato
fantastico.
Vederti com'erano abituati a vederti tutti, in tiro,
con un po' di barba e con quel ciuffo che ti
caratterizzava.
Mischiare le mie urla con quelle di altre mille
fan e tremare quando sareste entrati sul palco.
Era successo
tutto.
Mi erano venuti i brividi al suono della tua voce, ai tuoi
sorrisi, alle battute dei tuoi compagni, ascoltando le parole delle
tue canzoni.
- sono
stata al tuo concerto ieri sera -
avevo detto tutto d'un tratto il giorno dopo mentre eri troppo
indaffarato a bere un sorso del tuo caffè mordendomi poi il labbro
nervosa.
Saresti scoppiato a ridere? Avresti pensato che fossi una
delle solite fan? Avresti cambiato bar dopo le mie parole?
Ti eri
fermato e avevi puntato gli occhi nei miei sorpreso, per poi aprirti
in uno dei tuoi tanti sorrisi meravigliosi, il primo che avevo visto
da così vicino, tirando le labbra piene in un ghigno.
- beh,
spero ti sia piaciuto -
avevi commentato cordiale mordendo poi un pezzo del tuo
cornetto.
- si,
molto -
ero riuscita a sussurrare solamente in preda all'imbarazzo sotto il
tuo sguardo sicuro.
Ma tu eri rimasto in silenzio com'eri
abituato a fare continuando a guardarmi di sottecchi.
Era strano
come fuori dai riflettori diventassi così timido ed
essenziale.
- devo
essere sincera.. non ti conosco da molto ma le tue canzoni sono
davvero molto belle -
avevo aggiunto sperando di strapparti qualche altra parola.
Adesso
al sol pensiero di parlare di nuovo con te mi fa venire i brividi,
non sai che darei per sentire di nuovo la tua voce almeno per un
istante.
Perché sì, nei video potrei ascoltarla mille volte ma
sentire quella tua voce calda al vivo era qualcosa di
impagabile.
Pagherei ore pur di sentirti parlare, anche delle
partite di calcio che a me in verità avevano sempre un po'
annoiato ma che io guardavo con te pur di vederti sorridere.
Di
sentire la tua voce la mattina appena sveglio, quel grugnito con cui
eri solito annunciarti, e poi i tuoi " buongiorno "
accompagnati da un candido bacio.
Di sentire la tua voce rauca
dopo aver fatto l'amore.
Di sentire la tua voce celestiale
intonare le note di quelle canzoni che a me facevano impazzire.
Di
sentire la tua voce un po' impacciata quando parlavi di me.
Di
sentire la tua voce assonnata la sera prima di dormire abbracciati
nel nostro letto.
Di sentire la tua voce agitata dietro le quinte
dei concerti.
Di sentire la tua voce allegra quando scherzavi con
gli altri.
Di sentire la tua voce quando mi dicevi di amarmi, che
ero la sola per te.
Mi manca tutto questo, mi manca da
morire.
- ah
si? E.. qual è quella che ti piace di più? -
mi avevi chiesto finalmente con un po' d'interesse appoggiandoti
col gomito al bancone.
- " Sei
di mattina "
la trovo davvero stupenda -
avevo risposto con aria trasognante ripensando al tuo assolo da
brivido.
- già,
è piena di significato -
avevi concordato annuendo distrattamente.
- è
dedicata alla sua fidanzata? -
avevo chiesto di botto facendo ben attenzione a darti del lei, senza
riflettere davvero su quello che avevo detto, ma quando avevi
ridacchiato avrei voluto uccidermi.
- mi
scusi non sono affari miei, sono stata troppo impertinente, parlo
senza pensare il più delle volte e.. -
avevo cominciato a parlare a raffica com'ero abituata a fare sempre
volendomi sotterrare ogni secondo di più mentre tu te ne stavi lì a
sorridere divertito.
- no
no stai tranquilla, è tutto a posto -
mi avevi interrotta facendomi cenno con la mano di
calmarmi.
- davvero
mi scusi.. non avrei dovuto -
aggiunsi ancora dispiaciuta mettendomi una mano tra i capelli scuri e
mossi e abbassando lo sguardo al pavimento.
- ehi,
non hai fatto niente di male -
avevo detto ancora finendo di mangiare e bere per poi porgermi le
consuete tre sterline per il pagamento.
- lo
spero, non avrei dovuto. Sono un'impicciona mi scusi ancora -
avevo esclamato dandoti lo scontrino con il quale di solito sparivi
dal bar nel silenzio.
- ne
ho viste di peggio -
avevi commentato per tranquillizzarmi alzando un sopracciglio
divertito per poi sorridermi e mormorare un " arrivederci "
tirandoti su il cappuccio dal quale ti difendevi dagli occhi
indiscreti e poi uscire dal locale.
Saresti più tornato dopo il
nostro breve discorso?
Avrei più rivisto quegli occhi e quel
sorriso?
Cosa ci avrebbe visto un ragazzo come te in una ragazza
come me poi?
Tu eri fidanzato da parecchi mesi con Ludovica,
quella mora che sicuramente avrebbe potuto soddisfare le tue
aspettative meglio di me.
Io non camminavo su tacchi alti, non
avevo lunghi capelli mori e grandi occhi blu, non avevo gambe lunghe
e snelle, non avevo nulla a che fare con il tuo mondo e tu col
mio.
Io ero ferma nella mia vita da studentessa universitaria che
passava le giornate tra l'istituto e quel misero bar, i miei
capelli erano lunghi bionfi e mossi, avevo dei semplici occhi color
cioccolata, non ero così alta e slanciata come avrei dovuto, non
avevo tutta l'eleganza degna della tua persona, io parlavo a
vanvera, farneticavo e mi mangiavo le parole quando ero nervosa.
Io
ero quella che mordicchiava le penne mentre studiava, quella che
nonostante le brutte serate si svegliava presto per il mio turno al
bar, quella che sperava in un lavoro da interprete un giorno per
potermene andare da questa città, quella un po' impacciata e
insicura.
Ero troppo diversa dalle tue solite fidanzate che facevo
fatica a credere che potessimo essere nate nello stesso pianeta.
Ma
c'erano quei pochi momenti in cui le nostre due realtà, seppur
così parallele e diverse l'una dall'altra, si incontravano nel
mio bar, per quei pochi minuti c'eravamo solo tu ed io.
Tu, io,
la tranquillità del mattino e un caffè.
Sai, avevo fatto un paio
di ricerche sul perché fossi sempre al mio bar e avevo scoperto che
la tua casa qui a Caltanissetta non era lontana, solo un paio di
isolati più avanti.
Ormai non vedevo più la fine del tour per
poterti rivedere, per sperare di poterti rivedere.
- mi
faccia indovinare.. un caffè macchiato e un cornetto? -
farti quella domanda con sarcasmo la prima volta che era tornato,
dopo mesi, nel mio locale era stata l'unica cosa che mi era venuta
in mente.
- sei
perspicace -
mi avevi risposto accennando un sorriso togliendoti come sempre il
tuo cappello per poi sederti malamente sullo sgabello davanti al
bancone dov'ero io, cosa che mi aveva sorpreso.
Eri sempre stato
sbrigativo, di corsa, come a voler stare in giro ed essere a contatto
con le persone il meno possibile, ma ti eri seduto lì appoggiando
poi i gomiti sul legno della cassa.
Ti avevo sorriso divertita e,
come sempre, ti avevo dato la tua ordinazione per poi vederti
cominciare a bere quel caffè lentamente.
- com'è
andato il tour? Spero bene -
ti avevo chiesto sperando di non essere troppo invadente, ma
evidentemente non lo ero perché tu mi avevi sorriso cordiale.
- si
grazie, è stato davvero incredibile -
avevi mormorato guardandomi di sottecchi mentre io mi divoravo
dentro, mentre i tuoi occhi mi divoravano dentro.
- beh,
ci credo. Dev'essere bello avere così tante persone che ti
sostengono -
avevo aggiunto distrattamente pulendomi le mani in uno strofinaccio
continuando a guardarti.
Avresti potuto pensare che ero
un'impicciona, una ficcanaso, la solita ragazza impertinente..
avresti potuto.
- ed
è così. A volte non mi sembra vero di essere arrivato fino a questo
punto.. -
avevi acconsentito con un certo orgoglio nelle tue parole.
- te lo
meriti, siete davvero bravi -
mi ero congratulata.
Ficcanaso e leccapiedi, ma che figura stavo
facendo?!
- e
tu sei davvero troppo gentile, avanti trattami come un ragazzo
normale.. è quello che sono -
avevi ribattuto divertito passandoti una mano tra i capelli.
- un
ragazzo normale non fa il tutto esaurito all'Olimpico -
ti avevo ricordato appoggiandomi con le mani al bancone.
- sei
informata vedo.. -
avevi commentato colpito da tutte le cose che in effetti
sapevo.
- beh,
sai com'è.. le voci corrono -
avevo mormorato generalmente facendo ben attenzione a non sbagliare
le parole da usare.
- ma
non mi dire -
avevi esclamato fintamente colpito dalle mie parole mantenendo sempre
quel sorrisetto divertito che mi faceva capire di non star
esagerando.
- poi
io sono una barista, non sai quante cose sento ogni giorno -
avevo aggiunto annuendo ripensando alle centinaia di facce diverse
che passavano dal mio locale, anche se l'unica che mi importava
veramente era la tua.
- illuminami -
mi avevi sfidato curioso di sentire qualche chicca interessante
incrociando le braccia sul bancone per stare più comodo.
- per
esempio il proprietario della profumeria qua vicino tradisce sua
moglie con una giovane ragazza, li vedo insieme ogni martedì qua a
bere come fossero una coppietta di innamorati -
ti avevo rivelato piegandomi verso di te e abbassando il tono della
voce in modo che nessun altro potesse sentirmi.
Avvicinarmi così
tanto al tuo viso era stato come un lento suicidio, tu avevi piantato
i tuoi occhi nocciola nei miei mentre il tuo sorriso si apriva sempre
di più alle mie parole.
- interessante.. -
avevi detto annuendo prima di lasciarti ad una risata.
Se avevo
pensato che la tua voce fosse il suono più bello del mondo era
perché non ti avevo mai sentito ridere, lasciarti andare a quella
tua risata cristallina.
Non sai quanto mi manca, Mattia.
Mi
manca scherzare con te, fare la finta offesa per farti ridere e
ricevere i tuoi baci, litigare per nulla per poi scoppiare a ridere e
abbracciarci.
Mi manca tutto.
- grazie
per la soffiata comunque -
avevi aggiunto tra le risate alzandoti dallo sgabello porgendomi i
soliti tre euro e poi sparire via da quella porta.
Poi è arrivato
quel giorno, quello che mi logora ogni volta che piove così forte da
chiudersi in casa e non uscire più.
Tu ci saresti stato per
sollevarmi, per mostrarmi che in realtà la vita era una giornata di
sole, tu avresti fatto tutto pur di vedermi felice.
Mi avresti
distratto dalla tempesta, mi avresti portato in salvo con le tue
parole.
Perché tu mi hai portato in salvo dalla mia vita, dalla
tempesta.
Ero chiusa nel bar da più di dieci minuti ma quella
volta non come barista, il mio turno era finito e alle undici, come
ogni giorno, sarei dovuta andare in università per le lezioni.
Mi
ero liberata del solito grembiule, della targhetta col mio nome e di
quella cordialità che mi distingueva.
Avevo lasciato i capelli
lunghi sulle spalle mentre una giacca mi avvolgeva nel suo calore, e
fuori potevo vedere la pioggia forte infrangersi ovunque.
I vetri
quasi tremavano tanto era forte, non c'era nessuno in giro e non
avevo la più pallida idea di come arrivare fino al mio istituto
senza prendermi l'acquazzone.
Avevo aspettato vari minuti
sperando smettesse o che almeno si calmasse un po' ma tutto
invano.
Alla fine mi ero seduta in uno dei tanti tavolini del mio
bar sperando in un miracolo, e sei arrivato tu.
Tu eri il mio
miracolo.
- che
ci fai qui? Non dirmi che ti hanno licenziata o qualcosa del
genere? -
avevi chiesto entrando dal locale facendomi spalancare gli occhi
dallo stupore.
Da quand'è che eri tu il primo a rivolgermi la
parola?
- siamo
di buon umore oggi vedo -
avevo commentato sarcastica riguardo la sua parlantina alquanto
insolita.
- a
quanto pare no -
avevi risposto guardandomi curioso perché ero immobile a fissare la
pioggia fuori in strada chiedendomi come avrei mai potuto raggiungere
l'università a piedi.
- che
succede? -
avevi chiesto ancora curioso di sapere perché fossi lì zitta invece
che al bancone come sempre.
- devo
andare in università e non ho idea di come arrivarci con tutto
questo tempaccio, ti basta? -
ti avevo risposto forse un po' acida ma davvero non riuscivo a
trovare una soluzione decente.
Se avessi saputo come sarebbe
andata a finire non ti avrei mai trattato male, avrei voluto solo
ricordi felici, non ti avrei fatto soffrire neanche una volta.
Non
te lo meritavi amore mio.
Avevi analizzato un attimo la situazione
vagando con lo sguardo da me alla strada più e più volte e proprio
quando stavo per rompere il silenzio con uno sbuffo te n'eri uscito
con un - dai,
andiamo -
indicando con un cenno di capo la porta.
- non
la seguo -
avevo commentato alzando un sopracciglio non capendo continuando a
darti del lei tanta era l'abitudine.
- ti
ci porto io con l'auto -
avevi chiarito sorridendomi gentile.
- ma
ha la patente? Mi devo fidare? -
avevo chiesto poco convinta di sedermi nella stessa macchina con un
ragazzo troppo abituato a stare sotto i riflettori che a
guidare.
- certo
che ce l'ho! Ho diciannove anni, sono grande e vaccinato, basta? -
avevi risposto impaziente porgendomi la mano in modo che la
afferrassi, cosa che un po' titubante avevo fatto per poi essere
catapultata fuori dal bar dietro di te.
Con una breve corsetta
eravamo arrivati alla tua auto che avevo scoperto essere un pick-up
nero e mi ci ero fiondata dentro, cosa che avrei fatto anche se fosse
stato un maggiolino.
Quanto mi manca anche quell'auto.
Quanto
mi manca starti a guardare mentre guidi, quanto mi manca sentire
l'odore di pino mischiato al mio profumo nell'abitacolo, quanto
mi manca canticchiare con te le canzoni che davano alla radio, quanto
mi manca battibeccarci mentre il semaforo era rosso, quanto mi
mancano tutti quei viaggi.
- non
ci vorrà molto, credimi -
mi avevi detto per farmi calmare dato che mi stavo già animando per
aver i capelli umidi.
- e
vorrei vedere, siamo l'unica macchina in strada -
avevo commentato questa volta davvero acida.
Ero in macchina con
Mattia Briga, ero in macchina con una star, ero in macchina con
l'amore della mia vita ma non lo sapevo ancora.
- mi
scusi, lei è tanto gentile con me e io so solo lamentarmi.. sono
una merda -
mi ero scusata dicendo l'ultima parte della frase in un sussurro
che però tu avevi sentito benissimo perché eri scoppiato a
ridere.
- stai
tranquilla, è una giornata no.. lo capisco, non sai quante ne ho
io -
mi avevi risposto cordiale accennando un sorrisetto continuando a
guidare sull'asfalto bagnato mentre io cominciavo a riconoscere la
strada giusta.
- no
davvero mi scusi, è che sono in ritardo e.. -
avevo cominciato a farneticare come sempre gesticolando anche
facendoti scuotere la testa divertito.
- senti,
ti scuso solo se la smetti di darmi del lei. Davvero voglio essere
trattato come un ragazzo normale -
avevi esclamato dopo un po' fermando le mie parole confuse
facendomi voltare nella tua direzione.
- va
bene ma non le.. non ti prometto niente -
avevo acconsentito accennando un sorrisetto prima che tu potessi
accostare davanti alla mia scuola.
- sei
arrivata sana e salva, visto? -
mi avevi detto indicando con la mano l'università.
- già,
grazie mille ti devo un favore -
avevo commentato davvero riconoscente.
Tra tutte le cose che aveva
da fare, ed ero sicura fossero tante, aveva trovato il tempo per
aiutarmi.
- aspetta
un attimo -
mi avevi fermata prendendomi per un braccio prima che aprissi la
portiera - non
mi hai ancora detto il tuo nome.. -
avevi aggiunto addolcendo il tono di voce.
- oh,
mi chiamo Paola Marotta -
ti avevo risposto stupita che me l'avessi chiesto e sicura che te
lo saresti dimenticato il giorno dopo.
- allora
piacere Paola, io sono Mattia Briga -
avevi detto divertito porgendomi la mano da stringere che io
ridacchiando avevo stretto nella mia.
- si,
lo avevo intuito.. comunque chiamami Poli -
avevo aggiunto vedendo il tuo sorriso mozzafiato aprirsi in quella
fila di denti lucenti.
- va
bene.. -
avevi mormorato mentre io aprivo la portiera per poi uscire,
salutarti con un cenno di capo e correre a più non posso verso
l'entrata dell'istituto che mi avrebbe riparata dalla pioggia.
Ti
saresti scordato il mio nome già l'indomani mattina, ma io non mi
sarei mai scordata il calore della tua mano sulla mia.
Scusami se
sto rivivendo tutto questo nella lettera, ma non ti ho mai detto
tutte queste cose.
Ormai delle lacrime bagnano i fogli mentre la
penna scrive veloce per non dimenticare neanche una parola, ogni cosa
è preziosa, nessuna emozione verrà dimenticata.
È che ormai
vivo nei ricordi, è l'unico modo per sentirti vicino a me di
nuovo.
È l'unico modo per convincermi che non sia stato tutto
un sogno, tu c'eri davvero.
Poi una mattina, qualche settimana
dopo, a grande titolo nelle riviste avevo trovato il tuo
nome: " Mattia
Briga lascia ufficialmente la sua fidanzata Ludovica Chiodo sostenendo che
lei non fosse la ragazza per lui".
Solo
qualche giorno più tardi eri tornato al mio bar, una mattina in cui
non facevo altro che ripassare per l'imminente esame di tedesco che
avrei avuto il giorno dopo.
Col libro in mano servivo i clienti
esercitandomi nella traduzione di vari testi dall'inglese al
tedesco e viceversa.
Mi sarebbe bastato passare quell'ultimo
esame e avrei potuto cominciare a lavorare ogni tanto come
interprete, ed era la cosa che più desideravo.
Per la laurea però
ne avevo ancora di strada..
- ' giorno
Poli -
avevi detto così velocemente che neanche mi ero accorta del tuo
arrivo, e come una stupida avevo risposto un " hallo " in
tedesco tanto ero concentrata.
- uh,
scusami è che credo sinceramente di star per andare fuori di testa -
mi ero poi scusata sospirando e avvertendo una fitta alle tempie,
maledetto mal di testa.
- e
la colpa è di..? -
avevi chiesto tu non capendo alludendo al libro che stringevo nella
mano sinistra.
- dell'esame
orale di tedesco di domani, sono agitatissima -
ti avevo risposto mettendomi una mano tra i capelli bruni e tu avevi
annuito comprensivo.
- andrà
tutto bene fidati.. -
avevi mormorato accennandomi un sorriso gentile e premuroso che io ti
avevo ricambiato in un sospiro.
- lo
spero davvero. Se riuscirò a passarlo potrò finalmente cominciare a
fare qualche lavoretto da interprete, è il mio sogno -
avevo risposto vedendoti poi sorridere alle mie parole.
- davvero?
L'interprete? -
avevi chiesto curioso e io avevo annuito.
- e
che lingue conosci? -
- oltre
all'italiano l'inglese, il francese, il tedesco e lo spagnolo -
ti avevo detto orgogliosa ripensando a tutti quegli anni passati sui
libri, a tutti quei viaggi studio negli altri paesi.
- wow!
Non pensavo.. ti piacesse così tanto lo studio -
mi avevi detto colpito dalle mie parole.
- infatti
non mi piace studiare, mi piace visitare nuovi paesi.. parlare con
nuove persone, conoscere culture differenti.. - avevo
ribattuto spiegandogli il motivo della mia passione per le lingue.
Un
tempo avrei dato tutto quello che potevo per viaggiare, andare
lontano da tutti e da tutto. Ora tutto quello che vorrei sarebbe
riaverti qui almeno un'ultima volta per poterti salutare.
Quando
il giorno successivo durante il mio orale avevo sentito la porta
aprirsi non avrei mai immaginato di vedere la tua figura entrare
nella stanza per poi sedersi vicino ai miei amici, infondo.
Non ci
avevo creduto, pensavo fosse un'allucinazione.
Me ne ero resa
conto solo alla fine, quando finito l'esame girandomi avevo
effettivamente visto i tuoi occhi verdi in mezzo a tutti gli altri e
il tuo sorriso fiero aprirsi in quel modo che mi faceva
impazzire.
Ricordo anche il nostro primo abbraccio, sai?
Lo so,
sono patetica, ma ho avuto molto tempo per ripensare a noi.
Ti
avevo stretto così forte una settimana dopo, quando finalmente mi
avevano dato l'esito dell'esame e mi avevano detto che ero
passata con ventinove, che sono quasi colpita di non averti
soffocato.
Non avevo mai sentito il tuo profumo da così vicino,
quel misto di tabacco e pino, mentre le tue braccia mi avevano
avvolto nella stretta più felice del mondo.
Forse era stato un
gesto un po' azzardato abbracciarti così, ma quando il giorno
dell'esito eri entrato nel bar chiedendomi notizie ero esplosa
nell'euforia del momento, tu eri fiero di me.
Sei sempre stato
fiero di me.
Da quel giorno ero stata chiamata ogni tanto da
qualche rivista per aiutarli a fare l'interprete con persone
straniere e non ero mai stata così felice in vita mia.
Mai così
felice fin quando un mattino di Marzo eri tornato nel bar più
impacciato del solito.
- sai..
mi stavo chiedendo se dopo ti andava di fare due passi -
mi avevi chiesto dopo aver bevuto il tuo solito caffè mordendoti il
labbro nervoso come di solito facevo io.
- due
passi con te? -
avevo chiesto incredula fermandomi dal pulire con un panno delle
tazze che per poco non mi erano cadute nel lavandino.
Cosa avrebbe
dovuto trovarci un ragazzo come lui in me?
Cosa avrebbe dovuto
trovarci un cantante in una barista?
- sì.
Ehm.. se ti va ovviamente, non sei obbligata.. -
avevi balbettato nervoso abbassando lo sguardo alle tue dita che
frenetiche battevano sul legno del bancone.
- e
sentiamo, dove mi porteresti signor Briga? -
ti avevo chiesto curiosa di sapere cosa di passasse per la testa.
- a
fare una passeggiata al parco, ci prendiamo un gelato -
avevi proposto tranquillamente.
Una passeggiata al parco? Un
gelato? Un attimo.. quelle erano cose da fidanzati.
- o
potremmo fare qualcos'altro se non ti va, magari al cinema
oppure.. -
avevi cominciato a dire nervoso non ricevendo una mia risposta.
- no
no la passeggiata al parco va benissimo -
avevo esclamato in modo che non fraintendessi le mie parole.
Mi
sembrava impossibile che tu mi avessi chiesto di uscire con te, anche
se era una semplice passeggiata.
Lo stesso pomeriggio eri venuto a
prendermi alle cinque e come concordato eravamo andati al parco.
Non
ti eri messo cappelli o cappucci, né occhiali da sole a coprire i
tuoi begli occhi.
Eri uscito normale, senza preoccuparti che le
persone potessero riconoscerti.
Avevamo parlato dei miei studi,
della mia vita e della tua, ma mai ci eravamo soffermati sul fatto
che fossi una pop star.
Per me non lo eri, per me eri il ragazzo
che mi aveva fatto mancare il fiato la prima volta che ti avevo
visto.
- mi
togli una curiosità? -
ti avevo chiesto mangiando distrattamente il mio gelato alla fragola
mentre passeggiavamo per il parco disturbati solo ogni tanto da
qualche fan per una foto e tutte mi guardavano di sottecchi curiose
di chi fossi io e perché fossi con Mattia.
Non sai quanto vorrei
tornare a fare quelle lunghe passeggiate mano nella mano con te.
Non
mi lamenterei delle fan, dei paparazzi, mi basterebbe stare con te
come un tempo.
Ma non posso. Non puoi. Non possiamo più fare
nulla insieme.
- vai,
spara -
avevi ribattuto sorridente stringendo nella mano sinistra il tuo
gelato al cioccolato.
- perché
hai lasciato Ludovica? -
ti avevo chiesto diretta vedendoti colpito dalla mia domanda.
Lei
non era la ragazza perfetta? Lei aveva grandi occhi blu, capelli
mori, un corpo da favola, una voce spettacolare.
- dobbiamo
per forza parlare di lei? -
mi avevi chiesto aggrottando le sopracciglia scure in un
lamento.
- no
no è che.. lei è perfetta per uno come te, mi chiedevo cosa ti
avesse spinto a lasciarla -
avevo mormorato dispiaciuta di avergli fatto quella domanda che
evidentemente ti aveva messo a disagio.
- non
è tutto come appare Paola, lei è una bella ragazza.. lo so.. ma è
troppo viziata per i me, io ho bisogno di qualcuno più alla mano -
mi avevi spiegato velocemente sorridendomi ogni tanto.
Per un
attimo avevo creduto che ti riferissi a me. Per un attimo avevo
sperato di essere io quell'unica che tu cercavi. Ma non sarebbe mai
successo.
- capisco.. -
avevo sussurrato annuendo alle sue parole continuando a camminare
lentamente per quel parco che non mi era mai sembrato tanto verde
come quel giorno.
Avevamo parlato del più e del meno come due
ragazzi normali, e mi ero davvero sentita come se lo fossi.
Con te
era tutto perfetto, con te non mi sarei mai sentita di troppo.
Con
te sarei sempre riuscita a sbagliare perché per te ogni mio errore
diventava un pregio.
Vorrei che fossi ancora qui per tirarmi su
dalla fossa in cui sono caduta.
Avevamo scherzato tutto il
pomeriggio, avevamo mangiato i nostri gelati, avevamo preso in giro
le strane gonne che indossavano le anziane del parco, non mi ero mai
sentita così apprezzata.
E quando era arrivata l'ora di
riaccompagnarmi a casa me ne ero uscita con un - dovrei
fidarmi a dirti dove abito? Non è che sei uno stalker? -
per cui tu eri scoppiato a ridere.
- no,
quello lo faccio solo a tempo perso -
mi avevi risposto retorico contagiandomi con la tua risata.
- allora
spero che questo sia tempo speso bene -
avevo ribattuto fingendomi preoccupata guardandoti con una
smorfia.
- assolutamente -
avevi mormorato non so con quanta serietà, fatto sta che avevamo
cominciato a camminare verso casa mia fino ad arrivare al portico
della mia misera casa con cui vivevo ancora con i miei
genitori.
- grazie
per la bella giornata, è stato divertente -
ti avevo detto gentile immergendomi in quelle tue due pozze color
oro.
- sono
felice che ti sia divertita.. -
avevi detto tu ricambiando il sorriso.
Ormai era sceso il sole e
la luna era alta in cielo, ad illuminare il tuo viso solo quella luce
bianca.
- aspetta -
avevi esclamato prendendomi per il braccio un attimo prima che
potessi entrare in casa e chiudermi la porta alle spalle.
- ti
ho mentito -
avevi mormorato attirandomi verso di te - c'è
un altro motivo per cui ho lasciato Ludovica.. con lei non mi sentivo
più vivo. Avevo perso il contatto con la realtà -
mi avevi detto guardandomi negli occhi mentre io ti ascoltavo senza
fiatare - era
tutto troppo costruito, tutto troppo perfetto. Lei è troppo fissata
sull'apparire e non sull'essere.. e invece ci sei tu, che sembra
che non ti importi di quello che pensano gli altri di te, ti comporti
semplicemente come credi -
avevi detto facendomi mancare l'aria.
- io
faccio quello che sento -
avevo mormorato andando incontro alle sue parole calde che si
infrangevano sul mio viso.
- ed
è per questo che lei non sarà mai come te. Sai perché vengo sempre
nel tuo bar? All'inizio mi sembrava il posto ideale dove nessuna
ragazza mi avrebbe mai trovato, dove avrei potuto stare tranquillo
per un po', poi sei arrivata tu con tutte le tue parole.. i tuoi
discorsi contorti.. e mi è sembrato di essere tornato il ragazzo che
ero qualche anno fa -
avevi detto ancora continuando a guardarmi negli occhi.
- ma
io non sono perfetta, non sono nulla di quello che stai dicendo.. -
ero solo riuscita a dire confusa.
- lo
so, e mi piaci così come sei. Anche se a volte balbetti un po'
quando sei nervosa, se parli tanto, se riesci a spiazzarmi con tutte
le tue domande, se sei così diretta e poi ti scusi.. a me va bene -
avevi detto ancora accennando un sorriso stringendomi più a te.
- ma
io non ho nulla a che fare col tuo mondo, io sono solo una semplice
barista. Sono una studentessa che spera un giorno di potersi laureare
e diventare un'interprete, siamo troppo diversi e.. -
avevo cominciato a parlare senza fermarmi proprio come avevi
confermato facessi sempre, ma non mi avevi fatta finire perché le
tue labbra si erano incollate alle mie impedendomi di continuare.
E
sinceramente non mi importava niente di continuare a parlare.
Avevo
sentito un brivido attraversarmi tutta la schiena che tu prontamente
avevi cominciato ad accarezzare con una mano mentre la tua bocca
cercava la mia.
Avevo portato una mano tra i tuoi capelli e
l'altra sulla tua guancia mentre mi stringevi più a te, sentivo il
tuo sapore sulle mie labbra e non avrei desiderato di meglio.
Ogni
tanto ancora mi siedo sul portico e rivivo quel momento con i ricordi
ancora, ancora e ancora ma alla fine finisco sempre in
lacrime.
Perché te ne sei andato? Perché ti hanno portato via da
me? Non hai mai fatto nulla di male a nessuno.
Le lacrime non
finiranno mai, proprio come il mio amore per te. Continueranno sempre
a scendere e il mio cuore continuerà a cercare il tuo in
eterno.
Dopo quella sera eri passato al bar ogni mattina, con i
tuoi sorrisi mi avevi convinto del fatto che non sarebbe stato uno
sbaglio provarci.
Provare a creare qualcosa insieme, qualcosa di
unico.
Perché noi eravamo unici, non si era mai visto che un
cantante stesse con una barista, e facevo fatica anche io a
crederci.
Provare a trasformare il "io" e "te" in un
"noi".
Provare ad essere felice per una volta, perché con te
lo ero.
Non ci baciavamo mai in pubblico, avevamo paura di essere
scoperti, anche se non è durata per molto.
In poco tempo i
paparazzi avevano notato la nostra unione in quanto uscivamo sempre
insieme, andando per negozi o a cena fuori da qualche parte, e non
c'avevano messo troppo tempo a far uscire la notizia sui
giornali.
Ho sofferto amore mio, ma tu te n'eri accorto solo in
ritardo.
Guardavo su internet e leggevo solo insulti per me da
parte delle fan, solo brutti commenti.
Non sarei mai riuscita a
far parte del tuo mondo per convincerle del contrario.
- riusciremo
a far cambiare loro idea, ce la faremo insieme - mi
avevi detto una sera trovandomi seduta ai piedi del mio letto a
piangere col pc aperto a fianco prima di baciarmi.
Noi avremmo
potuto spostare le montagne insieme, amore. Ci eravamo riusciti.
Ma
alla fine erano tutte crollate su di me.
Erano crollate fino a
schiacciarmi, e adesso sto ancora cercando di rialzarmi dalle
macerie.
I miei genitori ti avevano conosciuto qualche mese dopo,
avevano detto che eri un bravo ragazzo.
Lo sei, lo sei sempre
stato.
Poi è arrivata la sera del mio compleanno qualche
settimana dopo e tu mi avevi regalato un braccialetto con incise le
nostre iniziali.
Non l'ho mai buttato, neanche tu.
Se muovo
il polso sinistro posso sentire il rumore dell'argento vivo, e se
sposto lo sguardo vedo bene quei due piccoli ciondoli a forma di
cuore con una P e una M.
Volevano togliertelo ma io ho impedito
loro di farlo, non ci avrebbero mai divisi. Niente e nessuno ci
sarebbe riuscito.
Lo terrò sempre con me, non lo toglierò mai. E
semmai un giorno dovesse rompersi lo terrò al sicuro nella tasca dei
jeans, non credo di poter andare avanti senza.
Adesso l'unico
regalo che vorrei sarebbe poterti avere qui con me di nuovo.
Mi
accontenterei anche solo di pochi minuti, quelli mi basterebbero per
salutarti.
Tutte le volte che vado a casa dei miei genitori per
trovarli torno sempre nella mia vecchia stanza e mi butto su quel
letto piccolo e intriso di ricordi.
La nostra prima volta.
La
ricordo come se fosse ieri, ti avevo invitato a casa mia perché i
miei erano usciti per una cena con amici e ti avevo pregato di
aiutarmi a finire di studiare per l'esame di francese.
Stavo
cercando di tradurre correttamente ogni frase mi dicessi tu con il
mio libro in mano, finché mi hai detto che mi amavi.
Quel " ti
amo "
mi aveva sorpreso, e col sorriso sulle labbra ti avevo risposto " Je
t'aime "
prima di baciarti fino a star male.
Quella notte mi avevi amata
sul serio, come nessuno prima.
Non avevi permesso che staccassi un
attimo gli occhi dai tuoi, le tue labbra erano sempre state sulle mie
e mi avevi baciata con una dolcezza disarmante quando eravamo
diventati una cosa sola.
Mai avrei creduto di poter essere amata
con così tanto impeto, con così tanta voglia.
E mai avrei
creduto di poter amare qualcuno fino a piangere ogni notte.
Perché
io amavo ogni piccola sfaccettatura del tuo essere, dai tuoi occhi al
tuo sorriso.
Dai tuoi capelli a quella tua barbetta fina con la
quale ti sentivi più maturo ma io ti prendevo sempre in giro per
quello. Dalla tua risata alle tue note più alte e commoventi. Dalla
mattina appena svegli alla notte più lunga. Ti amavo quando mi
portavi dietro le quinte dei concerti. Ti amavo quando lottavi per
permettermi di stare qualche giorno in tour con te. Ti amavo quando
come sempre venivi a chiedermi quel caffè macchiato con un cornetto
come la prima volta. Ti amavo quando eri sempre lì per me pronto a
consolarmi. Ti amavo perché ad ogni esame c'eri sempre stato. Ti
amavo perché per te sono sempre stata l'unica. Ti amavo perché
hai sempre creduto in me. Ti amavo perché mi hai chiesto di andare a
vivere con te.
Avevamo preso casa insieme poco più di un anno fa,
un piccolo appartamento nel centro di Caltanissetta.
La mia casa,
la nostra casa.
Non me ne sono mai andata, in fondo ai cassetti
c'è ancora qualche tua maglietta che non ho avuto il coraggio di
dare via con tutto il resto.
Negli armadi c'è ancora il tuo
profumo, come nel letto e tra i cuscini.
La cucina non vede da fin
troppo tempo la tavola apparecchiata per due, non ho neanche più la
voglia di mangiare senza di te.
Quella tv enorme dove stavamo
intere serate a vedere film è rimasta spenta per tutto questo tempo,
non ha senso vedere un film comico se non ci sei tu a ridere accanto
a me.
Ti amavo perché tu eri l'unico che mi avesse mai fatta
sentire importante, l'unico che mi avesse mai voluta per quello che
ero veramente.
Ti amavo perché per te ero bella sia la mattina
appena sveglia con i capelli un po' scompigliati, sia a una festa
con un vestitino aderente, per te ero bella anche con una giacca
addosso, ero bella in costume, ero bella il giorno di Natale, ero
bella quando mi arrabbiavo, ero bella anche quando ero triste.
Ma
non credo di essere bella adesso, sto soffrendo e non vedo il motivo
di farmi bella se non ci sei tu a sorridermi emozionato.
Ti amavo
perché solo tu riuscivi a convincermi a guardare una partita di
calcio e farla diventare interessante con i tuoi commenti divertenti.
Ti amavo perché quando ti trovavo a mangiare sul letto facendo
briciole eri sempre pronto a scoppiare a ridere e a pulire tutto. Ti
amavo anche quando sbagliavi i gradi della lavatrice facendo
restringere le nostre magliette. Ti amavo quando tornavi dal tour e
la prima cosa che facevi arrivando in aereoporto era correre ad
abbracciarmi nonostante ci fossero decine di fan a guardarci. Ti
amavo quando mi svegliavi in piena notte con le tue telefonate. Ti
amavo quando mi canticchiavi le nuove canzoni del prossimo cd per
farmi contenta. Ti amavo quando parlavi di me nelle interviste e le
tue guance diventavano rosse.
Ormai casa nostra sembra ricordarmi
la tua assenza.
Nel muro lilla di fronte al letto c'è un grande
cuore viola con dentro scritto malamente P + M, te lo ricordi il
giorno in cui l'abbiamo scritto?
Il muro bianco ci sembrava
troppo monotono e avevamo pensato di ridipingerlo di lilla con i
pochi pennelli che avevamo.
Un disastro era diventata quella
stanza alla fine della giornata, avevamo sporcato tutto il pavimento
di gocce di vernice, poi tu hai messo il dito nel viola con cui
avevamo diluito il colore e avevi disegnato quell'enorme cuore
tremolante, prima di scriverci dentro le nostre iniziali legate da un
più.
Mi ero arrabbiata tantissimo appena l'avevo visto, ore di
lavoro sprecate se poi tu ci avevi scarabocchiato sopra, ma dopo un
po' mi avevi convinto a non cancellare la scritta, che era
bella.
Non l'ho mai cancellata amore mio.
Ti amavo perché mi
portavi con te nei viaggi più strani pur di farmi conoscere posti e
mettere alla prova la mia conoscenza delle lingue. Lo sapevi che
viaggiare era la cosa che sognavo fare e me l'hai permesso.
Grazie
amore mio.
Poi è arrivato quel dannato 13 Febbraio in cui la mia
vita è cambiata un'altra volta, sempre per causa tua.
Quando
tutto è successo io stavo dormendo, sai?
Eri in tour come sempre
e anche se il giorno di San Valentino ti avrei voluto con me era più
importante che tu facessi felici le fan, io avrei avuto tutto il
tempo per stare con te.
Ma tu a quanto pare hai voluto farmi una
sorpresa.
Tu avresti voluto arrivare allo scoccare della
mezzanotte per farmi gli auguri, per stare con me dal primo minuto
della giornata dedicata agli innamorati, dedicata a noi.
Sei
partito il pomeriggio da Milano in macchina per arrivare qui in tempo
per la mezzanotte, per tornare da me.
Mi avevi anche fatto un
regalo, tu si che eri perfetto amore mio.
Un enorme mazzo di rose,
cento se non sbaglio, con incastonato dentro un biglietto.
Ma io
quei fiori non li ho mai ricevuti, ne ho solo visti i mille petali
sparsi per quel tratto d'autostrada.
Quel maledetto tratto di
autostrada.
Un pirata della strada stava guidando nel senso
inverso, si dice che abbia ingerito sostanze stupefacenti, verso di
te.
Non hai fatto in tempo a scansarti, come avresti
potuto?
Andava troppo forte, non hai potuto impedire che tutto
questo accadesse.
Andava troppo forte anche il mio cuore quando mi
hanno detto tutto.
Non ci volevo credere.
All'inizio pensavo
fosse uno dei tanti scherzi di Daniele, uno scherzo di cattivo gusto,
ma non mi ci era voluto tanto per capire che la voce rotta del
poliziotto era seria.
Sono svenuta all'istante, sai?
Hanno
dovuto portarmi all'ospedale, avevo perso conoscenza.
Quando mi
sono risvegliata in infermeria avevo tirato un sospiro di sollievo
pensando che fosse stato tutto un sogno, un incubo.
Ma così non è
stato.
Lo dicevano in televisione, sui giornali, tutti ne
parlavano.
Mi sono sentita morire, proprio come te.
Chissà
qual è stata l'ultima cosa a cui hai pensato amore mio, magari non
hai pensato a nulla.
Magari non ti sei reso conto di nulla, spero
tu non abbia sentito dolore.
E mentre tu tiravi il tuo ultimo
respiro io dormivo nel nostro letto impaziente di rivederti, ma
ignara che non avrei mai potuto rifarlo.
Quel letto che adesso è
troppo freddo persino nelle giornate estive, quel letto dove oltre a
me non ci ha mai più dormito nessuno. Quel letto pieno di ricordi,
quel letto dove avevamo pianto, dove avevamo riso, dove avevamo
mangiato, dove avevamo fatto l'amore.
Non ho mai potuto dirti
addio, te ne sei andato troppo presto.
Avrei voluto vedere il tuo
sorriso un ultima volta, i tuoi occhi brillare per me, la tua voce
così calda mi avrebbe detto di stare tranquilla, che sarebbe andato
tutto bene.
E invece sai l'ultima cosa che mi hai detto qual è
stata?
" Ti
amo Paola, ci vediamo presto.. non durerà tanto questo tour e poi
tornerò a casa da te " all'aereoporto
prima di fare il check-in.
Ma tu non sei più tornato a casa da
me.
Mi ricordo anche il nostro ultimo bacio, proprio lì.
Mi
avevi stretta a te legando le mani attorno ai miei fianchi e io come
sempre avevo allacciato le mie dietro al tuo collo.
Le tue labbra
calde erano state sulle mie prima di aprirsi in un sorriso
mozzafiato, i tuoi occhi mi fissavano pieni di emozioni, poi te ne
sei andato via continuando a sorridermi.
Se avessi saputo che non
ti avrei più rivisto ti avrei pregato di restare, dicendoti che non
ce l'avrei fatta senza di te.
Perché è così, non c'è
nessuno ora a tirarmi su nei momenti in cui mi sento una nullità.
Non
c'è nessuno che la sera torna a casa col sorriso sulle labbra
perché vuole rivedermi.
Non c'è nessuno che mi bacia con tanto
amore come facevi tu.
Non c'è nessuno con cui condividere il
letto, non dormirei abbracciata a nessun altro.
Ormai mi ero
abituata ad addormentarmi cullata dal battito del tuo cuore, ma
adesso non esiste più quel dolce suono.
Scusami se ti sto
scrivendo tutto questo, e scusami se sto bagnando il foglio con le
lacrime ma questi ricordi mi stanno uccidendo.
Spero di potermene
liberare scrivendoli qui, anche se so già che non dimenticherò mai
il tuo viso e che ogni notte, se riuscirò a dormire, ti
incontrerò.
Perché ormai sei solo la sostanza dei miei ricordi e
dei miei sogni.
Non sai quante volte mi sveglio dopo averti
sognato tutta sollevata per averti di nuovo con me, poi capisco che
era stato tutto un sogno e scoppio a piangere.
Scoppio a piangere
e non c'è nessuno ad abbracciarmi e a consolarmi.
Ogni tanto mi
sembra quasi di sentire le tue braccia avvolgermi come facevi un
tempo, mi sembra di sentire la tua voce chiamarmi, mi sembra di
sentire la tua risata tra tutte le altre.
Quando gli altri ridono
mi sembra sempre di sentire anche la tua.
Quanto vorrei sentirla
ancora. Quanto ti vorrei vicino a me.
Ti amavo perché mi hai
riportato alla vita, ti amavo perché mi hai dato un motivo per
vivere, ti amavo perché hai realizzato tutti i miei sogni.
E ti
amo ancora per tutti questi motivi.
Forse l'ultima cosa che ho
di te è però un biglietto, quello che è stato ritrovato tra i
tanti petali da cui l'autostrada era coperta.
Lo tengo sempre
con me.
Ti ricordi cosa ci hai scritto sopra?
Davanti appena lo
vedi c'è scritto " a
Paola, l'amore mio".
Poi
lo apri e delle scritte in nero risaltano sul foglio.
" si
lo so, non ti aspettavi questi fiori. Non ti aspettavi che sarei
tornato, ma oggi è San Valentino amore, la festa degli innamorati.
Con chi altro avrei potuto passarla se non con te? Mi sono fermato in
una fioreria di Milano perché dicono che lì le rose siano più
rosse delle altre e te ho portate. Anche se sono sicuro che senza
l'aiuto di Cristian avranno vita breve, noi due non abbiamo
esattamente il pollice verde ma spero che ti faranno piacere. Con
amore tuo Mattia. Ti amo ".
Me
la ricordo a memoria ormai anche se tastandomi la tasca dei jeans
posso sentire il foglietto sotto le dita.
Mi scappa sempre una
risata mentre la leggo in un mare di lacrime.
No, senza di
Cristian non saremmo riusciti a far vivere quelle rose a lungo, non
siamo mai stati bravi con le piante.
Amore mio perché mi hai
abbandonato?
Quando voglio trovare una risposta a tutto mi dico
che tu sei un angelo, il mio angelo, e la tua missione era far
avverare i miei sogni.
Volevo viaggiare e tu me l'hai
permesso.
Volevo trovare l'amore un giorno e tu me l'hai
permesso.
Volevo trovare degli amici sinceri e simpatici e me
l'hai permesso.
Ora che tutto è compiuto te ne sei andato, ma
io ho ancora bisogno di te.
Spero che tu possa sentirmi, spero che
tu sia da qualche parte, spero che tutto quello che avevamo non sia
rimasto solo a me, spero che anche tu ti ricorderai per l'eternità
di noi.
Resta il fatto che per me non ha più senso continuare a
vivere, non vedo l'ora di riunirmi a te un giorno.
Un giorno
saremo felice, un giorno ci riabbracceremo amore mio, un giorno
rivedrò il tuo sorriso e i tuoi occhi e potremo finalmente vivere
insieme per sempre.
- Paola sei
qui? -
mi chiede una voce aprendo la porta del bar.
Sono in lacrime, il
trucco nero probabilmente è sceso sulle guance ma non mi importa,
non mi importa più di nulla.
Un ultimo singhiozzo mi scuote
mentre cerco di asciugarmi il viso col palmo della mano, ma quando
vedo il viso di Cristian affacciarsi dal bancone per poi vedermi
seduta per terra tremante con la lettera sulle gambe e la penna in
mano mi calmo.
Lui può capirmi, lui non penserà che sono
pazza.
- Cristian ho fatto quello che dovevo, tutti mi hanno detto che avrei dovuto
sentirmi meglio dopo aver scritto questa lettera ma mi sento morire,
perché? -
gli urlo praticamente addosso in un mare di lacrime e lui subito fa
il giro del bancone prima di buttarsi al mio fianco e stringermi tra
le sue braccia mentre il mio corpo viene scosso dai tumulti del
pianto.
- è
normale che ti senti così Paola.. è normale piangere -
mi mormora lui all'orecchio comprensivo.
Strizzo gli occhi
intrisi di lacrime e mi sembra quasi di vederti entrare da quella
porta, sento il legno cigolare e la tua figura arrivare
sorridente.
- mi
manca così tanto.. -
riesco a dire con la voce rotta posando la testa nell'incavo del
suo collo ma tenendo sempre un occhio aperto per vederti, per vedere
il tuo viso sorridermi com'eri abituato a fare.
- lo
so, manca a tutti noi -
mi dice lui e sento chiaramente una lacrima scendere dalla sua
guancia fino a cadere sulla mia.
Ti guardo un'ultima volta prima
di chiudere gli occhi.
Sei lì appoggiato al bancone con gli occhi
puntati nei miei, il tuo sguardo vorrebbe dire mille parole ma non
dici niente, nessun suono esce dalla tua bocca che riesce solo a
schiudersi in un sorriso triste.
- ti
amo Mattia -
riesco a dirti e per la prima volta sento che le mie preghiere sono
ascoltate, che non è tempo buttato al vento.
Ti vedo sorridere
alle mie parole e i tuoi denti lucenti brillano nel buio del locale,
dopodiché ti alzi e passandoti una mano tra i capelli raggiungi la
porta d'ingresso dove mi rivolgi un ultimo sorriso mozzafiato prima
di aprirla e andartene.
Mi hai sentito amore, per la prima volta
in vita mia sento di essermi tolta un peso.
Devo essere
forte.
Devo essere forte per gli altri, non possono continuare a
vedermi così.
Devo essere forte per le fan, ti hanno perduto
anche loro.
Devo essere forte per quei quattro ragazzi a cui,
anche se non lo danno a vedere, manchi da morire ma cercano sempre di
essere sorridenti.
Devo essere forte per me stessa, mi fa male
piangere ogni giorno, ogni notte.
Ma devo essere soprattutto forte
per te, tu non avresti voluto che mi riducessi a tutto questo.
Tu
non avresti voluto vedermi così, avresti voluto che continuassi la
mia vita.
Ma devi capire che la mia vita senza di te non ha più
senso di continuare.

Una lettera per te.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora