III. After the light, the sound.

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Alpha stava per rispondere a tono alla mia mancanza di rispetto, quando sentii di nuovo quel rumore acuto.

Mi voltai nella direzione verso la quale credevo provenisse, con gli occhi spalancati e pieni di speranza, speranza che stessi impazzendo e non ci fosse nulla di male. 
Ma questo fu un grande errore.

Perché fui l'unica ad essere accecata quando una luce intensa comparve nella landa desolata. Fulminea, penetrante, brutale.

Sentii bruciare le retine dei miei occhi alla sua vista.
Mi acquattai sulla panca, con le mani premute sui bulbi oculari, desiderando con tutta me stessa di strapparli dal mio cranio.

Tutto quello che sentivo era la mia voce strozzata, tutto quello che vedevo erano i miei palmi, tutto quello che provavo era paura.

Odiavo avere ragione.
Lo detestavo, perché il Nemico era davvero qui, come avevo detto.

Sapevo che la sensazione sarebbe presto sparita, perché conoscevo gli effetti delle armi dei Nemici, ma questo non mi impedì di sgolarmi. Le grida di stupore dei miei compagni non erano nulla in confronto ai miei lamenti di dolore.

Qualcuno mise le sue mani sulle mie per obbligarmi a smettere di martoriare gli occhi, ma ero in preda al panico e supposi fosse Alpha, perché era il più vicino a me.

"Bravo! Bravo!"
Non riuscivo a capire chi mi stesse chiamando. Forse tutti insieme.

Li sentivo vicini, chinati su di me come uno scudo protettivo contro il mondo.

I nervi oculari si stavano calmando; ma il panico, la sensazione di mancanza e di sconfitta... quella veniva da una consapevolezza pressante, che mi rendeva impossibile respirare.

Cercavo di rallentare il respiro con tutte le mie forze, inutilmente.

Sapevo quello che sarebbe successo da lì a poco, conoscevo le tattiche di assalto dei Nemici, sapevo che sarebbe stata la fine per tutti.
Quella era solo la prima fase dell'attacco.

Il mio M.P.V. vibrava e suonava per indicare un problema di salute, ma nessuno riuscì a sentirlo.

Perché dopo la luce, viene il rumore.
La fase due.

Un suono ad altissima frequenza cacciò via il silenzio morto della campagna e le voci di tutti. Un rumore ben più elevato del fievole sussurro metallico che avevo percepito qualche minuto prima.

Di istinto mi coprii le orecchie, grata che le mie mani avessero lasciato il mio volto.

Il fondo del furgone tremò quando tutti i miei compagni ci caddero in preda al terrore, premendo con forza le mani sul cranio per non perdere l'udito.

Le ruote della macchina strisciarono contro il vecchio asfalto, l'erba e lo sterrato.
Delta aveva perso il controllo della vettura.

Un pesante oggetto di plastica mi urtò il polpaccio.
La nostra salvezza...

Le casse che stavamo trasportando dovevano essersi liberate dalle restrizioni che le bloccavano, dati gli scossoni della vettura.

No, no, no!

Uno stridio improvviso del motore precedette il cedimento delle ruote.

Avevo ancora gli occhi chiusi e le orecchie tappate quando non sentii più il pavimento sotto i piedi, ma solo vuoto tutto intorno a me.

Un secondo dopo mi ero rannicchiata per proteggermi dall'impatto, appena in tempo per evitare che una delle cinghie metalliche ormai libere mi colpisse sul volto.

La plastica mi frustò il braccio destro con tanta cattiveria che dovetti trattenere un sussulto.
Non vidi la ferita, ma sentii delle gocce di sangue scendere lungo il gomito.

Restai a mezz'aria per un tempo che sembrò infinito, tenendo gli occhi chiusi e le orecchie tappate.

Poi finalmente la macchina atterrò sul lato, iniziando a roteare sul terreno morto, distruggendosi ad ogni salto.

Dall'impatto, venni scaraventata fuori da una delle casse di armi ormai libere.

[...]

Riaprii gli occhi di scatto, come se mi fossi svegliata da un incubo.
Peccato che tutti gli incubi fossero reali, qui nell'Ultimo Esercito.

Il mio respiro era alterato, gli occhi mi bruciavano ancora e le orecchie fischiavano.

Non riuscivo a capire dove mi trovassi, perché la vista era troppo sfumata e la testa mi pulsava dalla botta.

Alzai il braccio per vedere se avessi dei tagli sul cranio, ma la bruciatura della frustata mi faceva male da morire. Quella maledetta cinghia aveva lacerato anche la divisa e la tuta.

Lentamente riacquistai la vista, battendo più volte le palpebre finché non riuscii a contare tutte le mie dita.

Non appena lo feci, me ne pentii.
Non riuscivo a sopportare quello che stavo vendendo.

La nostra unica speranza era in frantumi. Una dopo l'altra, tutte le vetture erano sbandate ed il prato secco era pieno delle casse nere che trasportavamo.

Compresa quella che attualmente era appoggiata sulla mia gamba rotta, che fino a prima dell'impatto era totalmente intatta. L'osso sporgeva fuori dalla pelle, e il resto era schiacciato sotto la dura plastica nera.

Gridai, e le mie urla fluttuarono nella polvere e  nella morte.

....................

Ciao a tutti!

Finalmente siamo arrivati al momento dell'attacco dei Nemici, ma questo è niente in confronto a quello che arriverà dopo!

Povera Bravo... aveva ragione e si è ritrovata con la gamba rotta e la divisa macerata....

... magari nel prossimo capitolo le andrà meglio, che ne dite?

LAST ARMY'S GLORYWhere stories live. Discover now