29- 𝙄𝙣𝙘𝙪𝙗𝙪𝙨 -𝘈𝘮𝘦𝘭𝘪𝘢

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«Quante calorie ti danno al giorno?»

Respira. «Cerco di non contarle.»

«Ma avrai un'idea, no? Mille?» Io cercavo di restare sul vago, lei invece era fin troppo diretta, guidata dal terrore.

«Sicuramente di più, mille non bastano.»

«Non dirmi che superano le duemila, ti prego.»

«Non...non sono argomenti di cui possiamo parlare, Karmen.» Non ero mai stata così contenta che il Fairwinds avesse regole tanto rigide. Non ci era consentito parlare di calorie. Per una volta, le rispettai alla lettera. «Il percorso qui è diverso per ognuna di noi, viene deciso dal dottor Greg. Lo hai già conosciuto?»

«Sì, è uno stronzo. Mi ha riempito di sacche.» disse scoprendosi il braccio fasciato. «Ancora di più di quelle che mi davano a Boise.»

«Vieni dall'Idaho?» Cercai di cambiare argomento. «E' distante!»

«Nelle cliniche là non c'era posto.» Iniziò a raccontare. «Ero in tutte le liste di attesa che mia madre ha trovato, ma non si liberava mai un letto per me. Ed ero contenta che fosse tutto occupato, perché ero a tanto così dal vedermi bella.» Mimò con le dita. 

«Ma sono finita in terapia intensiva, e dicono che stavo così male da dover restare prima in un classico ospedale che in una clinica specializzata, ma non capivano che io non stavo male, avevo solo bisogno di dormire, perché ero solo un po' stanca.» Si concesse un attimo di tregua prima di continuare con quello che era diventato più uno sfogo che un racconto. 

«Ma a quanto pare a questo mondo se hai quindici anni non sei capace di capire come ti senti, te lo devono dire dei dottori che non ti hanno mai vista. I miei hanno addirittura fatto una raccolta fondi su gofundme per potersi permettere questo posto. Inutile. Io sto bene, ma nessuno lo capisce.» Sollevò le spalle, come se fosse stata costretta ad arrendersi al volere di altri.

Ero completamente spiazzata. Non sapevo nemmeno come risponderle. Karmen era gravemente malata, e quel che era peggio era che lei non riusciva a vederlo. 

«Credo...che dovresti parlarne con la Cameron.» Le risposi, perché era una conversazione che sapevo di non poter gestire. Mi riportava indietro di qualche mese, quando su un letto d'ospedale venne a galla quella che era stata la mia realtà. Nemmeno io lo avevo accettato all'inizio, ma poi con l'anoressia avevo dovuto farci i conti e rialzarmi, in qualche modo. 

Ma se il mio obiettivo erano stati sempre e solo i pattini, il suo invece era un numero troppo basso sulla bilancia per essere compatibile con la vita. Continuò a parlarmi senza che le chiedessi altro, raccontandomi di come alla terapia intensiva fossero seguiti mesi di fisioterapia per ricostruire la massa muscolare e poter camminare di nuovo. Le avevano messo il picc, la canula al braccio per l'alimentazione parentale, perché il sondino nasogastrico rischiava di affaticarle troppo il cuore. Ma questo non le era bastato, perché una volta rimessa in piedi ammise fiera di aver ricominciato con le sue abitudini: digiuno e ginnastica.

A salvare una situazione da cui non sapevo come uscire arrivò Tamara, per avvertirci che la cena era quasi pronta. Accompagnai Karmen in sala, scoprendo che aveva già avuto modo di conoscere le altre, e gli occhi di Lisa mi rivelarono il terrore e la preoccupazione per questa nuova compagna così in difficoltà. 

La tavola era apparecchiata come al solito, ma i segnaposto erano stati modificati, così mi ritrovai seduta tra Lisa e Karmen, e di fronte a Emily. Quando portarono i piatti, Karmen iniziò a muovere nervosamente la gamba sotto il tavolo, un ticchettio dal ritmo serrato con una forza che, debole com'era, non credevo potesse avere. 

RESILIENTWhere stories live. Discover now