Capitolo cinque: Sonia

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Un pacchetto di sigarette. Due. Tre.

Scavai a fondo e trovai una stecca intera, ancora impacchettata e aperta solo da un lato. Marlboro rosse, Cristo santissimo.

Non sapevo di chi fosse quella valigia ma non mi importava. Era strano frugare negli averi di un'altra persona solo per il gusto di farlo.

Indossavo una felpa rubata dalla prima cuccetta, con sopra un simbolo con tre triangoli gialli sovrapposti e una spada. C'era pure una scritta che, credo, risalisse a qualche gioco vintage. Era di un materiale abbastanza scadente, la stampa sembrava rovinata dagli anni di usura.

I calzini invece li avevo fregati alla seconda cuccetta e indossati dopo averli annusati per sapere se erano puliti.

Ora mi servivano delle scarpe di taglia quarantaquattro.

Bingo.

Subito sotto il letto c'erano un paio di Air Jordan nuove di pacca, il numero era perfetto. Le calzai con un sorriso in volto che nemmeno un bambino il giorno di natale.

Avevo scoperto che la mia maglia e le mie scarpe erano rimaste vittime di un incidente con quel vomito grigio che avevo spurgato per quindici giorni. Sonia, mossa a pietà, doveva avermi spogliato e messo a letto con una bacinella di lato.

L'occhio bendato non dava più così fastidio tranne quando lo esponevo alla luce del neon, oppure quando fissavo il fascio di una delle torce trafugate dalla quarta cuccetta. Esatto, quella con dentro le sigarette.

<< Non credo che ti serviranno più >> sussurrai poggiando la stecca sul letto per poi chiudere il grosso borsone e spingerlo da una parte.

Dove cazzo erano finiti tutti?

Alzai lo sguardo verso tre cuccette più avanti. La struttura tondeggiante dentro cui era incassato ogni letto dava una certa privacy ma comunque bastava sporgersi un po' per vedere tutto.

Sonia.

Se ne stava in silenzio, rannicchiata in maniera fetale, qualche volta singhiozzava come se non volesse farsi sentire. Aveva una mano davanti alla bocca, se la tappava forte per non far uscire niente più che uno squittio stentato. Si era coperta con un lenzuolo, una trapunta pesante e sotto quei due strati portava pure i vestiti.

Ripresi a frugare in ogni valigia fino ad arrivare al letto di Sonia. Ciò che trovavo interessante lo portavo in superficie, poggiandolo sul letto appartenuto al possessore del bagaglio dentro cui avevo le mani. Caramelle, accendini, qualche coltello lavorato, un pacco da sei di Redbull, diverse felpe più o meno della mia taglia e biancheria pulita per me o per Sonia.

Inconsciamente avevo cominciato a pensare al suo viso come a qualcuno da proteggere. Mi era rimasto impresso uno scorcio della sofferenza che, durante lo stupro del dottore, avevo visto nei suoi occhi. Le botte sembravano nulla al confronto.

Era come se Maurizio Greco, grande illuminato ed eminenza delle università, le avesse triturato l'anima con un trinciapollo.

<< Animale del cazzo >> sussurrai chinandomi sul penultimo letto prima di arrivare a quello di Sonia. In genere sono proprio gli idioti vissuti da sempre nella propria bolla, quelli che in giro non hanno preso nemmeno uno schiaffo, a diventare delle bestie fameliche.

Quante volte mi era successo di dover riempire di pugni qualcuno per questo o quel motivo? Una marea e sempre gente da niente, cretini che decidevano di alzare la voce non potendo permetterselo e che alla prima botta si rannicchiavano come coniglietti spaventati.

Una Volgare Dimostrazione di Potere: SoldatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora