Capitolo 2

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Il mattino seguente mi svegliai con un raggio di sole che mi colpiva proprio negli occhi. Mi stiracchiai e mi alzai, completamente assente mentalmente. Non avevo né fame né sete, né caldo né freddo. Riguardai quel foglio che avevo scritto la sera prima, ma distolsi quasi subito lo sguardo. Riordinai il letto e mi vestii con dei pantaloncini corti di jeans e la maglietta del campo. Mi pettinai e mi feci una coda, senza effettivamente preoccuparmi di come venisse. Avevo delle occhiaie orribili e gli occhi erano rossi e gonfi di pianto. Ma non mi interessava. Ormai non mi importava più di nulla.
Misi nella cesta dei panni sporchi i vestiti che stavano nella stanza e fortunatamente non trovai mutande in giro o non le avrei prese. Spazzai per terra e aprii una finestra per arieggiare la Casa.
Mi buttai a peso morto sul letto e le prime lacrime stavano già sulle mie guance, quando sentii bussare. Mi asciugai subito il viso con le mani e andai ad aprire. Davanti a me comparve Chirone.
-Ciao Annabeth, tra cinque minuti inizia la riunione dei capi delle case. Ho chiamato anche Malcolm, come tuo vice, visto che sembra che tu voglia stare qui. Te lo concedo, anche se per poco, perché le regole sono pur sempre regole, bambina. So che sarà difficile, ma devi raccontare a tutti quello che hai raccontato anche a me- mi disse salutandomi con un sorriso un po' stentato. Annuii e tirai su con il naso prima di chiudere la porta e seguirlo.
-Preferirei non raccontare a nessuno del sogno che ho fatto. E se... se Percy dovesse mai tornare, vorrei che neanche lui lo sapesse. Sicuramente ci racconterebbe tutto e quindi non ce ne sarebbe bisogno. Per favore- chiesi con voce bassa e tremante. Chirone sembrò pensarci su, ma poi annuì.
-Sì, va bene. Non è indispensabile conoscere questa parte. Come stai?
-Male.
-Aspettiamo un po'. Io spero per il meglio, ma non voglio neanche illudermi. Percy è il mezzosangue più potente che io abbia mai visto. Se è finito in mare, sono sicuro che tornerà.- Cercava di rassicurarmi, ma nessuno ci sarebbe riuscito. Né Tyson con la sua sbadataggine divertente, né Grover, né chiunque. Solo il suo ritorno mi avrebbe rassicurata.
Arrivammo alla riunione quando ormai tutti erano presenti e riuniti intorno al tavolo di ping pong. Clarisse e Lee Fletcher stavano litigando come al solito per non so cosa e la figlia di Ares sembrava già abbastanza su di giri, perché aveva infilzato il tavolo con un coltello. Silena Beauregard e Charles Beckendorf stavano parlando e si sorridevano l'un l'altra. Connor e Travis Stoll stavano parlottando tra di loro, come se stessero decidendo quale fosse il modo migliore per derubare tutti i presenti nel minor tempo possibile. Juniper sedeva un po' in disparte, mentre si guardava le mani in grembo, sicuramente pensando a Grover. Malcolm leggeva qualcosa e Quintus puliva un coltello. Argo non era presente.
In tutto quel trambusto nessuno si accorse di noi finché Chirone non batté tre volte uno zoccolo a terra, intimando a tutti il silenzio.
-Clarisse, togli quel coltello dal tavolo, per favore. Connor, Travis, smettetela di confabulare, non c'è nulla da rubare qui, se non salsina al formaggio, crackers e lattine di Diet Coke. E cominci la riunione- disse il centauro in tono perentorio. Presi una sedia e mi sedetti. Chirone mi fece cenno di cominciare a parlare, così mi schiarii la voce e feci come mi aveva detto.
-Come potete vedere sono tornata e sono da sola. Non interrompetemi finché non avrò finito, perché non ho la forza di reggere una discussione- li avvertii già dall'inizio e il silenzio fu l'unica risposta data. Così cominciai a raccontare tutto, tranne il sogno, come avevo deciso con Chirone. Il tavolo era avvolto in un silenzio di malcelato stupore.
-Quindi l'esplosione del Monte Sant'Elena è colpa del pivello?- chiese Clarisse stupita. Annuii.
-E di Grover... e Tyson non si sa nulla?- chiese Juniper con tono apprensivo.
-No, mi dispiace- risposi guardandola.
-Piuttosto, Percy che fine ha fatto?- chiese infine Lee con un tono grave, ma questa volta non risposi. Abbassai lo sguardo sulle mie mani e mi costrinsi a tranquillizzarmi.
-Non lo sappiamo, Lee. E il punto è che non sappiamo dove cercarlo e non possiamo fare niente. Possiamo solo sperare che sia vivo e che trovi il modo di tornare qui- rispose dopo un po' Chirone e presi coscienza delle sue parole. Non potevamo fare niente. Dovevamo solo aspettare e sperare.
-Ve lo dico io, è morto. Mi dispiace dirlo, ma è così- disse Clarisse tutto a un tratto. Tutti quanti noi la guardammo. -Sveglia ragazzi! Ha fatto esplodere un vulcano attivo in cui c'era anche lui! Ma vogliamo scherzare? Come potete pensare che sia ancora vivo? Sono passati sei dannati giorni, quasi sette. Sarebbe dovuto tornare, nel più che remotissimo caso che fosse sopravvissuto- continuò la figlia di Ares, stavolta con un tono di voce molto più alto. Tutti stettero in silenzio, quasi avessero paura di dire che aveva ragione.
-Grazie, Clarisse, per la nota felice- borbottò Lee e la figlia di Ares gli scoccò un'occhiata assassina.
-A questo punto, posso dichiarare conclusa la riunione. Tornate tutti alle vostre normali attività- ci disse Chirone stanco e io lasciai uscire tutti. Rimase solo Malcolm.
-Come stai?- mi chiese.
-Bene- mentii.
-Come stai davvero?
-Male.- Si avvicinò e si sedette sulla sedia accanto alla mia.
-Sai, non credo di essere un genio in questo genere di cose, ma voglio che tu sappia che se hai bisogno di qualcosa, io ci sono. Sono pur sempre tuo fratello- disse e io alzai un angolo della bocca, cercando di fare un sorriso, ma a quanto pareva anche i miei muscoli facciali si erano depressi. Lo ringraziai e poi mi alzai, dopoché lui fu uscito, per andare alla Casa di Poseidone. Poi ci ripensai e andai alla spiaggia.
La sabbia era calda, quasi ustionante, ma non mi importava. Mi sedetti poco lontana dal bagnasciuga, quanto bastava per non farmi bagnare dalle onde.
Chiusi gli occhi e cominciai a pensare a quel bacio. Era stato così spontaneo, non ci avevo pensato due volte. Era stato un impulso che non ero riuscita a controllare e forse era stato quello che sei giorni dopo mi aveva fatto capire che amavo quella Testa d'Alghe. Il suo nome mi fece male, il vuoto nel mio petto si allargò a dismisura. Riaprii gli occhi e mi ritrovai Silena davanti.
-Ehi- la salutai.
-Ehi. Vorrei solo dirti che se hai bisogno di qualcosa, io ci sono.
-Si vede davvero tanto che sto male? Perché me l'ha detto anche Malcolm dopo la riunione.
-Vuoi la verità o una piccola bugia?
-Verità?- risposi in tono un po' interrogativo.
-Annabeth, si vede moltissimo. Più di quanto ci immaginassimo tutti, credo- mi disse e io rimasi sorpresa dalle sue parole. Lei si alzò e cominciò a spazzolarsi via la sabbia dai vestiti.
-In che senso?
-Annabeth, credo che tu sappia il senso di quello che ti ho appena detto- mi rispose, dopodiché se ne andò. Rimasi lì sconcertata mentre ripetevo le parole di Silena nella mia mente. Dovevo essere forte o sarei morta per il dolore.
Mi alzai e guardai il mare ancora una volta, respirando il suo profumo fino a farmi scoppiare i polmoni e mi diressi verso l'arena.
Lì sorprendentemente non c'era nessuno, solo la Signora O'Leary, che squarciava l'ennesimo manichino sbavando dappertutto, e Quintus, che ancora lucidava una spada. Non mi fidavo molto di quell'uomo. Non sapevo dire il perché, ma non ci riuscivo. Presi il mio pugnale e cominciai a massacrare un manichino con tutta la rabbia e la tristezza represse, finché di lui non restò che un misero rimasuglio.
-L'hai proprio distrutto quel manichino. Che ti ha fatto di male?- la voce di Quintus alle mie spalle mi sorprese.
-Ehm, niente, volevo solo sfogarmi un po'. Sa, dopo questa storia del Labirinto...- la mia voce si affievolì notevolmente.
-Oh, certo. Tu sei la figlia di Atena che si era inoltrata nel Labirinto insieme agli altri tre. Annabeth, giusto?- disse aggrottando la fronte come se si sforzasse di ricordare.
-Sì, signore- risposi. -Be', io dovrei andare, a dopo- lo salutai. Non volevo rimanere da sola con lui più del necessario.
-Sì, sì, capisco, ciao- disse lui e io me ne andai via dall'arena, rinfilando il pugnale di bronzo celeste nel fodero di cuoio.
Volevo assolutamente fare qualcosa o avrei pensato a Percy più del dovuto. Decisi di andare nel bosco per andare a trovare Juniper. Stava molto male per Grover e si vedeva tantissimo. Le due uniche differenze tra me e lei erano queste: Grover era il suo fidanzato, ma Percy non era il mio; inoltre non avevamo ragione di credere che Grover fosse per forza morto, mentre la avevamo per Percy.
Ma i miei pensieri vennero scansati via quando vidi Juniper seduta con le ginocchia al petto ai piedi del suo albero. La sua chioma era di due colori: alcune foglie erano ancora verdi, anche se di un verde un po' spento; altre erano diventate gialle con macchie marroni. Il tronco non emanava quella specie di vitalità che di solito trasmetteva.
-Juniper?- la richiamai mentre mi avvicinavo. Lei alzò la testa: gli occhi erano gonfi e pieni di capillari verdastri di clorofilla, il colorito della pelle era più pallido del solito e le guance erano diventate leggermente verdi per il pianto.
-Ciao- mi salutò con voce rotta. Era una driade adorabile e allegra e vederla in quello stato mi spezzava il cuore. Mi sedetti vicino a lei, non sapendo cosa fare o dire. Non sapevo come questa visita potesse essere gradita a entrambe se non riuscivo neanche a dire qualcosa.
-Mi dispiace per Percy- disse.
-E a me dispiace per Grover. Ma di lui almeno non possiamo dire certamente che è morto. Mentre Percy...- mi fermai perché la mia voce stava tremando e non volevo perdere il controllo davanti a Juniper. Ero venuta per lei e non volevo che dovesse consolare me.
-Be', in ogni caso Grover ha moltissime risorse e non è solo: Tyson è un ciclope coraggioso e forte. Tornerà.
-Non è di questo che mi preoccupo, Annabeth...
-Di cosa allora?- chiesi e aggrottai la fronte un po' confusa. La ninfa trasse un respiro profondo, poi parlò.
-Se Grover torna senza Pan, il Consiglio dei Satiri Anziani lo esilierà di sicuro e io non lo vedrò mai più- mi spiegò e scoppiò a piangere. -Non che pensi che sia... un incapace, anzi Grover è un satiro intelligente e... coraggioso, ma Pan non lo vede più nessuno da due millenni e... chi può dirlo? Forse... non vuole essere trovato- continuò balbettando tra un singhiozzo e l'altro. La abbracciai, perché non sapevo cosa dire senza sembrare bugiarda e inoltre concordavo con lei. Pan era più leggenda che verità.
-Allora non ci resta che sperare...- mormorai, anche se non credevo veramente a quelle parole.

Without you time passes, but I still love you, Seaweed Brain.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora