3.2 Indigeno di Danimarca

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É il richiamo del vuoto.

Una sera scese l'ultimo gradino e lanciò la solita occhiataccia al fondo della parete, prima di voltare le spalle ed entrare in cucina. Le sue orecchie erano bene aperte, ma si udiva solo il suo sciabattare indolente e il soffuso ronzio dell'elettricità. Il "richiamo del vuoto": da dove l'aveva tirato fuori? Preparò l'occorrente per la cena e si mise a lavare le tazze della colazione; ne approfittò per ripetere a voce la lezione di Scienze che aveva studiato quella sera. A un tratto si bloccò, ricordando da chi avesse sentito l'espressione:

«Il professor Kerr...»

Era accaduto durante un'uscita scolastica sull'isola di Staffa, al culmine di un itinerario geologico guidato dal professore di Scienze. Roy chiacchierava senza sosta con alcuni compagni di squadra; questi chiudevano il gruppo ciarliero ed esagitato che percorreva il sentiero che dalla sommità faceva il giro dell'isola. Uno di loro, forse proprio Roy stesso, aveva convinto gli altri a lasciare il sentiero e avvicinarsi di soppiatto allo strapiombo per dare una fugace occhiata dall'alto. Roy rideva, il torace aperto al respiro di iodio, i capelli gettati indietro dalla corrente.

La sua risata si era spenta guardando giù. La mandibola gli si era serrata, le sue ciglia erano ali che lo proteggevano dal vento. Direttamente sotto i suoi piedi le splendide colonne di basalto scendevano a precipizio sul mare impetuoso, che si abbatteva contro la sponda con il suo rombo ipnotico e penetrava nelle grotte, amplificando ogni suono. In alto, un mormorio stregato si insinuava nelle orecchie di Roy. Il suo corpo era ancorato alla roccia per non rispondere all'abbraccio del vento, incapace di attraversare lo spazio che lo separava dal fondo. Sotto a un orizzonte stabile e infinito, nero e blu, verde e marrone gli restituivano l'immagine terribile delle conseguenze del salto. Un invito a cedere o a trarsi indietro.

«È il richiamo del vuoto», aveva urlato nel vento il prof. Kerr, facendo trasalire il gruppetto. Aveva fatto un cenno ai suoi studenti di fare qualche passo indietro, ma lui stesso si era avvicinato all'orlo, gli occhi che brillavano di esaltazione e il ghigno furbesco di chi prepara una bella lezioncina.

«Ma non soffro di vertigini», aveva mormorato Roy, sentendosi stupido.

Ma nessuno lo aveva sentito. I suoi compagni erano presi dall'esaltazione e ridevano, ma avevano negli occhi la stessa reticenza inchiodante, lo stesso terrificante impulso.

«Sembra quasi di perdere il controllo, vero? Come se una parte di voi volesse rispondere al richiamo e lanciarsi di sotto.» Il professor Kerr aveva guardato in basso. «Questo fenomeno è molto comune, ma è ancora un mistero per la scienza. Però, sono sicuro verrà fuori che è una cosa buona, oltre che interessante. Dentro di noi abbiamo un freno che si attiva davanti al rischio di morte certa: la nostra paura ci tira le orecchie, insomma; un po' come vorrei poter fare io con voi in questo momento per esservi allontanati dal gruppo. 

Aveva riso anche Roy e tutti si erano incamminati con il professore. Roy aveva continuato a ripetere che gli era successo altre volte e che non aveva mai saputo spiegarselo prima d'ora. Il professore gli aveva sorriso:

«Personalmente, penso che sia un incontro-scontro tra l'animalesco istinto di sopravvivenza e il fascino tutto umano per il volo e l'esplorazione.»

Roy rabbrividì, scosse la testa e lasciò andare il cucchiaio di legno con cui rimestava nella pentola. Borbottando contro sé stesso e le sue paure superstiziose, marciò in salotto e staccò la spina del televisore. 

 

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Amici Perduti. Libro Primo - Parte 1 [IN REVISIONE]Waar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu