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Oltrepassarono le colline che fungevano da barriera intorno alla Rocca, lasciando la parte più interna del territorio per addentrarsi nel fitto bosco.
Ogni componente che aveva più di sedici anni aveva un legame con un lupo, l'Animale-Totem della Tribù.
Quella zona di territorio era chiamata Bosco delle Ombre ed ospitava tutti i lupi della Tribù.

Tra di loro, c'era anche quello di Ramin.
Il suo nome era Zefir.
Con il suo manto d'argento e i suoi occhi blu che parevano laghi immensi, era tra gli esemplari più belli della Tribù dei Lupi.

Ramin vedeva il suo amico lupo ogni giorno, non faceva niente senza di lui; il suo lavoro all'interno del DOCTT gli avrebbe sottratto il tempo che avrebbero potuto passare insieme, se Zefir non lo seguisse in tutti i suoi lavori

Mentre lui era ancora immerso nei suoi pensieri, il suo cavallo si imbizzarrì, impaurito da qualcosa che Ramin non notò subito: una figura scura era balzata sulla strada davanti ai due, mostrando i denti in un ringhio minaccioso.
L'animale si alzò sulle zampe posteriori nitrendo spaventato. Ramin, trovandosi impreparato, non riuscì a tenersi alle redini e finì a terra, nel fango.

Il cavallo indietreggiò scuotendo la testa.

Ramin si pulì la faccia dal fango passandosi la manica della camicia sul volto. Osservando l'intruso, riconobbe Zefir. Più che ringhiare, pareva stesse ridendo.

«Ah sì, lo trovi divertente?», borbottò il ragazzo fingendosi offeso.
Il lupo gli corse incontro, dandogli colpetti con il naso sul braccio. Ramin lo abbracciò. «Lo sai che sei pazzo a fare queste cose?», gli disse scompigliandoli amichevolmente la folta pelliccia argentea.
Zefir ululò felice, saltellando intorno all'amico, che si alzò e si avvicinò al cavallo, calmandolo con carezze e parole gentili.

«Mi dispiace amico ma non ho tempo di giocare», si rivolse al lupo. «Devo portare agli Squali la risposta di Malvern, e inoltre devo riscrivere la presentazione sulle Terre delle Tribù...», spiegò, sventolandogli davanti al muso la pergamena arrotolata.
Zefir la afferrò rapidamente e corse via, scodinzolando.

«Torna qui!», urlò il ragazzo, montando in sella al cavallo. I due si lanciarono all'inseguimento del lupo, che ancora una volta si fermò a pochi passi dal cavallo, che si spaventò come la prima volta.
Adesso, però, Ramin non si fece trovare impreparato: inizialmente afferrò le redini per non cadere, poi lasciò la presa e saltò a terra, restando in piedi.

«Questa volta non me la fai», ridacchiò facendo la linguaccia al lupo, che si allontanò mugolando contrariato.

Quando Ramin e il cavallo ripresero il loro viaggio verso la Pozza di Cristallo, con come unica indicazione quella di procedere verso sud, Zefir li accompagnò, procedendo al fianco del cavallo; la pelliccia sfiorava il polpaccio di Ramin, coperto dal vecchio stivale di pelle.

Viaggiarono tutto il giorno, giungendo quando la luna era alta in cielo vicino ad una piccola capanna di legno.
Davanti alla porta stava una signora anziana, dai capelli argentei e la pelle olivastra, che disse di chiamarsi Bashèy. La donna insistette perché Ramin si fermasse da lei per la notte. Il lupo e il cavallo avrebbero dormito nella stalla, secondo i suoi piani, ma Zefir preferì trascorrere la notte a caccia nel bosco.

Lo fece entrare nella sua abitazione che, se da fuori sembrava piccola, dall'interno lo era ancora di più: aveva una minuscola e sporca cucina, al centro della quale erano posti un tavolo e due sedie, comunicante con uno stretto cunicolo buio che, a giudicare dal tappeto d'orso e dal vecchio camino - di grande utilità dato che era spento, - doveva essere una specie di salotto.
«Prego, accomodati», gracchiò Bashèy, con la sua voce roca.
Pose sul tavolo un paio di cucchiai due scodelle stracolme di uno strano liquido grigiastro che emanava un'odore sgradevole, nel quale galleggiavano pezzi di carne di un rosa tendente al grigio. Ramin lo osservò con diffidenza.

Wilderness | A Shadow In The Hearts Of WarriorsWhere stories live. Discover now