23- 𝙄𝙣 𝙩𝙝𝙞𝙨 𝙨𝙝𝙞𝙧𝙩 -𝘈𝘮𝘦𝘭𝘪𝘢

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«Sei tu ad andare dritto al punto adesso.» In risposta sollevò le spalle, come a non poterci fare niente. Continuava a guardarmi fisso negli occhi senza mollarmi un secondo, aspettandosi risposte che non sapevo nemmeno se sarei stata in grado di dare. «Perché vuoi saperlo?»

«Perché ho bisogno di sapere quanto c'è di vero nelle voci che girano.»

«Non sei tipo da pettegolezzi, Jordan.» Dissi indispettita. «Ed è esattamente quello che stai facendo.»  

«Non è per spettegolare, è che ho davvero bisogno di sapere cosa succede in quella società. Dimmelo e ti giuro, Amelia, che non lo saprà mai nessuno.»

Continuava a penetrarmi con quegli occhi dove la dolcezza del miele era stata sostituita dalla risolutezza più pura. E non sapevo se raccontargli tutto o meno, perché quel tutto era già stato portato nella stanza della Cameron. L'avevo capito che quello di Daytona era un tipo di agonismo sbagliato, ma non potevo rendermene conto prima perché quella realtà tossica era stata la stessa che mi aveva cullata facendomi crescere nell'abbraccio stretto e possessivo di Audrey. 

Impegnati, e verrai ricompensata con l'oro. 

Sbaglia, e conoscerai il dolore dell'impatto delle mie mani sul tuo corpo.

Conoscevo solo quel tipo di allenamento per raggiungere gli obiettivi prefissati, non mi ero mai chiesta se fosse giusto. Pensate di diventare campioni chiacchierando a bordo pista o ingozzandovi di mince pies a Natale?  Audrey ce lo ripeteva sempre. E io ascoltavo, subivo, sopportavo.

Avevo iniziato ad aprire gli occhi ai primi allenamenti di Clearwater, dove mi ero subito accorta di come la loro fosse una realtà diversa, più umana. Per il modo in cui Jordan mi aveva introdotta a quella nuova dimensione, presi coraggio e provai a dargli un po' di fiducia. 

«Audrey era un po'...irascibile.» iniziai «E' sempre stata gentile e premurosa nei nostri confronti, ma bastava poco per farla arrabbiare. Un salto sbagliato più volte per lo stesso motivo, una pausa per bere più lunga di quello che lei aveva stabilito, una risposta data con un tono che a lei non piaceva. Ha sempre dato il tutto e per tutto al suo lavoro, ma ha sempre preteso altrettanto da noi.» Jordan mi ascoltava con tutte le attenzioni che solo una persona realmente interessata poteva avere. Senza alcun tipo di giudizio, senza nessuna aria compassionevole ma solo bisogno di verità. Glielo leggevo negli occhi. Fece un piccolo cenno con la testa, invitandomi a proseguire. «Tutto ruota attorno al pattinaggio con lei, e deve essere lo stesso per qualsiasi persona scelga di entrare nella squadra. Che siano aiuto allenatori, atleti, sarte o coreografi...pretende il 200% da chiunque le graviti attorno.»

«E quando si arrabbia?» Chiese a braccia conserte, cercando di mostrarsi apatico.

Liberati, Amelia, anche con lui.

«Inizia sempre con gli insulti.» Iniziai a rivangare nei ricordi «Se segui le posizioni che dice lei ma il salto o il sollevamento non riesce, quasi sicuramente è perché sei grassa. Non ha mai indagato su altre cause, magari qualcosa da migliorare attraverso la preparazione atletica. Se non salti è perché sei pesante, punto. Ci ha sempre dato nomignoli poco carini, prima di passare alle mani. Ma non ci ha mai picchiato ripetutamente, per sfogare tutta la rabbia... Ci dava qualche sberla, qualche tirata per i capelli o ci strattonava in malo modo per la pista per rivedere le posizioni.» e scelsi di confidargli una cosa che non sapeva nessuno «Quando faceva così la paura era così tanta che non ascoltavo nemmeno la spiegazione, ero troppo occupata a calcolare i suoi movimenti nella speranza di schivare in tempo il ceffone successivo. Non sapevi mai dove avrebbe colpito.»

«Dio, Amelia. E tua madre?» Si conteneva, ma nei suoi occhi scorrevano tutte le imprecazioni che si agitavano in lui.

«Non si è mai accorta di nulla. I segni in faccia sono sempre spariti poco dopo, perché non li dava poi così forte. Si scatenava di più sulle gambe, sul sedere e sulla schiena. A volte si formavano degli ematomi che riuscivo a nascondere sotto i vestiti, o a farli passare per cadute accidentali. Mia madre ha sempre saputo quel che pretende Audrey dai suoi atleti, ma non conosce i suoi mezzi.»

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