Capitolo 61: Solitudine

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Quel giorno il calendario segnava "Algoritmi e strutture di dati", uno dei suoi argomenti preferiti. Era in ritardo, essendo partito un po' tardi a causa di una sessione notturna intensa alla console, perciò quatto quatto entrò nell'aula, cappuccio alzato e zaino su una spalla, e scelse immediatamente un posto in alto, lontano dalla massa di colleghi vicino alla cattedra. Si sedette, senza neanche aprire un quaderno per gli appunti, e diede un'occhiata a tutti quelli che avrebbero dovuto essere suoi compagni di corso; c'erano poche ragazze, più uomini. Non sapeva perché l'informatica venisse considerata una facoltà per soli ragazzi. C'erano persone disperate, altre disinteressate, altre in crisi perché non stavano capendo un'accidenti di quello che stava pronunciando il professore. Non importava in che struttura didattica si ritrovasse; le persone gli sembravano tutte dannatamente uguali e stereotipate. Qualunque atteggiamento anticonformista, era solo una facciata per attirare l'attenzione e fare finta di essere diversi dalla società in cui vivevano. Non c'era un minimo di sincerità nemmeno all'apparenza. Tutto era veicolato dalle immagini.

«Potrei sapere chi è lei?»

Sbatté le palpebre, rinsavendosi da quell'analisi meticolosa.
Abbassò gli occhi grigi, notando che il professore aveva smesso di spiegare per rivolgersi direttamente a lui.
Lo stesso fecero tutti i presenti, beccandosi gli sguardi di persone che, stranamente, parevano essere più grandi di lui di uno o due anni.

«Si abbassi il cappuccio per cortesia.» insistette l'insegnante.

Gli parve di sentire i suoi colleghi bisbigliare qualcosa. Alle sue orecchie giunse addirittura la parola stalker o assassino. Solita routine di merda. Dovette, tuttavia, obbedire e fare come richiesto, mostrando il suo sguardo pallido e le occhiaie evidenti ai presenti. Aveva un aspetto da far venire i brividi.

Il professore si allontanò dalla lavagna sulla quale stava spiegando, con un'oratoria banale, la notazione asintotica e si mise ai bordi dello scalino che lo separava dai posti a sedere. «Non l'ho mai vista qui, è parte di questo corso?» lui annuì, facendolo sorridere. «Allora si alzi e si presenti. Il primo giorno di lezione i suoi colleghi hanno fatto lo stesso per fare amicizia. Lo faccia anche lei: nome, cognome, età e matricola.»

Distolse per un attimo lo sguardo, sospirando dalle narici con aria infastidita. Quel silenzio gli stava fracassando i timpani. Odiava tutti quei puntini intermittenti puntati addosso. Piantò le mani sui braccioli della sedia, si mise in piedi, attirando la curiosità degli altri, e prese un respiro profondo.

«Name's Noah Finley. Diciannove anni. Matricola 18****.» disse annoiato.

Le sopracciglia del professore si sollevarono dallo stupore. «Oh, quindi lei è nuovo! Le uniche matricole di quest'anno provengono dal corso di Ingegneria Informatica, ma vedo che lei è uno audace: è il più giovane del corso in questo anno accademico.» osservò con sarcasmo. «Si può sedere.»

Noah abbassò le spalle, lieto che quel momento imbarazzante fosse giunto al termine.
Per forza era l'unico di quell'anno in regola con l'iscrizione; quella era l'università più rinomata di Washington, la più difficile. Solo gli studenti che facevano domanda ad inizio del quinto anno di liceo potevano entrarvici; il test d'ingresso era stato tremendo. Aveva domande di matematica e di logica che superavano di gran lunga quelle scolastiche che venivano insegnate quotidianamente a loro comuni mortali. Si chinò, in procinto di sedersi, quando alle sue orecchie, al di là del parlottio confuso dei suoi colleghi, giunse una frase pronunciata dal professore stesso, dopo avergli voltato le spalle per tornare alla lavagna.

«Vediamo fino a quanto resisterà.»

Noah socchiuse gli occhi, inorridito. Si sedette e stette immobile a seguire la lezione per almeno un'altra mezz'ora abbondante. Si annoiò parecchio, non poté negarlo, tanto che stava per rischiare di addormentarsi in aula a causa anche delle ore perse nel corso della notte. Ma che poteva farci? Se avesse avuto un valido motivo per stare attento, non avrebbe battuto la fiacca. Il problema era quel maledetto professore incompetente; stava spiegando quel semplicissimo argomento con dei giri di parole talmente astrusi e inutili che le persone presenti stavano dando forfait, scoraggiate da tutti quei calcoli, quelle definizioni, quei collegamenti, che non avrebbero agevolato per niente l'apprendimento. Stava lavorando come tecnico della rete per pagarsi gli studi in un college dove il loro obiettivo era far cadere il prossimo per troncargli un futuro? Sbuffò seccato, indossò nuovamente il cappuccio e si alzò per sgusciare via dai sedili e dirigersi all'uscita.
Un movimento che non passò inosservato al professore, il quale aveva già adocchiato con gli occhi chiunque avesse abbandonato l'aula dall'inizio della sua carriera.

MIND OF GLASS: OPERATION YDove le storie prendono vita. Scoprilo ora