Cap 1° Potevo definirlo un giorno normale

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Era ormai la solita routine per me. Papà tornava a casa alle tre di  mattina, e quella volta ero decisa a volerlo aspettare fino a tarda notte. Avevo sempre paura che non tornasse mai da me, un incidente, un assassino, un ladro potevano portarlo via da me e questo non mi andava a genio.
Non mi sentivo molto bene, cioè non che gli altri giorni stessi davvero bene.. Però, quel momento era particolare: mi girava la testa e soprattutto mi sentivo osservata. Molto probabilmente era Mercoledì il gatto dei vicini. Non chiedetemi perché l'avevano chiamato così. Da quanto mi avevano detto era un gatto randagio che si era ferito una zampa e naturalmente, la mia vicina Willow (animalista convinta) l'aveva salvato da morte certa.
Ma sapete non era facile tenere un gatto randagio in una casa piena di canarini, gatti, cani, pesci, cricetini, uno scoiattolo addomesticato, un pappagallo più due bambini sui 5 anni.
Beh era la casa più chiassosa di tutto il quartiere e la fruttivendola di "frutta e verdura da zia Germana"  non faceva altro che criticarla dicendo che in casa non si potevano tenere così tanti animali.
Sinceramente preferivo i gatti, erano indipendenti e non dovevano avere tutte le attenzioni dei cani che odiavo.
Il soffitto era il solito amico con cui passavo i miei pomeriggi monotoni, tranne qualche volta che mia zia aveva bisogno di me al supermercato (che gestiva lei)  in centro.
Il letto sembrava così terribilmente duro che controllai che non ci fosse niente, e difatti fu così. Mi sentivo terribilmente a disagio in camera che controllai anche l'armadio, magari c'era qualcosa, ma niente. Ero sempre stata abituata a dormire a casa da sola, passare pomeriggi da sola in compagnia dei miei manga, ma ora stavo tremando. Avevo la terribile sensazione di essere osservata nel profondo fino ad arrivare all'anima, e diciamo che la cosa non mi metteva di buon umore.
Controllai ancora la stanza osservando ogni minimo dettaglio, ma pareva non esserci nulla. Tanto meglio.
Mi sedetti sul letto affondando il viso nei morbidi cuscini in pizzo rosa e il sonno mi avvolse quando il suono della notifica di un nuovo messaggio mi fece rinvenire.
Erin sono la zia, scusa se ti disturbo adesso ma ho davvero bisogno del tuo aiuto. Potresti venire da me?›.

Le strade erano piacevolmente invase da bambini sorridenti e anziane che litigavano per accaparrarsi il centrotavola più bello e colorato.
L'aria era più calda del solito e profumava di pane appena sfornato, si poteva definire una giornata magnifica.
Arrivai davanti al negozio dopo pochi minuti dove una folla di gente si era accalcata davanti alle vetrine. Cercai di farmi spazio tra la gente quando una mano mi afferò il braccio tirandomi verso l'interno del negozio.
Era mia zia. Vedete zia Ann era la tipica donna che si caccia nei guai, sempre esuberante e con un gusto dell'arredo abbastanza singolare.
La guardai interrogativa per capire come mai ci fossero così tante persone attaccate alle vetrine.
Zia ‹ vedi, oggi ho fatto dei saldi... E ovviamente tutti si sono precipitati qui... E...›
Io ‹ ho capito tranquilla, vado a cambiarmi e torno subito qui›.

Ormai erano le sei e mezza di sera ed il sole stava piano piano incominciando a calare lasciando spazio all'oscurità. I clienti erano già andati via lasciando qualche barattolo di zuppa, delle verdure, qualche pizza surgelata e tante altre cose.
Sentii la porta aprirsi e una leggera arietta fresca mi investì.
Dalla porta era entrato un ragazzo poco più alto di me con capelli biondi e portava degli strani occhiali da sole. Si guardò leggermente attorno e quando mi vide si avvicinò spavaldo.
Il cuore incominciò a battere e lo stomaco faceva male, che mi prendeva così all'improvviso?
Il razzo si fermò davanti a me e mi sorrise rivelando una dentatura perfetta degna di una star.
X ‹ scusa sono rimaste delle pizze?›.
Io ‹ si, terza corsia a destra›.
Mi ringraziò e andò nella direzione che gli avevo indicato.
Sentivo le guance calde e le mani mi tremavano. Poggiai la fronte sul ripiano intermedio della corsia e sospirai toccandomi leggermente le guance con le punte delle dita.
Come poteva un singolo bambino farmi quest'effetto? Si probabilmente il ragazzo aveva poco meno la mia età, insomma aveva lineamenti così delicati.
Andai nel bagno dei dipendenti e mi sciacquai il viso ancora leggermente arrossato. Mi guardai allo specchio ammirando i lunghi capelli biondi e gli occhi che brillavano all'idea di poter tornare a casa e guardare per la centomigliardesima volta Titanic. Era il mio film preferito, sin da piccola sognavo una storia d'amore così bella e sincera.

Salutai zia con un cenno di mano e uscii dal negozio socchiudendo la porta dietro le spalle.
Assaporai l'aria fresca di aprile e svoltai l'angolo che mi portava dritta alla mia fumetteria preferita. Non aveva un nome ben preciso ma quando vi entravi dentro sentivi il profumo di fumetti ed una distesa di Tex ti dava il benvenuto.
Conoscevo il proprietario perché era amico di mio padre quando andava a militare da diciottenne. I miei pensieri vennero interrotti quando un gruppo di ragazzi mi si parò davanti facendomi sussultare dalla paura. Sapevo chi erano e di certo non avevano buone intenzioni.
Io ‹ Mike ti serve qualcosa?›.
Mike ‹ oh si tesorino, perché non vieni con me e i ragazzi a casa mia?›. Gli rivolsi un sorriso falso pieno di risentimento.
Mike era una di quelle persone che si credevano più belli di tutti e si faceva metà scuola e per lui era uno spasso.
Io ‹ guarda magari un'altra volta›. Lo scansai e tornai a camminare verso la fumetteria ma qualcosa me lo impedì: la mano di Mike stretta al mio polso.
Mi stava facendo male ed un gemito di dolore uscì dalla mia bocca provocando una sua risata isterica.
Io ‹ mollami...›.
Mike ‹ perché dovrei?›.
X ‹ hai sentito no la ragazza? Mollala›.
Quella voce era del ragazzo che avevo incontrato prima! Sentii la presa di Mike allentarsi leggermente e il suo sguardo si posò sul ragazzo che adesso era davanti a me.
Vedevo solo la sua schiena e la borsa del supermercato di zia portata a tracolla.
X ‹ ho detto mollala›.
Mike ‹ altrimenti?›.
Il biondo si sfilò con un movimento gli occhiali da sole e vidi il viso di Mike impietrirsi dalla paura.
La banda di Mike lo prese e lo portò via con volti tirati. Il ragazzo si rimise gli occhiali e dopo si voltò verso di me sorridendomi felice.
X ‹ stai bene?›

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Hey gente! Rieccomi con una nuova storia su Ben! Che ne pensate del primo capitolo? Spero vi piaccia!!
By da Black

Hold My Hand// Ben DrownedWhere stories live. Discover now