22- 𝘽𝙞𝙜 𝙘𝙞𝙩𝙮 𝙢𝙖𝙯𝙚 -𝘈𝘮𝘦𝘭𝘪𝘢

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«Buongiorno» Si presentò con una voce baritonale. «Signorina Reed e... la madre, suppongo?» La guardò in modo strano, come se fosse stupito nel vederla lì.

«Si, sono Catherine, tanto piacere.» Gli strinse la mano ed entrò nello studio con la sua solita sicurezza stampata in un sorriso brillante.

Attraversai la nube di dopobarba che il dottor Gipson irradiava, e mi accomodai in quell'ufficio dove il legno massello la faceva da padrone, senza l'ombra di qualsiasi effetto personale.

«Allora, Amelia.» Iniziò sistemandosi sulla grande sedia foderata in pelle dietro la scrivania. «Quando ci siamo sentiti al telefono mi hai presentato la tua situazione, è particolare. Sai già per quanto tempo resterai qui a Clearwater?»

«Qualche mese ancora.»

«Certo, non sei la prima che accogliamo dal Fairwinds. Vi diamo la possibilità di seguire le lezioni in presenza oppure online, ovviamente gli esami di fine semestre verranno fatti solo in presenza. Mi pare di aver capito che non starai qui per l'intera durata del corso, e ti rassicuro già sul fatto che quando sarà ora di tornare a casa ti aiuteremo con la parte burocratica del trasferimento. A quale corso saresti interessata?»

«Studi legali, sin da quando era bambina.» Rispose di getto mia madre. «Dopo il pattinaggio, è sempre stato questo il piano.»

Il consulente sembrò così infastidito dalla sua intrusione che non la guardò nemmeno. Continuò a fissarmi, aspettando che fossi io a parlare. 

«Scienze dell'educazione.» Risposi con fermezza. Avevo scelto di non avvertire mia madre del mio cambio scelta, perché facendolo le avrei permesso di mettersi in mezzo. Lei ci era comunque riuscita, ma con la coda dell'occhio la vidi irrigidirsi e socchiudere le palpebre a contenere tutta l'irritazione che trasaliva in quel momento. 

«Ci ho pensato molto, ultimamente.» Parlavo con lo sguardo rivolto al consulente, ma in realtà stavo spiegando a mia madre i motivi del mio cambio programma. «Non mi ci vedo a passare le giornate tra aula e ufficio. Preferisco l'idea di lavorare con i bambini. Voglio seguire scienze dell'educazione.»

«Ok.» Disse mia madre a denti stretti. In apparenza composta, sapevo che dentro di sé arginava con tutte le sue forze un fiume di nervoso ai limiti dell'esondazione.

«Bene, mi sembra decisa, signorina Reed. Il nuovo semestre inizia a gennaio, ma se volesse venire ad assistere a qualche lezione per ambientarsi e vedere come funziona la vita al college, sappia che le porte sono aperte, posso farle avere gli orari via mail. So che lei ha sempre studiato da casa con un tutor, corretto? Avrebbe qualche fascicolo attestante i programmi svolti?»

«Si certo, li ho qui» Mia madre gli allungò la cartellina ben organizzata in cui avevo inserito, in ordine cronologico, tutti gli esami dati nel corso degli anni in cui non avevo frequentato la classica scuola. 

«Ottimo, davvero sorprendente.» Disse il dott. Gipson sfogliando il fascicolo. «Sono sicuro che il SAT andrà alla grande.»

«Il che?» Non ne avevo mai sentito parlare.

«Il SAT.» mi sorrise. «Un test attitudinale. Lettura critica, matematica e scrittura. Lo chiediamo di norma per l'ammissione ai corsi, in particolare agli studenti che hanno una formazione scolastica alternativa alla tradizionale, ma anche a quelli provenienti da stati esteri. Lo fisserei per il quindici dicembre, che ne dice, Amelia?» propose consultando il calendario.

Se speravo che l'ammissione al college fosse una passeggiata, mi sbagliavo di grosso. Ero sempre andata bene nel mio programma scolastico, ma ero terrorizzata all'idea di prendere una penna in mano per essere valutata da professori sicuramente più esigenti di quelli di Daytona. Stavo entrando al college, mica all'asilo. In qualche modo, sapevo che mi sarei preparata.

RESILIENTWhere stories live. Discover now