II - Minerva

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Gentile preside McGranitt, 

le comunico che da domani non sarò più presente a nessuna lezione poiché sto per morire. Scrivo a lei questa lettera per risparmiare inchiostro ed evitare di ripetere tutto a tutti i professori della scuola.

La ringrazio di cuore per l'opportunità che mi ha offerto in questi anni, ma purtoppo ho guardato la realtà in faccia e ho capito quello che tutti mi hanno sempre detto: sono un caso perso, una macchia nella famiglia Potter, e per questo ho deciso di andarmene.

La prego inoltre di comunicare al professor Paciock, il mio padrino, che è stata una delle persone più care per me qui ad Hogwarts. Avrei voluto scrivere una lettera anche per lui, ma temo di non riuscire a fare in tempo. Se qualcuno mi scopre tenterà di fermarmi e non voglio usare la magia per bloccarli, anche perchè tempo che gli incantesimi non funzionerebbero.

Questo è tutto. Quindi le dico addio, sperando di avere modo di scambiare quattro chiacchere con lei quando avremo modo di rivederci dall'altra parte. Dopotutto la morte arriva per tutti, prima o poi, no?

Distinti saluti,

Albus Severus Potter

P.S: scusi per aver sporcato la sala comune di Serpeverde, spero che si possa ripulire in fretta, ma ho sempre adorato il mio letto. 


«Come sta il ragazzo?»

Minerva McGranitt si girò verso il dipinto alla sua destra, il quale la fissava con la sua solita aria untuosa di quand'era in vita e un sopracciglio alzato. Non era in vena di iniziare una discussione, non nello stato d'animo in cui si trovava, ma era raro che Severus Piton aprisse bocca se non interpellato. Gli rispose, quindi.

«Poppy lo sta mantenendo stabile. Il signor Malfoy, suo padre, la madre del signor Potter e ogni altro purosangue della famiglia Weasley si sono offerti di donare il loro sangue per le trasfusioni. Anche alcuni studenti lo hanno fatto, soprattutto Serpeverde.»

«Ammirevole, davvero. Devo scusarmi per avere un po' sottovalutato la tua casa, Severus.»

Ed eccolo, il litigio che partiva e che avrebbe voluto evitare. Maledetta lei, pensò Minerva.

Il ritratto di Albus Silente aveva un piccolo sorriso sulle labbra. Tutto il contrario dell'ex-insegnante di Pozioni, che aveva contratto i suoi lineamenti in una smorfia. «È quello?» Domandò quest'ultimo, decidendo di ignorare il commento.

La strega annuì, grave, fissando il pacchetto posato sulla scrivania. Pochi minuti dopo aver lasciato i Potter e il resto del gruppo all'infermeria (nonostante avesse offerto loro degli alloggi erano stati tutti, dal primo all'ultimo, irremovibili sul restare a turno in infermeria) il professor Fawley, a capo di Serpeverde, lo aveva portato da lei, dicendole di averlo trovato accanto al letto di Albus, in una pozza cremisi.

Ne scostò appena la carta che avvolgeva l'oggetto incriminato: un coltello normalissimo, inciso con diversi segni sia all'estremità che su entrambi i lati della lama. Era sporco in più punti di un liquido ormai rappreso e scurito, liquido che Minerva sapeva benissimo cos'era.

«Il ragazzo doveva desiderare ardentemente l'oblio della morte.» Disse Piton, le mani congiunte in avanti e gli occhi imperscrutabili: «Mi chiedo solo perché abbia deciso di tirare fuori il suo genio proprio per un'occasione come questa.»

Minerva non disse nulla, concentrandosi sull'arma. Il sangue le impediva di leggere correttamente gli incantesimi in lingua runica su di esso, ma quando ne ebbe riconosciuto uno in particolare alzò il volto e strinse le palpebre dietro agli occhiali squadrati. «Severus.»

«Sì, Minerva?»

«Perché c'è la tua maledizione su questo coltello?»

«Il sectumsempra

«Precisamente. Come ha fatto il signor Potter a conoscerlo?»

«Il signor Potter, dall'anno scorso, è venuto a farmi visita nella classe abbandonata in cui si trova il mio terzo dipinto.» Piton rimase in silenzio per alcuni istanti, poi continuò: «Quel ragazzo non ha nessuno, oltre al signor Malfoy, e ha trovato compagnia nel quadro del suo omonimo piuttosto che nei suoi coetanei vivi o nella sua famiglia. L'ho aiutato a migliorare dove prima aveva solo lacune e lui si è appassionato alla mia storia.»

Minerva trattenne il fiato. «Severus, dimmi che non lo hai fatto...» Disse, sperando con tutto il cuore di sbagliarsi.

«Non ho nominato o insegnato al signor Potter la maledizione, se è questo che pensi. Deve aver trovato il mio vecchio libro, quello che il suo cosiddetto padre...»

«Severus!» Esclamò Silente dall'altro dipinto, colpito da quella stoccata improvvisa.

«...ha lasciato nella stanza delle necessità anni or sono. Fortunatamente...» Continuò imperterrito Piton: «...ho impartito bene il controincantesimo al signor Malfoy all'inizio di quest'anno.»

Il silenzio divenne l'unico protagonista della stanza per una decina di secondi. «Tu sapevi?» Chiese la Preside di Hogwarts, cercando di controllare la sua voce anche se lì con lei non c'era nessuno, a parte i ritratti: «Sapevi che Albus avrebbe tentato di uccidersi?»

Il dipinto dell'uomo dai capelli scuri divenne impassibile, dato che la domanda si rispondeva da sola. «Ricorda che il ragazzo ha anche un secondo nome, Minerva.» Disse soltanto, prima di sparire dalla cornice.

La Preside si passò una mano sul volto stanco. A volte dimenticava ciò che Harry le aveva detto in privato, dopo la confessione pubblica del reale ruolo di Severus durante la guerra; del suo passato, di ciò che era accaduto tra lui e James Potter, del motivo per cui aveva dato al suo secondo figlio il nome del professore che meno fra tutti lo aveva trattato con rispetto nel corso degli anni.

«Non lo ammetterà mai, ma si è affezionato al ragazzo.» Parlò Silente, mentre lei aveva ancora gli occhi chiusi: «Purtroppo abbiamo fatto degli errori, Minerva. Sento che, sia dentro che fuori da Hogwarts, la medaglia degli ideali abbia solo girato la sua faccia.» Il tono era quasi triste, a sentirlo.

La donna mosse la testa. Era vero, persino a lei era venuto il dubbio che Scorpius Malfoy fosse davvero il figlio di Voldemort, come dicevano le voci incontrollate su di lui. Ma, vedendo quel ragazzo così scosso e spaventato dal sangue sulle sue dita, stretto a suo padre come se fosse l'unica cosa che gli impedisse di impazzire, non era riuscita a non sentirsi in colpa.

«Cosa possiamo fare, Albus?»

«Noi non possiamo fare niente. È una scelta del ragazzo, se dare una seconda opportunità a questo mondo oppure lasciarlo per sempre.»

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The Writer

Is It Worth It?Where stories live. Discover now