CAPITOLO 2 - OGNI COSA E' DIPINTA DI ROSSO

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Una leggenda che era stata narrata anni addietro era tornata all luce, diventando una realtà visibile agli occhi umani fra le mura della città. Erano passati secoli e la dinastia della casata Novira continuava a prosperare serenamente. Non vi era regno più splendido, tanto da diventare nazione indipendente. Con il passare degli anni i discendenti di Re Cripus avevano mantenuto il suo sogno e il rapporto con i sudditi costante e armonioso. Tuttavia negli ultimi mesi qualcosa era cambiato, il popolo pareva sempre più irritato e una leggenda, ormai perduta tra i ricami del tempo, era riaffiorata. Da quando i fiori erano comparsi, tra le mura di Novira, il popolo cominciava a bisbigliare, a essere scontento di ciò che non aveva, incolpandosi gli uni con gli altri, ma soprattutto incolpando la famiglia reale. La notizia dei fiori magici aveva iniziato a circolare tra i pescatori del fiume, vedendoli spesso sull'altra sponda, ma gli umani avevano dubitato della veridicità di tali racconti. Tuttavia non passò molto tempo, che il malcontento e la leggenda dei fiori, arrivò fra le mura del castello e soprattutto alle orecchie di Re Aprum che pareva scettico a riguardo, essendo i pescatori famosi per le loro storielle fantasiose.Era ora di cena quando, all'interno del castello, tutti i servitori di corte si stavano preparando per favorire il pasto ai reali. I gendarmi avevano diminuito la sorveglianza tra i corridoi e si erano organizzati in due gruppi. Il primo nella sala banchetti per difendere i reali durante la cena e il secondo gruppo in servizio di ronda fra le vie del regno di Novira. Ogni servo a palazzo, stava sparlando sulla famiglia reale mentre si occupavano delle faccende. < Chissà se riuscirò a vedere il principe in faccia senza lo sguardo onnipresente della regina > disse un menestrello, mentre accordava e provava il liuto per renderlo più piacevole ai sovrani durante la cena. < Ma sei pazzo?! > lo riprese una cameriera del castello < non provarci neanche se ti è cara la vita. L'ultima volta che qualcuno ha "accidentalmente" provato ad alzare lo sguardo, dopo essere visto dalla regina, il re l'ha decapitato con la sua spada seduta stante > continuò < credimi, alla regina non sfugge niente e nessuno di noi ti difenderà, stanne pur certo > concluse con uno sguardo impaurito da quella persona irrispettosa. < Ehhhh ma è solo un Principe. Da come lo dipingete tutti sembra un mostro> disse sminuendo la sua interlocutrice. < Ah io non l'ho mai visto, può essere anche un angelo, ma la spada del padre non perdona e ZAC.. sei morto! > concluse la cameriera imitando il gesto della testa tagliata con la mano, spaventando il menestrello. Mentre concludevano la discussione un soldato li guardò e sbatte le mani per intimarli a concludere il discorso e tornare a lavoro. Da qualche giorno infatti a causa di questo nervosismo che serpeggiava nelle mura i chiacchiericci sullo stato del principe erano decisamente aumentati. Tanti volevano sapere di più sul loro futuro re, mettendo in agitazione i sovrani che avevano ordinato ai soldati di spegnerle le voci appena fossero iniziate. Tutto era pronto e la famiglia reale entrò nella sala dei banchetti insieme all'alta corte. Il primo ad entrare fu il Re Aprum, alto e massiccio, con uno sguardo fiero, portava la sua età non più giovanile e con i primi segni di vecchiaia. Il petto era aperto e possente, sul mento e i capelli folti e ispidi iniziavano a intravedersi i primi segni di vecchiaia. Al suo fianco la regina invece, pareva provenire dalle montagne al di là della foresta, da quanto il suo portamento fosse impeccabile e gelido. A seguire entrarono i figli e la corte. Era chiaro al prima sguardo chi dei due figli era quello ereditario al quale a tutti era proibiti avvicinarsi se non in caso di necessità. Mentre si avvicinavano al tavolo i reali salutarono con il capo in maniera garbata ogni suddito presente, l'unico che non era richiesto di eseguire tale atto era il ragazzo incappucciato da un lungo mantello rosso che cadeva a terra, mostrando la sua regalità dalla quantità e qualità di stoffe che indossava. Mentre si apprestava a sedersi, cercò di allungare ancora di più il cappuccio per nascondere maggiormente il volto. Si sedettero al tavolo e prima di iniziare il banchetto vi fù un brindisi d'apertura da parte del re. < Miei cari sudditi, rendo grazie per la vostra presenza in qualità di graditi ospiti. Consapevole dei problemi che affliggono il nostro regno, non temete, poiché domani convocheremo una riunione per esaminarli attentamente e, se del caso, porvi rimedio> annunciò il Re con voce chiare e tuonante, intimando in maniera celata di non continuare a portare avanti storielle di corridoio. Il principe ereditario portò la mano sul volto, sotto al cappuccio, mentre tutti gli altri erano distratti ad ascoltare il re, e lentamente per non farsi notare troppo, levò da sotto il cappuccio una semplice maschera di legno con dei vetri rossi dove erano gli occhi. Il banchetto ebbe inizio e attorno alla sala, vi erano risate e discussioni in corso, contornate dal maialino selvatico posto sul tavolo e grazie alla musica dei menestrelli. Liuti, flauti e tamburi medievali suonavano con allegria e giubilo per favorire la buona convivialità nel pasto. Mentre la musica si espandeva nella sala i figli della regina cominciarono a scambiarsi qualche parola tra di loro. <Lepus, dovresti ammirare da vicino l'imponenza delle mura che circondono Novira. La loro maestosità non si svela appieno finché non ti trovi di fronte al castello stesso> disse Ahrrone, il fratello minore, mentre si prestava a prendere un pezzo di quelle poche verdure servite come contorno. <Ah, se solo potessi, mio caro fratello. Mi temo che la prospettiva di lasciare questo luogo sia un sogno irraggiungibile per me> sospirò il principe ereditario, guardando, in maniera distorta, fuori dalla finestra, composta dai tanti vetrini rossi che creavano un avvincente mosaico di battaglia, in cerca di un vago momento che lo facesse uscire da quella routine <Neppure i nostri cani, sono costretti a una vita così confinata e priva di libertà. La mia situazione appare ancor più restrittiva di quella di una bestia a quattro zampe> aggiunse amaramente. Per Lepus nulla si rivelava più angosciante che rendersi conto di essere una creatura in cattività, imprigionata in una lussuosa gabbia di vetri rossi che alteravano persino la percezione del mondo esterno.<Coraggio, fratello, non cedere a così triste pensiero. In effetti da alcuni giorni volevo parlarti di un fatto che ho appreso, da nostro padre, a riguardo... della tua situazione> Ahrrone pronunciò le sue parole con tale tono da catturare l'attenzione del fratello, socchiudendo gli occhi, sollevando le sopracciglia e poi zittendosi prontamente, creando così un'atmosfera di suspense.<E cosa aspetti a dirmelo...orsù muoviti> lo pizzicò Lepus, per accelerare la rivelazione. <Calma, calma, fratello. Rammenta ciò che nostra madre spesso ci ripete: "Mangiare con calma è da nobile, ingozzarsi è da bestie" disse il giovane principe, guardando come il padre al contrario, stava strappando voracemente un pezzo di carne dalla pancia del maialino servito, accanto a lui. Poi rivolse lo sguardo a Lepus il quale anche lui notava la veridicità di ciò che la madre gli aveva insegnato. Ahrrone, insieme ai genitori, era l'unico a cercare costantemente lo sguardo di Lepus senza creare conseguenze...come dire...mortali. Lepus, ormai abituato a questo atteggiamento riservato, vedeva nel fratello la comprensione del suo desiderio di connessione. Questo li rendeva non solo fratelli, ma anche i migliori amici l'uno dell'altro. Nonostante ciò, Lepus non poteva fare a meno di pensare: "Per il resto, è davvero un rompiscatole", tralasciando qualsiasi accento aulico impartitogli, mentre batteva le dita sul tavolo in attesa che Ahrrone finisse di masticare.<TI VUOI MUOVERE!!> sbottò, provocando lo sguardo incuriosito della madre. Ahronne non si fece distrarre ed entrambi sorrisero alla regina, facendola tornare a discutere con marchesi e conti al tavolo con loro. Ahronne buttò giù il boccone e lo guardò manifestando finto interesse, < Galoppando per le vie del popolo molti giorni or sono, il re mi ha riferito che a breve, mediante suo decreto, potrebbe esser concesso al principe erede al trono, l'auspicio di lasciare le mura del castello> disse senza scomporsi <Egli ha notato la tua prolungata assenza da quelle "crisi" che ti affliggono da tempo> riprendendo un tono serio <Nostro padre, ha manifestato il desiderio di conoscere il mio parere, considerando la nostra stretta connessione di fratellanza non solo di sangue ma di scelta> concluse le sue parole mentre un sorriso di intesa si dipinse sul suo volto, in accordo su quest'ultima frase. Ahronne prese in bocca un nuovo boccone e si arrestò. Lepus non poteva crederci, il re lo avrebbe fatto uscire. Chissà se la regina fosse d'accordo in questa decisione, forse avrebbe fatto la sua prima prova in mezzo al popolo. Non sapeva se sentirsi in ansia per paura che il popolo non l'accettasse o se essere al settimo cielo per uscire finalmente dopo diciotto anni. Avrebbe dovuto prepararsi a un eventuale discorso con il suo popolo? Sapeva così poco di loro, conosceva solo ciò che aveva imparato con il precettore mai oltre alla teoria su qualsiasi argomento.Mentre terminavano questi pensieri si fermò sull'ultima frase detta dal fratello. "Il re ha chiesto a lui cosa ne pensasse, prima che a me? Ma perché non chiederlo direttamente a me? Sarebbe stata ovvia la risposta...SI ". <Ma tu che gli hai detto Ahronne? Dimmi che hai detto di si!> disse ansioso Lepus, scendendo drasticamente a un dialogo col fratello decisamente più volgare. Ahronne, lo squadrò vedendo il cambiamento di registro linguistico assunto dal fratello maggiore, <vedo che , sebbene tu non ti immerga tra il popolo, ne stai apprendendo il linguaggio volgare, dignitoso per un "futuro re"> sottolineò il principe in segno di scherno, facendoli l'occhiolino. Ahronne non disse più nulla preso com'era dal boccone saporito che aveva in bocca e gli alzo il dito indice, davanti alla sua faccia, segnalando la sua intenzione di evitare qualsiasi intervento mentre gustava quel momento delizioso.Lepus, vedendo il gesto di Ahrrone e ignorando ogni norma di etichetta, afferrò il fratello per le spalle e cominciò a scuoterlo con un pizzico di malizia, rompendo la solenne atmosfera del momento.<Dimmelo, dimmelo, Ahrrone! Se continui con quel boccone sciocco, te lo faccio sputare!> esclamò Lepus, visibilmente irritato e scuotendo il fratello per le braccia. Il movimento repentino di Lepus fece roteare uno dei calici dei principi, facendolo cadere a terra con un rumore eccessivo che interruppe bruscamente il clima solenne che permeava la sala.Questa volta, entrambi i reali si voltarono e per evitare figuracce di fronte alla corte, la regina pizzicò Lepus e emise un suono di richiamo con la bocca. Entrambi i fratelli si acquietarono. La cameriera, che aveva parlato qualche ora prima col menestrello, si avvicinò al tavolo reale dove i due principi erano seduti. Avendo sentito il bicchiere cadere a terra, ma mantenendo uno sguardo basso, si era mossa per provvedere nel rimetterlo sul tavolo, pulendolo con una pezza prima di riposarlo. Il principe ereditario, non la vide in tempo e si presto pure lui a compiere tale atto, ma la cameriera fu più veloce di lui. Lepus se ne accorse e ritrasse subito la mano. <Ti ringrazio> disse il principe in maniera garbata, guardando istintivamente la donna, sapendo che ne avrebbe visto solo il capo, essendo inginocchiata. Tuttavia la cameriera, pensando che fosse di Ahronne il bicchiere, alzò lo sguardo ma invece di vedere gli occhi marroni del secondo genito, vide un colore completamente diverso. Non ci vollero che pochi secondi prima che la cameriera realizzasse cosa era successo. Il principe non portava mai la maschera ma solo il cappuccio, quando doveva consumare i pasti, per questioni di praticità, e questo lei lo sapeva, era stata maldestra e stupida a non guardare di chi era il bicchiere mancante, e ora aveva guardato il suo volto. La regina rimase composta e silente, l'unico movimento che fece, celato a tutta la sala, fu di posare la mano sulla coscia del re e stringerla delicatamente. Il re smise di condurre la sua conversazione con l'alta corte e si girò per prestare attenzione. Quando entrambi i reali focalizzarono i loro sguardi sulla scena accanto a loro, il re non potè che sospirare e, spostando indietro la sedia, alzarsi.Venne prese per i capelli e sentì il rumore della spada del re essere trascinata pesantemente assieme a lei.Il re riscaldò la voce e con la mano sulla testa della ragazza iniziò a parlare.<Miei sudditi una è la regola che io non tollero sia infranta> iniziò adirato il Re < Qual'è mia cara ragazza? > chiese il Re alla cameriera congelata da quello sguardo, da quegli ultimi istanti di incoscienza e impallidita per il futuro che gli si stava proponendo davanti. <No...non...non bisogna guardare il principe ereditario, maestà> disse priva di forza ma piena di emozioni e panico. <Esattamente mia cara, ma tu l'hai fatto e sai qual'è ora il tuo destino, non è vero?> continuò Aprum vedendo tutti gli occhi della sala fissare lui e la ragazza. Il sovrano non avrebbe mai voluto uccidere quella ragazzina, Lepus lo sapeva benissimo mentre guardava inorridito e colpevole la scena. Prima della sua nascita, tale legge non sarebbe mai esistita, ma la paura che il figlio fosse oggetto di chiacchiere di male lingue, soprattutto in questo periodo, non lo faceva dormire e nemmeno la regina. <Le giuro mio Re non era mia intenzione, volevo solo raccogliere il bicchiere...> disse spaventata la ragazza cercando di non piangere, sapendo che alla fine era giusto, che pagasse per il suo errore. Il re sospiro nuovamente, <come ti chiami mia cara?> chiese, mostrandogli un sorriso di conforto e accarezzandogli il viso. < Anna mio re > disse la serva. Il Re le si avvicinò in un gesto molto confidenziale, sussurrandogli all orecchio parole che fecero calmare, in modo misterioso, la malcapitata e di cui nessuno, senti il contenuto. Tutti guardarono quel atto come un possibile scandalo verso la regina. Agatha, lontana dall'essere contrariata, manteneva una compostezza glaciale, continuando a mangiare serena.La corte cominciò a percepire che la vera fonte di timore non era tanto il re, colui che emetteva le sentenze, quanto Agatha, colei che le imponeva con autorità.Lepus e Ahronne invece, rimasero increduli su ciò che stava succedendo. Sapevano di questa imposizione da parte dei genitori ma non avevano mai visto metterla in pratica o almeno non se lo ricordavano o erano stati allontanati, prima che avvenisse.Lepus, tra tutti i presenti, incuriositi e al contempo amareggiati, era l'unico che non voleva vedere cosa stava accadendo, o meglio non osava alzare lo sguardo per paura di creare un effetto domino su altri malcapitati. La colpa ricadeva unicamente su di lui, e solo su di lui. Avrebbe dovuto esserci lui a filo di spada e non Anna, , l'unica fanciulla che, a diciotto anni, aveva guardato negli occhi e con cui aveva condiviso, seppur per un breve istante, uno sguardo carico di vita e sogni futuri. Ora, i suoi occhi maledetti avrebbero spento quella luce promettente. Non avrebbe mai più rivisto i suoi occhi neri così oscuri eppur pieni di vita, quasi abbagliati, probabilmente più dei suoi.<Hai una famiglia mia cara ? Hai qualcuno che si occupa di te o di cui ti occupi che sentirà la tua mancanza? > pronunciò sottovoce re Aprum. < Io...io > iniziò balbettando lei < io ho due figli maschi mio re, hanno appena compiuto quattro anni.... Io non posso lasciarli da soli e.. > non terminò neanche la frase che il re velocemente gli disse < Sarò veloce e indolore con te mia cara Anna. Non ti preoccupare per i tuoi figli verranno a vivere a corte come miei protetti, ti prometto che saranno al sicuro...dopo avergli dato una nuova identità > concluse con tristezza che cercava di mascherare per non mostrarsi debole alla corte. Aprum prese la spada e pose la lama di lato, accanto alla gola di Anna, pronto per compiere l'atto. <Grazie mio re> disse Anna, guardando prima la corte, poi il menestrello e infine Lepus che cercava di mantenere lo più distaccato possibile e rimettersi la maschera. Anna lo guardò nuovamente incrociando il suo sguardo, questa volta però intenzionalmente, per dire le sue ultime parole <Sei bellissimo ma diverso da n...> gli rivelò, sorridendo ma con le lacrime agli occhi. Prima che potesse concludere quelle parole la lama di re Aprum, come un fulmine le tagliò la gola. Il taglio fu veloce e pulito, sembro quasi quello di un foglio di carta, ciononostante Anna cadde per terra, morendo, come promesso dal re, in un accennata pozza rossa di sangue,La cena continuò senza altri eventi intensi ma per Lepus, la cena era ufficialmente terminata. Il suo stomaco sembrava sul punto di rigettare il pranzo vedendo gli altri servi ripulire il sangue caduto per terra. Il silenzio aveva avvolto la sala e, mentre la famiglia reale si alzava dopo il pasto, Lepus notò che Ahrrone sembrava turbato. Come un buon fratello maggiore, cercò di parlargli mentre seguivano i genitori a una distanza di dieci passi.<Ahrrone, tutto a posto? Comprendo che sia stata un'esperienza intensa. Anch'io fatico a credere a ciò che ho visto> provò Lepus a imbastire un discorso. Ahronne borbottava da solo e Lepus cercò di intimarlo ad alzare la voce. < Quanti altri devono perire per tua mano, fratello? > disse iracondo Ahronne, stringendosi le mani alle braccia, < Quanti eh? tutto il regno gira solo e unicamente per quegli occhi che dettano, in questo regno, sentenza di morte quanto la spada del re> .Lepus inorridito da tale verità ma inerme provò a calmare come poteva il fratello minore, facendogli capire la sua situazione, <Ahronne tu credi veramente che io voglia tutto questo, tutti questi occhi addosso... anzi nessuno che mi guarda negli occhi? Vuoi fare a cambio, vuoi tu tale fardello? Accomodati> si arrestò Lepus non credendo a ciò che usciva dalle sue labbra. Ahronne, strinse i pugni, <stai mietendo il nostro popolo ogni volta che alzi lo sguardo, Anna non è la prima, e non sarà l'ultima. Devi mantenere lo sguardo basso fratello, celato> prese un respiro , calmando il tono ma restando tuttavia affranto, <ma un futuro re non può permettersi tale sottomissione, o mi sbaglio?> concluse il discorso lasciando questa pesante quanto imponente questione aperta nella mente del fratello maggiore, con quella domanda senza risposta che pesava come un macigno sulle sue spalle.Lepus non disse nulla, cosa avrebbe potuto dirgli poi, se non che avesse ragione. Tuttavia Lepus non poteva concedergliela, o avrebbe perso non solo il suo rispetto ma anche il suo contatto visivo... e questo non poteva permetterselo. Nessun futuro re aveva mai abdicato per inadeguatezza, e di certo lui non poteva essere il primo, già era considerato se non un mistero, un mostro, doveva aggiungersi ora anche la vergogna di essere inadatto al dono concessogli dalla nascita?Lepus era ben consapevole di ciò che i servi e il popolo pensavano di lui. Un mostro nient'altro, celato dalla luce del sole. Solo di notte poteva girare per il castello mentre gli altri dormivano e provare, per un attimo, quella mancanza di attenzioni che lo portavano a essere mosso come una marionetta, da un posto all'altro, dentro alla sua gabbia dorata. Tuttavia era solo nei sogni che poteva viaggiare, cavalcare, correre e addirittura volare. I sogni per Lepus erano un mondo messo a sua disposizione da scoprire, in cui ogni mattina sperava di poter rimanere, cercando di non aprire mai gli occhi. Da quando aveva iniziato a camminare, il re e la regina avevano cominciato sempre di più a prendere misure drastiche per proteggere la sua immagine. Ogni superficie riflettente del castello era stata oscurata o arrossata, le finestre erano state sostituite con vetrate rosse che proiettavano un alone caldo e duro nell'intera del castello.Il sole, con la luce d'orata, era rilegato all'esterno, mentre al suo interno, una penombra era sempre costante. Il castello stesso sembrava aver paura della verità, che i reali cercavano a tutti i costi di celare. Tuttavia, persino loro avevano bisogno di dormire e chiudere gli occhi, ed'era propio in quei momenti che il principe, ogni sera, vagava per il castello in cerca di spensieratezza. Ogni sera, appena calava la quiete, Lepus usciva segretamente dalle sue stanze, sostava davanti alla grande vetrata rossastra, scrutando il firmamento stellato con occhi assetati di speranza. Le stelle, i suoi unici confidenti notturni in questa dimora severa e silente, sembravano ascoltare i suoi desideri muti, specialmente quando una stella cadente solcava l'oscurità come un araldo coraggioso che sventola la sua bandiera di speranza attraverso la sua scia. Alcune volte si sentiva un folle, dannazione, probabilmente lo era dopotutto, non faceva male a nessuno quella piccola follia, non danneggiava nessuno, tranne forse, la sua speranza, di vedere altri colori al di là del rosso.Ma in quei momenti di contemplazione, un'ombra di follia e disperazione aleggiava attorno al giovane principe, tormentandolo con il dubbio e il dolore di un destino imprigionato. "Almeno prima di cadere hanno potuto vedere tutto il mondo, e anche la loro morte è comunque un viaggio", sussurrava, mentre una stella solitaria attraversava la finestra, un'ultima scia di luce prima di dissolversi nell'abisso dell'ignoto.Con il peso dei suoi desideri infranti e dei sogni traditi, il giovane principe Lepus si ritirava nella sua solitudine, lasciando che il sonno lo avvolgesse come un mantello oscuro. L'unica luce che ancora gli illuminava l'anima era la possibilità, ancora fragile e incerta, di un futuro fuori dalle mura del castello, un'opportunità che il fratello Ahronne gli aveva accennato durante il banchetto di corte. Nei suoi sogni, Lepus percorreva i sentieri stellati dell'immaginazione, sperando di trovare il rifugio lontano dove le stelle cadevano sulla, lontane dal firmamento. Era lì che riusciva a sfogare l'energia dei suoi teneri anni, rinchiusa durante la veglia e che sfidava l'oscurità del destino e il peso delle responsabilità imposte dalla sua nobile nascita. Ma non sempre i sogni erano portatori di libertà.Da alcuni mesi, anche i sogni del principe erano stati strappati via come foglie secche al vento dell'inverno, e la sua vitalità sopita, una volta ardente da illuminare l'oscurità, si era trasformata in una fiamma vacillante nell'abisso di due occhi gialli.

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