Capitolo 54: Colpe

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«È passato tanto tempo. – esordì una voce, un accento che Jude conosceva abbastanza bene, roca, graffiata, di un tono che non faceva trasudare un minimo di espressività, seppur fosse uscita con note di calma apparente. – Non abbiamo avuto modo di poterci confrontare. Eppure eravamo rimasti con l'idea che quando tutto sarebbe finito avremmo potuto discutere meglio del perché non fosse stato seguito il mio piano. Peccato che abbia dovuto aspettare dieci anni per parlarne, Capitano Collins.»

Jude sospirò dalle narici. Frugò dentro la tasca della giacca per prendere il cellulare e mandare un messaggio alla moglie. Era inutile chiamare i rinforzi, inutile provare codardamente a scappare. Le scrisse che avrebbe ritardato, che era meglio se per cena fosse andata da uno dei loro figli, anche perché il maltempo non aveva intenzione di placarsi. Aveva ricevuto una risposta immediata, sinonimo che Amalia era appena uscita da lavoro. L'esito positivo di quella bugia, lo indusse a posare nuovamente il cellulare dentro la tasca con nonchalance, come se non fosse accaduto nulla, lo sguardo inamovibile e la schiena contratta come un vero soldato.

«Avevo sempre saputo che ci fossi tu dietro gli omicidi degli Spencer.» replicò secco. «Due soldati, tra cui uno in congedo, non avrebbero mai potuto fare del male a qualcuno. Ma con te è successo, Dimitri.»

La sedia si girò verso di lui.
La penombra era forte, tuttavia quegli occhi di ghiaccio, quello sguardo di puro odio e quei capelli umidi di pioggia, eppure portati indietro, non gli fecero battere ciglio. Seduto sulla sedia del suo ufficio, con le gambe accavallate, la camicia dalle maniche arrotolate, perfetta, immacolata, ma il volto trasfigurato da qualche ematoma, vi era Dimitri Malokov. Braccia adagiate comodamente sui braccioli della sedia, aveva stampato sulle labbra un sorriso spento, un gesto che rappresentava il vuoto della sua anima corrotta dal rancore, una superiorità lampante che mettesse in chiaro quali fossero i ruoli all'interno di quella scacchiera che aveva smosso sin dal momento in cui Nicholas e Trevor erano stati sacrificati. Un tuono colmò il silenzio che si era andato a creare tra i due, affiancandosi alla dolce melodia della pioggia che picchiettava contro la vetrata. Jude non reagì a quell'incontro inaspettato, fuori dalla tabella di marcia; quel giorno sapeva che Dave e il suo amichetto hacker avrebbero dovuto irrompere alla SIH per arrivare alla resa dei conti che, avendo il diretto interessato proprio di fronte a lui, non aveva avuto una conclusione. Si strinse nelle spalle, le braccia lungo i fianchi che non avevano intenzione di muoversi. L'aria era tesa, il silenzio di Dimitri una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.

«Mi stupisce che tu non abbia aiutato Dave con le ricerche sin da subito.» il russo portò la gamba accavallata sulla sedia, spaparanzato e senza mutare il tono glaciale, nonostante la provocazione ricevuta. «L'hai visto vagare avanti e indietro, dannarsi per collegare tutte le prove che ho lasciato sul mio cammino. – non riuscì a contenere un ghignò instabile, quasi divertito. – Se gli avessi detto di me, forse Kevin sarebbe ancora vivo. Kevin, così come quei poveri innocenti al bar. Avresti potuto risparmiare un bagno di sangue, invece sembra che a te questo non sia dispiaciuto.»

Jude non si sbilanciò. Al contrario chiuse gli occhi, sospirando. «Ho capito dove vuoi arrivare. Comprendo il tuo obiettivo, la tua sete di vendetta. Non puoi ovviamente raggiungere il Team Bravo, con le perdite che hai subìto e le poche informazioni che hai a disposizione, ma stai proseguendo a tappe per uccidere chi ti ha portato via i Del'fin

Il Generale notò uno spasmo partire dalla palpebra sinistra di Dimitri, un segnale che gli facesse intuire quanto quella calma avesse vacillato. Le sue mani, infatti, avevano aumentato la presa contro i braccioli della sedia, tanto che in quelle nocche lacerate il sangue ricominciò a scorrere.
Malokov aveva chiuso gli occhi per ritrovare un minimo di pace, per eliminare quell'immagine che gli aveva attraversato la testa per un breve attimo, le urla dei suoi compagni, il dolore, il panico, il terrore che non aveva nulla a che vedere con gli insegnamenti degli Spetsnaz, il sangue freddo che avrebbero dovuto mantenere per impedire di apparire deboli, vulnerabile davanti al nemico; le fiamme, il volto esanime di Iuri, il corpo carbonizzato di Max, il cadavere in mezzo al mare di Igor, il cervello perforato di Rem. Tutto si era susseguito con una velocità allarmante che gli aveva fatto sobbalzare il cuore, mozzato il fiato come se fosse ancora lì, in mezzo all'Oceano Indiano dopo che la bomba era esplosa e tutto era diventato freddo e buio. Infatti la nuca di mosse di lato di colpo, come se avesse appena ricevuto un pugno da una forza invisibile di nome trauma. Cosa ne sapeva, lui, del dolore? Cosa sapeva di quello che gli era stato portato via? Non aveva avuto una famiglia, non aveva mai avuto parenti che gli erano stati vicino; ai tempi era stato solo un ventiseienne circondato da compagni che avevano colmato il vuoto con la quale era cresciuto, che erano stati in grado di riportarlo a sorridere dopo un'infanzia ed un'adolescenza dove aveva combattuto con le sue sole forze per arrivare ad indossare una divisa che il mondo aveva cercato di negargli. E adesso quel codardo di un Jude Collins, quell'allora Capitano che li aveva sempre guardati con un occhio di scetticismo – quando erano stati i primi a pugnalarli alle spalle, a portargli via tutto per uscirne vittoriosi, per dimostrare al mondo che erano sempre stati i russi il problema, i nemici, coloro che il mondo avrebbe dovuto temere e diffidare – stava provando ancora una volta a sottolineare la sua impotenza, la sua inefficienza nell'essere stato un leader che aveva portato la sua intera squadra alla morte. Nessuno doveva nominare i Del'fin. Nessuno doveva osare sapere tutto di lui, di quello che il cuore stava patendo tutt'ora, quando la sua testa ormai era fottutamente andata, travolta da un dolore che nessuno avrebbe mai più potuto risanare, nemmeno la persona più vicina a lui. Per quanto avesse provato ad allenarsi, a fortificarsi giorno dopo giorno, quando le ferite di quella notte si erano rimarginate solo fisicamente, non c'era più nulla che mantenesse teso il filo di lucidità e stoicismo con la quale gli Spetsnaz agivano. E lui, dopotutto, non lo era più. Il suo cuore era arrugginito; pompava con valvole rovinate col solo intento di far fluire il sangue, ma aveva smesso di provare sentimenti diversi dal rancore per troppo tempo. Concetti sconosciuti a Jude, eccome se lo erano. Dimitri strinse le labbra in una linea sottile e si alzò dalla sedia per girare oltre alla scrivania, tracciando con le dita rovinate la superficie immacolata del legno, lo sguardo perso nel vuoto. Quell'americano che tutti chiamavano Generale non aveva neanche un briciolo di onore nel sangue, nemmeno in un cazzo di globulo rosso. Circondato da fama, soldi e potere, non aveva la minima idea di cosa significasse perdere tutto – fiducia, rispetto, amore, lealtà. Non conosceva nulla di tutto ciò. E se nemmeno le morti dei suoi uomini erano state in grado di smuoverlo, ci avrebbe pensato lui a dargli il colpo di grazia.

MIND OF GLASS: OPERATION YDove le storie prendono vita. Scoprilo ora