IV. Il mio bias

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La cena del ventidue era una delle sue occasioni sociali preferite. Luca mangiava con i suoi amici quasi tutti i giorni, ma il loro raduno prenatalizio era un'altra cosa. Non tanto per lo scambio dei regali, con relative prese in giro perché facevano a gara a comprarsi ogni anno le cose più assurde, né per la strepitosa cheesecake che Jonathan portava immancabilmente e che finiva prima di pandori e panettoni, o per il fatto che, per una sera, perfino Samuele si addolciva un po'. Ciò che la rendeva speciale era l'atmosfera.

Quando veniva il momento di salutarsi, Luca si sentiva fortunato. Aveva una famiglia amorevole che lo attendeva nella sua città e un'altra che avrebbe ritrovato al ritorno dalle vacanze. E Cristian, con la sua presenza costante, faceva parte di entrambe.

Anche quell'anno non avrebbe potuto essere più soddisfatto di come era andata la cena, se non fosse stato per un unico dettaglio: la mancanza del vischio.

Incredibile ma vero, la tradizione del vischio appeso sulla porta d'ingresso della sala da pranzo era stata introdotta dal Grinch in persona. O forse no, non era poi così incredibile visto che Samuele aveva inaugurato quell'usanza, accompagnandola con una sfida: dovevano fare sul serio.

Se due membri della compagnia fossero passati contemporaneamente da quella porta, avrebbero dovuto baciarsi, senza eccezioni.

Non avrebbe dovuto essere per forza un bacio alla francese, ma nessuno poteva esimersi, a meno di non essere disposto a scontare una penitenza. Così, il tutto si era trasformato in un gioco in cui ognuno cercava di scamparla e non sempre ci riusciva, con esiti imbarazzanti, se non addirittura esilaranti come quando era Mattia a finire sotto il vischio con qualcuno che non fosse Jonathan. Le sue smorfie erano le più buffe, perfino più di quelle del povero Iacopo che, senza dubbio, avrebbe preferito baciare una ragazza.

Comunque, non c'erano mai state gelosie o esagerazioni e, le rare volte in cui qualcuno si era rifiutato, aveva pagato pegno, offrendo da bere agli altri per tutto il mese successivo.

Quell'anno, però, il vischio non c'era. Luca aveva chiesto a Samuele e lui si era stretto nelle spalle. «Che ne so? L'ho appeso stamattina, come al solito, l'hai visto anche tu, ma questo pomeriggio era sparito. Ti serviva? Vuoi che inizi un'indagine ufficiale?»

«Ma va', è solo strano,» mentì Luca.

Che domande, certo che gli serviva.

Gli era capitato solo due volte di finire sotto il vischio con Cristian e, sebbene le avesse giusto sfiorate, le sue labbra gli erano sembrate così morbide che, per il resto della serata, si era dovuto sforzare per non fissarle e non passarsi le dita sulla bocca. In entrambe le occasioni, loro due non ne avevano parlato e lui aveva avuto paura che la cosa creasse più imbarazzo che voglia di approfondire il discorso. Ma era successo prima che si rendesse conto che voleva essere sincero e rivelargli che lo amava. Per quanta paura avesse di perderlo, negli ultimi giorni, aveva avuto la sensazione di avere ottime possibilità. Non voleva illudersi, ma non poteva nascondersi per sempre. Cristian lo considerava coraggioso e lui non poteva smentirlo, continuando a comportarsi come un codardo.

Il vischio gli era parso una buona scusa per sondare il terreno senza compromettersi con una lunga dichiarazione. Anche perché aveva provato a preparare un discorsetto, lo aveva messo per iscritto e provato davanti allo specchio come nella più classica delle commedie romantiche, ma si era convinto che non sarebbe mai riuscito a ripeterlo davanti al diretto interessato.

Sarebbe stato molto più semplice capitare per caso sulla soglia insieme a lui, baciarlo con più impegno delle volte precedenti e vedere come reagiva. Se Cristian avesse ricambiato, Luca si sarebbe assicurato di rendere il bacio uno spettacolo indimenticabile, anche per quei guardoni di amici che si ritrovava, Grinch in testa. Altrimenti... meglio saperlo e mettersi il cuore in pace. O, se non altro, iniziare a raccoglierne i pezzi.

Il mio biasWhere stories live. Discover now