10. Amicizia?

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Inizio a correre.

La vista è annebbiata dalle troppe lacrime, ma non accenno a fermarmi. Prendo uno dei sentieri che costeggiano la struttura, contrassegnato da un cartello con la scritta Public footpath, non ho idea di dove porti questa strada, ma, al momento, mi sembra l'unica possibile via di fuga da quanto appena successo.

Riesco a raggiungere la cima di una collina prima che il fiatone e un fastidioso senso di nausea mi facciano rallentare e fermare.

Mi siedo sull'erba umida e punto lo sguardo verso quell'orizzonte che mi sembra così lontano, ma che in realtà mi restituisce un panorama da brividi. Respiro. E i battiti tornano lentamente alla normalità.

Chiudo gli occhi e lascio che anche le ultime lacrime scendano, liberandomi da quel fardello che pesa sul cuore ogni giorno di più.

Come io abbia fatto a sopravvivere a tutto questo fino adesso, ancora non lo so. Mia madre e il suo inferno. In cui ha trascinato anche me.

Rilascio un ultimo sospiro e appoggio le mani a terra per tentare di rialzarmi, ma le gambe cedono, senza forza.

Si sta facendo buio. Tasto i pantaloni in cerca del telefono perché voglio capire che ora è, ma mi rendo conto di non averlo portato con me. Devo averlo scordato da qualche parte al B&B. Ero talmente sconvolta quando sono corsa via che non ho pensato a nulla se non al fatto che volevo solo fuggire e nascondermi.

Tento nuovamente di alzarmi, ma di nuovo le gambe sembrano non voler collaborare. Mi gira la testa, ma mi impongo di fare uno sforzo, non posso restare qui.

Mi trascino fino a uno degli alberi che mi circondano, mi ci appoggio e da lì cerco di darmi la spinta per tornare in piedi. Nonostante la nausea, la stanchezza e la testa che mi scoppia riesco nel mio intento, ma non c'è bisogno che faccia un altro solo passo perché d'un tratto mi sento sollevare e in un attimo mi ritrovo tra due forti braccia. La stoffa della camicia mi solletica il naso, ma non mi importa. Sto bene qui.

«Non saresti dovuta scappare, Annie.»

La voce roca di Nathan mi rimbomba ovunque. Nelle orecchie, nella testa, nel petto.

«Mi dispiace.»

«Dispiacersi non serve. Sei fortunata che conosco bene i dintorni e che sono riuscito a trovarti prima che faccia troppo buio.»

Tento di guardarlo negli occhi, ma non riesco a focalizzarli. La luna è troppo nascosta per riflettere luce.

«A me pare che sia già parecchio buio» rido.

«Appunto. Non farlo più, d'accordo?»

Annuisco e istintivamente mi accoccolo contro il suo petto. Profuma di buono.

«Ne vuoi parlare?»

«Non c'è molto da dire.»

«Come vuoi.»

La nostra conversazione finisce qui. Lo sento sospirare un paio di volte, ma per il resto del tragitto restiamo entrambi in silenzio.

Arriviamo davanti al B&B e Nathan si affretta a mettermi giù, ma lo fa in maniera brusca come se si fosse appena scottato con dell'olio bollente.

Perdo l'equilibrio non appena appoggio i piedi a terra e Nathan mi afferra al volo.

«Ehi, dove pensi di andare?»

«Scusami, sono solo molto stanca. Mi sa che è meglio se vado subito a letto.»

«Io ti consiglio di mangiare qualcosa. Sei a digiuno da quanto? Appoggiati a me, così sono sicuro che riuscirai a raggiungere almeno l'ingresso.»

La parola digiuno fa aumentare la morsa allo stomaco. In effetti, non mangio da stamattina e non posso certo di re che una barretta all'avena sia sufficiente per l'intera giornata.

Mi lascio praticamente guidare fino all'interno. Continuo a restare in silenzio, incapace di pronunciare alcuna sillaba. La mano di Nathan è ferma sulla mia schiena, la sua vicinanza inizia a darmi una piacevole sensazione.

«Nathan, io volevo...» tento di scusarmi per essermi comportata da stronza con lui, ma vengo interrotta da Claire che mi corre incontro urlando il mio nome.

«Grazie al cielo sei viva.»

Annuisco e istintivamente rivolgo lo sguardo verso Nathan. Se sono viva credo di doverlo a lui che mi ha recuperata in mezzo al bosco.

D'improvviso lui si allontana lasciandomi addosso un senso di vuoto.

«Grazie al cielo sono viva» ripeto, regalandole un sorriso.

«Allora ti farà piacere sapere che sono riuscita a rimandare il tuo appuntamento con Andrés a domani.»

«Tu, cosa?»

«Non fare quella faccia! Non sei certo nelle condizioni di affrontare il tuo uomo ideale adesso. Per tua fortuna hai scordato il telefono qui e io ho potuto agire e salvarti la faccia.»

«Hai violato la mia privacy!»

«Conosco il tuo codice di sblocco, me lo hai dato tu.»

«Dovrò ricordarmi di cambiarlo. E di non farti mai più trovare il mio telefono.»

«Non capisco perché te la prendi tanto.»

Mi limito a fissarla. Vorrei dirle che sono stanca di sentirmi privata della mia libertà personale, che odio il modo in cui mi tratta mia madre e che speravo lei lo capisse senza che le dessi troppe spiegazioni. Credevo di poterla considerare un'amica, ma a lei pare importi più di vedermi sistemata con chiunque, pur di avvalorare certe sue teorie.

Vorrei dirle tante cose, invece taccio. Come sempre.

In lontananza vedo Nathan armeggiare con piatti e bicchieri, il suo invito silenzioso a raggiungerlo mi colpisce dritta nel petto.

Rilascio in sospiro. Il primo di tanti.

«Ne riparliamo domani, Claire. D'accordo?»

Aspetto di vederla salire le scale che la porteranno nella sua stanza e vado verso il grande tavolo situato nella hall.

È apparecchiato per due, ma, non so perché, mi sento di troppo.

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