Trentanove - Il valore dell'amicizia

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Harry uscì dalla doccia solo dopo attimi infiniti e si limitò a attorcigliarsi un asciugamano bianco intorno alla vita e a sdraiarsi sul letto.

Il giorno dopo sarebbero iniziate le vacanze di Natale, i suoi amici sarebbero partiti per tornare nelle loro case e festeggiare le feste in compagnia delle loro famiglie, tranne lui che sarebbe invece rimasto a Hogwarts, ben convinto di riuscire a rimettere al suo posto tutti i tasselli della sua vita. Tutti i pezzi di cuore che Draco gli aveva frantumato solo qualche giorno prima.

Si accese una sigaretta e lasciò che la mente si anestetizzasse per qualche minuto, il tempo necessario per riuscire a riprendere un po' d'aria e uscire da quella gabbia che aveva costruito tutto intorno alla sua testa. Draco era stato l'unico in grado di farlo uscire dalla merda che lo circondava, ma ora sembrava come se tutto fosse crollato e non avesse più certezze.

«Devi parlargliene, Harry». Erano queste le parole che Ginny continuava a ripetergli ogni qualvolta si ritrovassero a parlare. E Harry sapeva che quella fosse la soluzione, sapeva che avrebbe risolto tanti problemi, ma era come se una morsa gli attanagliasse lo stomaco ogni volta, al solo pensiero.

Si infilò una felpa, un paio di boxer e di pantaloni della tuta. Sospirò pesantemente e guardò la neve scendere fuori dalla finestra della sua camera. Era tutto completamente innevato e l'atmosfera natalizia ormai era diffusa in tutta la scuola: alberi di Natale in ogni stanza e Casa, addobbi a destra e sinistra, omini di pan di zenzero, regali enormi e ghirlande rosse che davano un aspetto diverso a Hogwarts, abituata a quell'atmosfera sempre un po' spoglia ma unica.
Peccato che l'unico a non sentire nulla di quel Natale era proprio Harry, non aveva mai vissuto dei bei Natali e ormai nella sua testa era un periodo come un altro, senza nessuna distinzione. Era vero, aveva passato un paio di Natali alla Tana ma le sensazioni che sentiva addosso, i ricordi che aveva, gli avevano impedito di viverselo a pieno, esattamente come avrebbe dovuto.

«Ehi», una voce alle sue spalle lo fece girare di scatto e davanti a sé trovò Ron, che si chiuse la porta alle spalle pronto a raggiungerlo.

Il corvino spense la sigaretta e la buttò, si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta e lo guardò raggiungerlo per posizionarsi al suo fianco.

«Ehi» rispose il ragazzo. «Pensavo fossi al Banchetto».

«È così infatti, ma ho finito prima degli altri e ho pensato di raggiungerti».

«Come mai? È successo qualcosa?»

«No, volevo solo parlare un po'». Quella risposta lo spiazzò perché con Ron aveva condiviso tanto, anche una famiglia, ma mai un discorso. Era raro che si ritrovassero a parlare di qualcosa, e se accadeva la maggior parte delle volte sfociava tutto in risate.

In risposta Harry aggrottò la fronte. «Di cosa?» Chiese. «Tu e Hermione-...».

«Tu e Draco».

I nervi del giovane si tesero e distolse lo sguardo. Aprì la finestra all'improvviso sentendosi mancare l'aria e si poggiò al davanzale di essa con i gomiti per guardare fuori.

«Cosa vuoi sapere?»

«Che cosa è successo?»

«Abbiamo discusso» rispose semplicemente.

«A me sembra che abbiate più che discusso».

«Abbiamo chiuso in realtà» precisò. «Ma va bene, insomma... era ovvio. Viviamo due vite troppo diverse».

«Ma come fate a vivere due vite troppo diverse? Avete vissuto sotto lo stesso tetto per anni».

«Questo non vuol dire che il nostro modo di vivere la vita sia affine» si difese poggiando lo sguardo sul migliore amico posto affianco a lui.

Il rosso sospirò pesantemente. «Harry... sei il mio migliore amico e mi fido di te, davvero. Ma da quando ti ho conosciuto ho pensato ci fosse qualcosa che non andava nella tua vita. E quella è sempre stata la tua famiglia» disse ricambiando lo sguardo del corvino. «Hermione mi ha sempre detto che la tua vita dentro il Manor fosse difficile; ma sono arrivato a un punto in cui penso fosse più che difficile, forse... addirittura infernale».

Harry lo ascoltò attentamente ormai arreso al fatto che avesse capito più del dovuto. Che la causa fosse l'astuta intelligenza di Hermione o la lingua lunga di Ginny — ne dubitava, perché Ginny era la persona più leale che avesse mai conosciuto e sapeva che non lo avrebbe mai tradito in quel modo — non importava. Ron stava collegando i pezzi della sua vita e lui non era più nella posizione per mentire ancora.

Il migliore amico si girò verso di lui. «Dimmi la verità, che cosa cazzo succedeva dentro quelle mura?»

Il corvino sospirò e si passò le mani fra i capelli. La corazza stava crollando, pezzo dopo pezzo.

«Non penso ci sia bisogno di dirtelo. Temo tu abbia capito più di quello che avevo pensato».

Ron sgranò gli occhi. «Non ti ha picchiato, vero?»

Harry annuì distogliendo lo sguardo per un attimo. «Più volte. Anzi, lo faceva sempre».

Ron sentiva la testa girare e non sapeva ancora nulla. Harry gli aveva confessato solo una piccola parte di tutto quel casino.

«Tutto qua, vero?» Continuò a chiedere sperando si limitasse a confermargli solo quello e nient'altro.

«Abusava di me e... mi feriva con dei coltelli da cucina» aggiunse. «Quindi sì, tutto qua».

Il rosso sentì la terra mancargli sotto i piedi davanti a quella confessione. Non poteva essere vero. Doveva aver sentito male altrimenti non se lo sarebbe spiegato.

«Ed è per questo che avete chiuso? Tu gli hai raccontato tutto e ha creduto a suo padre piuttosto che a te?»

Harry scosse la testa. «No, Draco non sa niente» disse. «Abbiamo chiuso perché... insomma, abbiamo chiuso per tutt'altro» disse non sapendo realmente come spiegare la situazione al suo migliore amico.

«Non sa niente? E cosa aspetti a parlargliene?» Chiese scioccato.

«Ron, non è così semplice».

«Non ho dubbi su questo, Harry, ma non puoi permetterti di tenerlo solo per te. È suo padre e deve sapere quello che ti ha fatto, come ti ha fatto sentire».

«Lo so ma Draco conosce una parte di suo padre che non è la mia stessa. Sa che mi picchiava, la maggior parte delle volte è venuto a raccogliermi lui quando ero ferito ma dirgli che abusava di me... è una cosa troppo grande».

«Harry, non potrai tenerglielo nascosto ancora per molto».

«Lo so» annuì. «Ma qui si sta parlando di un coraggio che io non sento di avere».

Ron fece una risatina. «Sei assurdo» lo attaccò. «Hai combattuto contro Voldemort al primo e al quarto anno partecipando anche a un Torneo che poteva esserti letale, al secondo anno hai combattuto contro un basilisco, al quinto anno hai visto Sirius scivolarti via da davanti gli occhi e ora senti di non avere il coraggio di metterti a tavolino che Draco per dirgli come stanno realmente le cose?» Gli disse. «O sono diventato pazzo io, o sei fuori di testa tu amico. Davvero».

Harry rise perché aveva tremendamente ragione. Poteva avere il coraggio di ammazzare Voldemort a mani nude ma non di affrontare Draco in una conversazione come quella.

Ron aveva ragione, per questo era arrivato il momento di farsi coraggio e tirare fuori quella parte della sua vita che fino a quel momento aveva custodito come i peggio dei segreti.

E Draco meritava di sapere, se avessero dovuto chiudere, lo avrebbero dovuto fare bene. A tutti i costi.

IG: @acciodanjel 🦋

Cicatrici - DrarryWhere stories live. Discover now