Extra - Caleb

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Da quando non c'è più continuo a occupare lo stesso sgabello in caffetteria. La differenza ora è che non avrò più il suo profumo ad accogliermi prima del caffè, non avrò il suo sorriso mattutino e nemmeno la delicatezza del suo tocco che mi rassicura come ogni volta. Sono avvolto in una nuvola di nero da quando è morta.

Il trambusto intorno a me però, continua a esistere. Mi accorgo poco dopo, con la coda dell'occhio, che Susan si trova sulla porta.

Mi guarda per un istante e poi sembra realizzare che io sono sempre stato qua. Un po' come succede con quel negozio di riparazioni elettroniche sotto casa, quello in cui ci passi davanti tutti i giorni, ma non te ne accorgi, finché il cellulare smette di funzionare.

Riesco a notare, l'istante esatto in cui se ne rende conto.
Ogni mattina, Kira si alzava prima di lei, le rifilava la scusa dei dolci che finivano al bancone, ma in realtà veniva da me, facevamo colazione insieme. Quando arrivava Susan, si sbilanciava all'indietro, oltre la mia schiena per salutarla, dopodiché la raggiungeva sciogliendo le nostre dita di sfuggita.
Susan avanza lenta verso di me, ha un'espressione ferita e purtroppo non posso darle torto, lo capisco. Ma in questo caso, ho sofferto più io di lei.

Anche se quella che stava davvero male era proprio Kira, era lei che cercava di accontentare tutti, lei che si faceva in mille per noi... entrambi noi.

Come qualche giorno fa prende posto accanto a me, dal lato destro, e mi fissa con un'intensità spaventosa. Mi preparo mentalmente a una guerra che sono sicuro si scaglierà a breve.

«Tu, la amavi?» mi chiede, invece, lasciandomi spiazzato.
«Io la amo» correggo sorseggiando il caffè.
Susan riflette: «Non mi ha mai parlato di te».
«Lo so», confermo, anche perché se lo avesse fatto non saremo in questa situazione.
«Non le sono mai stata accanto, chissà quante difficoltà, chissà quante gioie ha passato e io niente, coperta fino all'orlo dai miei problemi non l'ho vista, l'ho oscurata»

«Un eclissi solare» mi viene automatico fare il paragone: la luna che oscura il sole per la maggior parte, ma esso è più grande ed è impossibile coprirlo tutto.

«Come vi siete conosciuti?» domanda tentennando.
Sospiro, perché a dirla tutta vorei tenermi segrete le vicende che ci hanno unito, vorrei continuare a lasciare Susan fuori dalle nostre vite – anche se di base è sempre stata presente –  però sono consapevole che si meriti una spiegazione. So che se ci fosse Kira qua, sarebbe stata diretta nel spiegarle tutto; dunque, prendo io il suo posto e inizio il racconto, dal principio:

Una semplice festa tipica di ogni weekend americano. Ian aveva invitato questo suo amico Victor che a sua volta aveva un amico di nome Thalion. Un raduno di uomini doveva essere, peccato che Ian sa flirtare anche stando immobile e poco tempo dopo un gruppetto di cinque ragazze si è unito a noi. Tra di esse, la vidi: incantevole, solare, così calorosa da mandarmi in ebollizione; bastò uno sguardo per farmi capire che la sua bellezza era rara.
«Piacere, Caleb» mi presentai a lei, lasciando indietro le sue amiche, non mi interessava conoscere loro.
«Kira» rispose stringendo quella mano che era rimasta a mezz'aria. Un dolce contatto che mi diede un bruciore interno inspiegabile. Non credevo alle stronzate romantiche dei colpi di fulmini, eppure, quello che mi colpì era sicuramente una scarica elettrica di forte potenza.

Quella sera, il mio unico obiettivo diventò farla ridere. Usavo ogni battuta possibile per sentire la sua risata ancora e ancora.

Non mi ricordo bene tutto il resto, perché non feci altro che parlare con lei, ballare con lei, bere con lei, drogarmi di lei.
Insomma, alla fine, si fece pure riaccompagnare a casa di noi e ne approfittai per stamparle un bacio sulla guancia quando la accompagnai alla porta. Le acclamazioni degli altri poi, appena tornai in macchina furono clamorose.

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