MOÌRIAS - L'ombra della luce

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Ho trovato molto interessante l'idea di proporre due società distopiche diverse ma complementari, che evidenziano come una civiltà opprimente possa nascere estremizzando sia il concetto di sofferenza sia quello eudemonia (intesa, in questo caso come la sua assenza). Questo aspetto mi ha, personalmente, molto incuriosito. 

Ritengo molto coraggiosa la scelta di iniziare la storia indicando al lettore il destino di una delle due protagoniste: ovviamente, questo determina che sarà necessario dare una grande importanza alla sviluppo psicologico di Nauìya, che la porterà – presumo – a rigettare completamente le emozioni e la sofferenza, creando la seconda distopia della storia, che – sempre presumo – sarà combattuta da Aaris. Sono molto interessato a seguire un eventuale confronto tra le due eroine, non solo per un interesse da un punto di vista narrativo ma anche "filosofico". 

Ci sono alcuni passaggi della storia che, tuttavia, non mi hanno convinto, ma preferisco parlarne nella sezione successiva, essendo che non si tratta – a mio avviso – di buchi di trama, bensì di una questione di stile. 

Se posso fare un'osservazione, basata su quello che ho letto fino al settimo capitolo, trovo che l'elemento "distopico" sia poco sfruttato: per definizione, una distopia è una previsione di una società futura (verosimile o meno) che risulta indesiderabile o angosciante (nel senso di opprimente), spesso realizzata estremizzando elementi già presenti nella nostra realtà.

Ecco, io tutto questo l'ho percepito solo in parte: il focus è fin da subito sulla narrazione e, soprattutto a livello di atmosfera, ho l'impressione di trovarmi in un mondo con un governo tirannico, che non necessariamente implica l'elemento distopico. 

Questo l'ho trovato più evidente nel mondo controllato dalla Strega, dato che in quello postumo alla sua morte le estremizzazione sono più visibili: la sensazione è che l'assurdità di questa società venga presentato troppo poco, mentre, invece, credo sarebbe molto più proficuo per la storia se entrambe le società apparissero nella loro assurdità più assoluta. 

Nel caso di quella di Aaris, il distopico ci viene presentato in modo chiaro: ci viene detto che la società è fondamentalmente divisa in gruppi chiusi, qualsiasi emozione negativa è percepita come una malattia e chiunque esprima opinioni diverse da quelle ritenute valide (cito come esempio l'esame di Aaris) viene ritenuto pazzo.

Questo manca nella parte della storia dedicata a Nauìya: la società della Strega è dominata dal dolore, quindi come lettore mi aspetto di vederlo, sia in senso letterale per mezzo della repressione o degli spargimenti di sangue sia in senso "filosofico", quindi mi aspetto di essere introdotto a questa "filosofia del dolore", di essere immerso in un mondo – per l'appunto – distopico, in cui il dolore sia il fulcro, allo stesso modo in cui la sua assenza lo è nella seconda parte della storia. 

A mio avviso, l'uccisione dei genitori della protagonista, gli altri omicidi e la repressione del dissenso in generale non sono, almeno per come ci sono stati presentati, sufficienti a dare forma a un mondo distopico, perché non sono stati portati all'estremo (letteralmente o con mezzi stilistici) tanto da distinguerli da una comune tirannia nella vita reale. 

Dico tutto questo perché credo che il contrasto tra le due distopie e, di conseguenza, tra le due eroine che le combattono, credo potrebbe rendere la storia molto accattivante. 

Stile

Lo stile è generalmente elaborato ed efficace, e le descrizioni sono della lunghezza giusta, oltre che sufficientemente approfondite. 

Tuttavia, nella lettura ho riscontrato un problema a livello di lessico: spesso lo stile utilizzato non è univoco. 

Mi spiego. In più passaggi, si nota il contrasto tra termini formali (necessari, per esempio, nel descrivere l'opera della resistenza) e parole con una connotazione informale, che, di conseguenza, stonano nel testo. 

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