L'inizio

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Un boato.
Capii subito cosa dovevo fare. Avevo tanto temuto quel momento e finalmente - o forse no - era arrivato. I miei compagni di classe non potevano sapere cosa stesse succedendo, ma io ero preparata, ne ero a conoscenza. Erano stupiti, alcuni avevano paura, perché non riuscivano a capire. L'emozione ignota è di gran lunga peggiore di quella conosciuta, anche se negativa: così la pensava Giacomo Leopardi, ed in quel momento pensai che avesse ragione. Sospirai. La mia professoressa che fino a un secondo fa era intenta nelle sue spiegazioni si bloccò di colpo a quel rumore fortissimo. Sembrava che tutto il mondo stesse per sprofondare. Non seppe come comportarsi e tentò di continuare a spiegare, ma un altro rumore, più forte di quello di prima, ci stordì. A quei due colpi fortissimi seguì il caos. Eravamo sotto assedio ed io ero l'unica a saperlo.
La porta della nostra classe si aprì cigolando ed un cavaliere entrò furtivamente, mi sussurrò: "Elda, dall'uscita d'emergenza qui sul retro!". Sapevo che era venuto a chiamarmi per quello.
Tempo addietro, dopo il Crollo della democrazia, mia nonna mi raccontava delle storie nella luce soffusa della mia camera. Erano le storie su Re Carlo. Quando il Dittatore aveva preso il controllo della nostra città, dell'Urbe, il giovane Carlo si era opposto, incitando gli animi alla ribellione, ma era stato esiliato. Egli aveva cercato rifugio in Oriente e lì era stato accolto calorosamente: aveva mostrato di possedere un grande animo, coraggio, strategia militare e soprattutto clemenza. Era stato acclamato re inevitabilmente. Il Dittatore ci proibiva di parlare di lui, di scrivere di lui, di lasciare l'Italia per unirci a lui. Era tutto proibito, il suo nome creava scompiglio, era un argomento tabù. Ma la verità era che il Dittatore temeva Re Carlo. Questo era palese. Così, mia nonna sperava nella sua venuta, nel suo regno; sperava che sarei riuscita a raggiungerlo in Oriente e sapeva che mi avrebbe dato una buona accoglienza. La nonna conosceva re Carlo e mi ripeté fino alla sua morte di cercare rifugio presso lui quando ne avessi sentito il bisogno. Ella si era scritta con il suo valente generale Tito per assicurare un futuro a me e all'intero popolo d'Italia; aveva bruciato tutte quelle lettere perché correva un pericolo enorme, se il Dittatore l'avesse scoperta...
E adesso Tito era qui, per me. Pronto ad attuare quel piano che aveva atteso anni. Ma io tremavo, non ero pronta. Avevo solo quindici anni. "Elda, coraggio. Troverai la Sua reggia, è sulla costa orientale." Egli s'accorse che avevo paura. Avevo mille domande in testa e non riuscivo a formularne neanche una. Mi sorrise quando feci per aprire bocca e mi incoraggiò: "Ce la farai". Mi alzai, tra lo stupore generale dei miei compagni che non potevano neanche lontanamente immaginare quello che m'aspettava. Non riuscii a guardarli negli occhi, sussurrai tra me e me un "buongiorno" per educazione e abitudine, e mi diressi con Tito verso l'uscita d'emergenza. Egli mi abbracciò: "Finalmente conosco la meravigliosa nipote di Giulia". Gli sorrisi. "Scappa, in cortile c'è un cavallo e qui, ecco, la tua spada". Uscì dal suo mantello una bellissima spada, un po' pesante per me, ma affilata e letale e me ne fece dono. "È un regalo di Re Carlo", precisò "non vede l'ora di conoscerti". Mi allacciò un mantello nero e mi alzò il cappuccio per non farmi riconoscere, poi mi salutò.
Un minuto dopo ero per strada, sul mio destriero. Avevo già cavalcato altre volte, ma avevo comunque paura di cadere. In lontananza, nel cortile, riuscivo a vedere i soldati che cingevano l'assedio e combattevano con le difese del Dittatore. Man mano che mi allontanavo divenivano dei puntini neri. Pregavo che Re Carlo mi stesse aspettando, ripensavo a tutte le storie che si sentivano riguardo alla sua straordinaria grandezza e mi dicevo che in fondo ne valeva la pena. Chissà se egli fosse come me lo immaginavo. Non avevo mai visto sue fotografie, avevo solo letto enormi libri su di lui, in cantina, alla luce di una candela per paura di essere scoperta. I libri dicevano che fosse affascinante, giovane - non aveva neanche vent'anni - e incredibilmente bello. Ero curiosa di vederlo, ma allo stesso tempo avevo paura. Paura di un sacco di cose. Di non sentirmi all'altezza, di essere trovata e condannata a morte dal Dittatore, di non riuscire a trovare la strada... Ma, nonostante le mille paure, dovevo raggiungere Carlo. Dopo non avevo idea di cosa sarebbe successo, ma, forse, non importava.

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