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Background story

Prima ancora che la sua ragazza potesse rimproverargli di essersi dimenticato di preparare cena per loro due ancora una volta, Emanuele risolse di chiamare il primo ristorante che gli capitò nei consigliati di TripAdvisor e prenotare un tavolo per due, annoiato.

Nell'ultimo periodo, si era trovato più volte a interrogarsi sui suoi sbalzi d'umore repentini e, a dir poco, snervanti: non riusciva neanche più a trovare la giusta ispirazione per scrivere un qualsiasi cosa, che non fossero pronostici sull'andamento delle partite del Napoli, ovviamente.

Ecco, forse era proprio la mancanza della sua bellissima città a creargli un vuoto nel cuore, tale che spesso si trovava senza fiato, senza niente da dire o pensare.

Sebbene tornare fosse impensabile in quel momento, dato l'indecente cumulo di lavoro che doveva ancora terminare, l'artista prese presto coscienza, a suo malgrado, che gli unici veri momenti si spensieratezza e leggerezza li aveva passati con l'unica persona non disponibile in quel momento, che avrebbe potuto alleviare il suo mal di cuore: Dalia Rizzo.

Solo al pensiero del suo nome, dei suoi occhi vispi- pieni di responsabilità e colore-, del modo in cui ogni riccio le contornava il viso stanco ma delicato, Emanuele poteva percepire il proprio cuore stringersi, non riuscendo a non sentirsi il peggior verme sulla terra nei confronti della sua ragazza, esattamente il minuto dopo.

C'era qualcosa in lei, che non era riuscito a trovare in nessun altro e che, per quanto si sforzasse di vederlo nella sua stessa ragazza, la povera Valeria, era irrazionalmente legato alla sola persona della cugina di Fabio e tutto ciò che faceva parte del suo piccolo mondo.

«Amò, ma mi stai ascoltando?» Fu risvegliato dalle profondità della propria psiche proprio da Valeria, che ricevette un mero cenno svogliato della testa come risposta.

Inarcando un sopracciglio, stufa della situazione, la ragazza lo spinse delicatamente dalla spalla e prese nuovamente a parlare, sotto lo sguardo interdetto di Emanuele: «ma si può sapere dov'è a' capa toja? Stai sempre al cellulare e, quando non lo tieni in mano, sembri perso into o' vuoto.»

«Andiamo, Valè: faremo tardi al ristorante, se no» fu l'unica frase che riuscì a formulare con un minimo di senso, per poi alzarsi di scatto e dirigersi verso la porta, ignorando del tutto i borbottii adirati della ragazza. Come se non potessero toccarlo minimamente.


Nel frattempo, aria di malinconia e tempesta aleggiava nel piccolo appartamento a Rio De Janeiro, dove Dalia Rizzo e Kaia Mela si erano chiuse per prepararsi a festeggiare una delle ultime sere.

Senza neanche sforzarsi di mettere il cervello in moto e formare un pensiero consistente, la riccia sapeva che, per quanto le sarebbe mancata l'atmosfera di novità e benessere di Rio, aveva bisogno di tornare a casa, da tutte le sue persone: vi erano talmente tante lasciate in sospeso, che credeva che, se avesse anche solo tardato di poco a sistemarle, il buco nero che aveva nel petto si sarebbe allargato, fino a inghiottirla in una spirale di vuoto e malinconia perenne.

Non poteva negare che, negli ultimi giorni sulla spiaggia, avendo molto più tempo da dedicare all'esplorazione dei suoi pensieri, aveva maturato la necessità di chiare o, eventualmente, chiudere ogni tipo di rapporto con Emanuele a voce, sentendosi piuttosto imbarazzata di se stessa riguardo la loro ultima conversazione per messaggio.


Una volta preso posto al ristorante, né Valeria, né Emanuele riuscirono a trovare un modo per rompere quell'assordante silenzio che, inevitabilmente, dilagava tra i due e sembrava allontanarli sempre di più.

Ordinarono e mangiarono senza riuscire a dirsi una singola parola, senza guardarsi negli occhi neanche una volta.

Alla fine, esasperata da una situazione che andava avanti da ormai troppo tempo, fu Valeria che, prendendo un gran respiro, aspettò giusto di arrivare al di fuori del ristorante, per poter rompere il ghiaccio.

Si pose esattamente di fronte a lui, facendo in modo che le loro fronti si sfiorassero appena e, accarezzandogli la guancia con tutta la delicatezza di cui era capace, finalmente parlò:

«Ti piace, non è vero?»

Vedendo il volto del ragazzo corrucciarsi di colpo, quasi come se fosse pronto a contraddire la ragazza, lei lo zittì repentinamente con un gesto svogliato della mano.

«Non sono arrabbiata, Ema. Voglio solo sapere: lei, ti piace?»

«Non abbiamo mai fatto niente, non ti ho tradita, mai» rispose lui, sentendo il cuore stringersi dalla vergogna ad ogni parola che diceva.

Ma lei, Valeria, non sembrava nulla se non affranta di fronte alla vista dei suoi occhi che, per anni, l'avevano guardata proprio nel modo in cui, ora, lui guardava la cugina di Fabio, Dalia. 

«Lo so, Ema. Rispondimi, per favore.»

«Sì. Mi piace più di quanto pensavo fosse possibile. Mi dispiace da morire, Vale.»

I suoi occhi, ora puntati sulla ragazza di fronte a lui, trasudavano rammarico ad ogni sguardo, mentre il nodo in gola cresceva sempre di più, diventando quasi più pesante del suo cuore.

«Va bene, Ema. Non è colpa tua. Mi fai solo un favore, però?»

«Si, certo.»

«Vai da lei, prima che diventi troppo tardi.»

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