Capitolo 31: Rimorsi

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Noah deglutì, la gola arsa e secca da non soddisfare l'atto con una ripresa corretta di fiato. «Non...sono affari miei. Concludo con la ferita e basta.» volse l'attenzione sul foro in attesa delle ultime medicazioni e ritornò a picchiettare con il cotone, affinché poi potesse coprirlo con una garza sterile ed un cerotto.

Dave si voltò di novanta gradi con il corpo, sul lato sinistro. La ferita fu più distante dalle dita del ragazzo, tanto che questi trasalì, tendendo il cotone sul nulla per poi fare un passo indietro, in quei pochi metri cubi di bagno, per poggiare la schiena contro il muro. Il soldato teneva ancora la fede fra le dita, il sorriso adesso un miraggio.

«È strano che uno come me potesse essere sposato?» si domandò senza contenersi, il tono pervaso da note che Noah non avrebbe mai potuto accostare alla figura imperturbabile e graziata di Dave.

Rimase in silenzio, infatti, non proferendo verbo. Anche perché una domanda simile non poteva essere colmata e zittita da una risposta esaustiva; se c'era una cosa su cui Noah non era avvezzo, era l'amore. L'amore e, quindi, un legame unente e sincronizzato come il matrimonio. Era un argomento a lui completamente sconosciuto, soprattutto se inerente alla vita di coppia e al passo più importante della vita di qualunque essere umano, quale era il matrimonio. Forse era ancora giovane, forse non aveva mai pensato di legarsi con una ragazza, o con un ragazzo, per passare i successivi anni con qualcuno accanto, ma non immaginava che Dave potesse esserne sprovvisto quanto lui – in altri termini, però. Si era chiesto davvero se l'uomo avesse avuto l'intenzione di innamorarsi di una donna. Adesso Dave non lo stava più guardando; totalmente assorto nell'anello dorato, soprattutto nelle incisioni all'interno; i suoi occhi, non più vivi e allegri, stavano manifestando un sentimento che il giovane poté tradurre in malinconia, mestizia e dolore. Aveva dimenticato la ferita, il fatto che lui avrebbe dovuto concludere la medicazione per evitare ipotetiche infezioni. Non aveva troncato il discorso, sebbene lui si fosse mostrato comprensivo nel lasciare perdere; pareva che volesse parlarne con qualcuno, a distanza di anni, poiché ne era stato impossibilitato nel farlo. Oppure non ne parlava da così tanto tempo, che aveva bisogno di sfogarsi un'ulteriore volta.

«Sono passati così tanti anni. Eppure...sembra ancora ieri quando mi trovavo sull'altare ad aspettarla. – continuò Dave, inclinando di poco la fede per leggere l'anno in cui era avvenuto quello che non era più il giorno più importante della sua vita, bensì un lontano ricordo dalla felicità macchiata. – Era bellissima, in quell'abito bianco così candido che la sua pelle brillava con una luce che non aveva nulla a che vedere con il colore puro del velo.» sospirò quelle parole senza acidità, né rabbia; stava solo rammentando dei bei momenti, senza corromperli con le cause di quello che sembrò essere un divorzio.

Noah non poté fare a meno di ascoltarlo in silenzio; lentamente si spostò nei pressi della vasca da bagno, adesso di fronte al soldato, per accomodarsi sui bordi. Giunse le mani, emettendo il suono plastico del lattice con la quale esse erano rivestite.

«Perché mi stai raccontando tutto questo?» chiese senza contenersi.

Dave sollevò gli occhi dalla fede. La lasciò andare, facendola penzolare con le piastrine; era strano, sembrava che pesasse più di prima, nonostante la indossasse giorno e notte. Il suo collo si sentiva maledettamente pesante, tanto che fu costretto ad abbassarlo, mandando a quel paese la postura regolare di un soldato per ritrovarsi ricurvo a danneggiare la colonna vertebrale. Aveva provato fino a qualche minuto fa il dolore lancinante del proiettile dentro la sua carne, eppure era svanito dal nulla quando le memorie, di un tempo che non poteva essere riavvolto, riaffiorarono nella sua mente con una secchiata d'acqua ghiacciata in faccia. Il dolore fisico era un velo che l'adrenalina poteva domare ed annullare con uno schiocco di dita, una fitta che mandava scosse in tutto il corpo, finché l'anestesia non lo placasse e lo stesso organismo non la rimarginasse. Ma il dolore mentale? Cos'era? L'adrenalina non poteva annullarlo, benché meno le piastrine o gli antidolorifici. Dovevi essere tu stesso a inibirlo ed impedirgli di prendere il sopravvento sulla tua vita, rischiando di farti cadere nell'abisso più profondo della tua psiche. Dave lo sapeva bene. C'era riuscito, infatti. Il dolore non esisteva più. Tuttavia a volte bussava dietro la sua porta e gli chiedeva cortesemente di essere notato, di non essere lasciato indietro e di avere le giuste attenzioni, così come ne riceveva il dolore fisico. Allora decideva di dargli uno spiraglio, abbracciandolo per poi allontanarlo nuovamente, in attesa che alla prossima occasione ritornasse per ricevere altro conforto. Fino a quando non lo importunava gravemente, chi era lui per dirgli di no?

MIND OF GLASS: OPERATION YWhere stories live. Discover now