Sosia

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Entrai nell'aula di letteratura ancora incredula. Era lui, ne ero certa. 

Era quel ragazzo, Rigel. O almeno gli assomigliava in modo impressionante. Ma com'era possibile?

Mi sedetti in un banco in fondo, sperando di passare inosservata. Non avevo molte conoscenze in quel corso. Dopo pochi istanti, la classe si riempì di studenti e la professoressa Adams fece ingresso. Ci salutò con un sorriso smagliante e annunciò l'inizio delle lezioni del nuovo anno.

Tra risatine e battutine dei vecchi studenti, la professoressa ci fece distribuire delle fotocopie con il testo di un sonetto di William Shakespeare, poi chiese se qualcuno volesse leggerlo ad alta voce. 

Alzai lo sguardo dalla carta e mi accorsi che nessuno si faceva avanti. Tutti erano indifferenti o annoiati. 

«Lei, il nuovo arrivato. Le spiacerebbe leggere?» 

Di nuovo lui, in carne ed ossa. A pochi banchi dal mio.

Il ragazzo si alzò in piedi e con una voce chiara e sicura, iniziò a recitare il sonetto 116. 

«Non sia mai ch'io ponga impedimenti all'unione di anime fedeli; Amore non è Amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l'altro s'allontana. Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai; è la stella–guida di ogni sperduta barca, il cui valore è sconosciuto benché nota sia l'altezza. Amore non è soggetto al Tempo, benché rosee labbra e gote debba cadere sotto la sua curva lama; Amore non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio: se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.»

Al termine, un applauso riempì l'aula. Rimasi paralizzata.

La professoressa Adams ringraziò il ragazzo nuovo e gli chiese come si chiamasse. Lui guardò verso di lei e rispose con un sorriso: «Ray. Ray Armstrong»

Poi si girò di nuovo verso la classe ringraziando elegantemente, i suoi occhi incontrarono i miei. In quel momento, il tempo sembrò fermarsi.

La lezione continuò, ma la mia mente era altrove. Ogni tanto, i nostri sguardi si incrociavano, e ogni volta sentivo un brivido lungo la schiena. Forse era solo nella mia testa, ma sentivo come se lui mi conoscesse. Come se ci fosse un legame invisibile tra noi.

Dopo la lezione di letteratura, il corridoio era un brusio di voci. Tutti parlavano di Ray e della sua recitazione del sonetto di Shakespeare. E, come se non bastasse, un video della sua performance era già diventato virale tra gli studenti.

All'ora di pranzo incontrai Brian «Hai sentito?» esclamò «Andrew, Ray e Bella sono fratelli»

Quel brivido mi percosse di nuovo la schiena. Cos'è questa tremenda sensazione? Sto collegando dei punti che non esistono. Quei bambini della mia visione... No, era assurdo. 

«Questo spiega molte cose... Sono tutti belli in quella famiglia» commentai ironica.

Brian annuì sorridendo maliziosamente, mentre ci impiattavamo alla mensa. Ci sedemmo in un angolo della sala, appartati dal mondo.

«Stasera ci sarà il falò di inizio anno» esclamò mordendosi il labbro. Lo faceva sempre quando voleva trattenere una risata «E ovviamente tu verrai con me»

«Brian» dissi alzando gli occhi al cielo.

Prima che potessi protestare contro il mio migliore amico, Mark Mitchell insieme alla sua combriccola tutto muscoli si avvicinò al nostro tavolo. 

«Ciao Emily, Brian» ci salutò con un cenno e un sorriso «Come sono andate le vacanze?»

Mark faceva parte della squadra di nuoto, ed essendo un ragazzo sportivo gli stava bene anche una pezza addosso. Era alto più o meno un metro e settantacinque, dai capelli biondo scuro e gli occhi castani. Aveva delle lentiggini molto leggere e delicate. 

Lo conoscevo dal primo anno di liceo e ci beccavamo spesso al corso di chimica. Sembrava un bravo ragazzo, nonostante la compagnia di cui si circondava.

«Com'era l'Italia?» uno dei suoi amici interpellò Brian «Hai fatto piangere molti italiani?»

Lo fulminai con lo sguardo. Chi altri poteva essere se non Evan, il moretto irrispettoso.

«Oh sì, come ho fatto piangere te» rispose sarcastico, i maschi iniziarono a fischiare e a sghignazzare.

«Ripetilo, se ne hai il coraggio» ribatté Evan.

Ero pronta a rispondere, ma a quanto pare Brian non aveva bisogno della mia protezione.

«Ti sposti o ti faccio spostare io?»

Apparve Andrew alle spalle di Evan, con uno sguardo freddo e un vassoio pieno di cibo.

Mark si accigliò e fece cenno al moretto impertinente di spostarsi, che obbedì come un cagnolino.

Andrew Armstrong si avvicinò al nostro tavolo, seguito dalla sorella e Hannah, e per ultimo, c'era anche lui.

«Ciao ragazzi» disse Hannah con un tono finto amichevole «Possiamo unirci a voi?»

«Hannah Clark che chiede di sedersi con noi? Attenzione, stiamo diventando popolari» commentai ironica, Brian scoppiò a ridere, e con la coda dell'occhio intravidi un mezzo sorriso anche dai due fratelli Armstrong.

«Gli amici dei miei amici sono miei amici, cara. Senza rancore, okay?» il suo sorriso falso prese il sopravvento della sua faccia da Barbie.

Che faccia tosta. Solo perché Brian aveva conosciuto Andrew, ora ci tollerava.

Tutti presero posto al nostro tavolo, e questa cosa mi fece sentire molto a disagio. Io e Brian avevamo qualche amico, ma non da riempire un intero tavolo.

«Beh, allora noi andiamo» Mark cercò il mio sguardo «Oh, Emily, stasera ci vediamo alla festa in spiaggia?»

Era gentile, ma proprio non capivo questo interesse improvviso per una ragazza come me. Non ero il suo tipo.

Volsi lo sguardo velocemente verso Ray Armstrong, che chiacchierava con sorella.

Inaspettatamente poi, si rivolse al mio migliore amico «Brian, era lei la ragazza di letteratura inglese, giusto?» chiese alternando lo sguardo tra lui e me.

«Oh, tu sei quello del video che sta girando per tutta la scuola» il ragazzo biondo attirò di nuovo l'attenzione, interrompendo il nostro contatto visivo.

«Ecco dove l'avevo già visto» qualcuno del suo gruppo mormorò.

Quelle belle parole, che solo in pochi avevano avuto la fortuna di udire, adesso, erano su tutti gli schermi della scuola. E non tutti potevano davvero comprendere la profondità di quelle parole. Che tristezza.

L'espressione di Ray sembrava sorpresa, ma prima che potesse rispondere, Hannah, la bella bionda dagli occhi azzurri e dal fisico perfetto, tirò fuori il suo cellulare nuovo di zecca, e con le mani che sembravano appena uscite da un salone di bellezza, gli mostrò il cellulare col video

«Sembravi così coinvolto» aggiunse.

Ray guardò il video, appoggiando delicatamente la mano sul mento. I nostri sguardi si incrociarono per un millisecondo «Era un momento speciale. Dovevo fare bella impressione» 

E ci era riuscito. Eccome se ci era riuscito.

«Ti aspetto al falò di inizio anno, Emily» concluse Mark, voltandosi. Fischi e sghignazzi inclusi dei maschi.

Brian mi lanciò un'occhiata interrogativa con tanto di labiale «Ma che è successo?»

Mi strinsi nelle spalle. Non lo sapevo neanch'io.

Nunki: La Stella PerdutaWhere stories live. Discover now